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Permettono a Laura di lasciare l'ospedale dopo quasi una settimana. Johnny sta bene, e anche lei ma non se la sentiva di fare una cena a casa. Adam ha rimandato l'invito, perciò mi ritrovo senza un programma. È sabato mattina, fa caldo. L'estate è alle porte ed io non sopporto il mare, altrimenti sarei partito per raggiungere qualche posto balneare. La faccenda Sylvie ancora preme sulle mie tempie, causandomi un'emicrania ogni santo giorno, e per questo considero l'idea di fare ricerche per conto mio, sempre mantenendo il massimo riserbo. Ma come riuscirci, senza apparire un sospettato? Tornando al locale dove lavora, il suo datore mi spiega che non ha avuto più notizie e al riguardo mi informo su dove abita. Sul posto trovo una donna sulla quarantina, che sta sistemando scatoloni sullo zerbino e intanto si pulisce il naso con un fazzoletto, piangendo in maniera soffocata e convulsa. Le domando di Sylvie e prontamente mi chiede chi sono. "Un amico. Siamo usciti insieme e..." riprende a piangere e mi spiega che è morta. Lei è sua madre. Immediatamente riappare quel dolore alle tempie. "Come?".

"L'hanno ritrovata nell'East River, senza vita". Realizzo che era lei quella di cui parlavano al telegiornale. È sempre stata lei. "Com'è successo? La polizia sa qualcosa?". La donna scuote il capo, tirando su con il naso. "In mancanza di prove, hanno dovuto archiviare il caso. Mi hanno solo detto che aveva una frattura alla testa". "Quindi non è morta annegata?".

"No, non hanno trovato acqua nei polmoni" tiro un grosso respiro, terrorizzato e confuso. Mi manca l'aria come se stessi annaspando io stesso. Lei torna a piangere, singhiozzando senza sosta. "La mia bambina. Perché le hanno fatto questo?! Era ancora così giovane, nel pieno della sua giovinezza. Non credevo di poterla perdere così presto. Nessun genitore dovrebbe sopravvivere ai propri figli" istintivamente la attiro a me, confortandola con un abbraccio. "Mi dispiace. Sì, non la conoscevo molto ma era senz'altro una donna eccezionale... mi ha detto di essere una fan sfegatata dei film di fantascienza" la faccio sorridere.

"Lo era, sì. Era ossessionata. La sua stanzetta, a casa mia, è ancora cosparsa da poster e pupazzi di Star Trek". Quando la lascio da sola, le dico di chiamarmi per qualsiasi cosa, lasciandole il mio numero. Nel pomeriggio torno a casa mia, svuotato e addolorato. Ho una fortuna cieca per le relazioni amorose. A questo punto, dovrei redimermi e farmi prete. Forse Adaline lo avrebbe preferito, o forse voleva davvero che trovassi qualcuno da amare, senza restrizioni, senza sensi di colpa. La mia ragazza mi raggiunge a casa, senza preavviso. È vestita elegante. Abito bianco attillato, lungo fin sopra il ginocchio e tacchi dorati. "Dato che non mi inviti fuori a cena, ho pensato di prendere l'iniziativa" faccio una smorfia. "Non sopporto vestirmi elegante per andare a mangiare in un ristorante". "Stasera lo farai, per me".

"Perché dovrei farlo?" lei si fa seria, corrugando la fronte. "Lo sai. Preparati" non mi dà modo di rifiutare, quindi raggiungo la camera da letto indossando camicia bianca e pantaloni neri. È l'unico completo elegante che posseggo. Altrimenti avrei optato per camicia boscaiola e jeans. Quando torno in soggiorno, lei strabuzza gli occhi. "Wow, stai benissimo. Ho prenotato, altrimenti non saremmo usciti da questa stanza così presto". Mi passa le chiavi della sua auto, inserendo l'indirizzo del ristorante sul GPS. Nel breve tragitto, avverto un nodo alla gola come se gli attacchi di ansia stessero per ritornare. È stata lei. Lei ha ucciso Sylvie. La guardo con la coda dell'occhio mentre è intenta ad osservare la città fuori dal finestrino.

𝐕𝐎𝐘𝐄𝐔𝐑 | 𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮 𝙋𝙡𝙚𝙖𝙨𝙪𝙧𝙚 (𝟏) 𝘾. 𝙀.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora