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Tom mi lascia per ultimo, accostando nel vialetto che dà sul garage

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Tom mi lascia per ultimo, accostando nel vialetto che dà sul garage. Quando apro lo sportello e mi preparo a richiuderlo alle mie spalle, lui fa: "Buona fortuna" inserisce la retromarcia e va via. In un primo momento non comprendo a cosa volesse accennare, ma quando avanzo lungo il marciapiede verso la porta percepisco una certa ansia. Laura sarà infuriata, e dovrò sorbirmi anche le sue urla. L'odore della galera si è impregnato nei miei vestiti. La maglia è sporca di sangue e la testa mi scoppia. Non ho bisogno di altre prediche, solo di una lunga doccia. Quando inserisco la chiave nella serratura, spero di trovarla già sotto le lenzuola ma in pochi secondi mi ritrovo a ricredermi.

"Bene bene. Il bel galeotto è ritornato a casa". È seduta comoda sulla poltrona e in poco tempo digrigna i denti. "Ti sei impazzito? Come ti è venuto in mente di picchiare quel motociclista?". "Ha preso di mira...".

"Non mi interessa chi ha preso di mira. Non mi interessa se ti ha chiamato femminuccia, se ti ha dato uno spintone o se ti ha toccato il culo. In primis avresti dovuto pensare a me. Non sei più lo stronzo egocentrico del liceo. Sei un marito e tra qualche mese sarai un padre. Devi iniziare a pensare come un adulto, Adam. È chiedere troppo? Potresti comportarti un po' più da trentenne?". Ha ragione, purtroppo. Ha quasi sempre ragione e ne sono consapevole, però non glielo direi mai.

"Non devo darti spiegazioni. L'ho fatto perché dovevo farlo. Un amico aveva bisogno di me, del mio aiuto". Laura mi lancia un'occhiata scettica. "In che senso? Di che stai parlando?". Agito una mano, camminando verso il bagno. Mi impunto davanti allo specchio per sfilarmi la maglia insanguinata. Nel mentre sento i passi

pesanti di Laura scricchiolare sul parquet. "Non puoi lasciare una discussione a metà. Che intendevi dire con un amico aveva bisogno di me? Che ha combinato il tuo braccio destro?". "Niente di preoccupante". Nonostante sia arrabbiata con me, mi chiede di spostarmi. Apre l'armadietto per prendere del disinfettante. Mi aiuta a ripulire le ferite sul volto. "Ti hanno conciato per le feste".

"Dovresti vedere quell'altro". Laura sogghigna. "L'ho visto ed era un armadio. Strano che tu sia ancora vivo". Abbasso lo sguardo sulle piccole lentiggini che ha sul naso, mentre con un panno bagnato mi lava via il sangue che è scivolato sul collo. "Mi hai lasciato da sola con la brunetta. Quando siamo tornate dal bagno mi è sembrata cambiata. Ha notato qualcuno nella folla". Il mio pomo d'Adamo fa su e giù. "Sai di chi si tratta?".

"No, ma mi è sembrata spaventata. Poi un poliziotto ci ha richiamato per dirci che eravate stati arrestati e ci ha offerto un passaggio". Non parlo più. Laura si allontana, restando sulla porta. "Adam, cos'ha combinato il tuo amico?".

"Ma niente. Ha avuto problemi con un tipo. Poi adesso che sta andando in palestra, vuole mettere in mostra i bicipiti". Lei fa una smorfia, gettando il panno sporco nella lavatrice. "Stiamo parlando della stessa persona?" la guardo nello specchio, annuendo. "Fino ad un mese fa non faceva che indossare felpe e tute. Adesso si è trasformato in un pugile che indossa solo camicie e jeans stretti". Mi sfilo anche i pantaloni, aprendo il getto dell'acqua nella doccia. "Amore, non diventarmi paranoica anche su di lui. Lo conosci da tre anni. Sai com'è fatto".

𝐕𝐎𝐘𝐄𝐔𝐑 | 𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮 𝙋𝙡𝙚𝙖𝙨𝙪𝙧𝙚 (𝟏) 𝘾. 𝙀.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora