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Non volevo aprire gli occhi, non dopo aver notato tutti i capelli scendermi sulle spalle

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Non volevo aprire gli occhi, non dopo aver notato tutti i capelli scendermi sulle spalle. "Aprili, su!" Adam era alle mie spalle, e dalla sua voce mi sembrava entusiasta del risultato. Alla fine mi sono visto nello specchio. Il mio riflesso era cambiato radicalmente e forse anche io. "Allora? Che ne pensi?". "Penso che sono irriconoscibile" ho girato la testa a destra e sinistra, scrutando ogni angolo della chioma che si era ormai dissolta. "Quindi sei perfetto. Adesso potrai fare colpo su di lei". "Lei? Allora c'entra una donna?" il barbiere si è messo in mezzo, interponendosi tra di noi. "Spero tu riesca a fare centro!". L'ho guardato con arroganza, alzandomi dalla sedia. "Abbiamo finito?".

"Sì, e non devi pagarmi. Sono certo che tornerai qui". Adam mi ha seguito al parcheggio, tentando invano di stare al mio passo. "Dimmi che sei contento". "Abbastanza". "Stasera Laura e Emma passano la serata insieme. Sai, uno di quei tipici pigiama party tra donne, dove si mangiano schifezze e si chiacchiera sugli attributi dei mariti". L'ho squadrato prima di aprire lo sportello della macchina. "Vabbè, il punto è che io e Tom siamo entrambi liberi. Ti portiamo fuori". "Mi portate fuori. Non sono un cane". Adam ha alzato gli occhi al cielo, poggiandosi al tetto dell'auto. "Senti, siamo i tuoi migliori amici. Cerchiamo di darti una mano".

"Non ne ho bisogno. Lasciami a casa. Deciderò da solo che cosa fare". Dopo una buona mezzora ero di nuovo nel mio appartamento. Vestiti sparsi qua e là, la scrivania piena zeppa di schifezze. Il cestino colmo di pacchetti di patatine vuoti e fazzoletti. Preso da un'idea malsana e avventata, ho liberato la scrivania tentando di far sembrare il mio appartamento meno caotico possibile. Mi sono fatto una doccia, ho indossato una delle camicie di Adam e sono uscito. Ho dimenticato le mie felpe e la mia fotocamera per un pomeriggio, provando a vivere alla giornata. Ho raggiunto un bar, mi sono seduto al bancone ed ho ordinato una birra. Non è mai stata mia consuetudine uscire da solo. Ho preso i consigli di Adam e ne ho fatto tesoro, o almeno ci ho provato. Mentre bevevo dal boccale colmo fino all'orlo, ho udito il mio nome sopra alla musica di sottofondo. Tom era sulla porta, il sorriso sornione.

"Oh, eccoti. Adam aveva ragione". Si è seduto accanto a me, ordinando una birra. "Allora, quando inizierai a fare strage di cuori e a portarti a casa le ragazze?". Ho evitato di alzare gli occhi al cielo. "Non stai così male nonostante tu non abbia mai fatto palestra" ha dichiarato, dandomi una pacca sulla spalla. "Le camicie ti stanno davvero bene".

"Ci stai provando con me, Tom?". Lui ha soffocato una risata. "Oh no, amico. Io ho Emma e mi basta". Il ragazzo dietro al bancone ha consegnato la birra a Tom, per poi sparire dietro la porta di un presunto magazzino. Al suo posto ne è uscita una ragazza bionda, che ha immediatamente incrociato il mio sguardo. Tom se la stava ridendo. "Ah-ah. Hai visto? Sta già funzionando".

"Tom, mi lasci in pace?". Ha alzato le mani, chiedendomi scusa. "Adam mi ha detto che sei piuttosto scontroso oggi. Mi dici che ti succede?". "Non mi va di parlarne". "Centra quella ragazza? La brunetta?". Certo che no, o forse sì. Il pensiero va sempre a lei, anche quando non dovrei pensarci. "No, ho altre cose di cui occuparmi".

"Del tipo? Problemi sul lavoro?" ho scosso la testa, passando un biglietto da venti dollari sul bancone. "Offro io, Tom. Però adesso devo andare" prima che potesse rispondermi, ho alzato il passo verso l'uscita, camminando verso il ponte. In pochi minuti ero sotto l'appartamento di lei. Brooklyn. È molto lontano da dove abito io. Oggi ha le tende chiuse, all'interno non c'è un filo di luce. Non è in casa. Passa una buona mezzora, infine riprendo a camminare. 

***

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Ho lasciato il cellulare acceso. Gli occhi fissi sullo schermo del computer. Ho detto a Adam e Tom che non sarei uscito, però in qualche modo ho sperato che non mi credessero. Alzo lo sguardo sulla finestra. È buio e sono inevitabilmente solo. Clicco due volte sul tasto destro del mouse, aprendo la cartella con le foto. Clicco sulla prima, scorrendo a destra per poterle guardare. Lei è nuda e bellissima. I riccioli morbidi le ricadono sulla schiena. Il seno bianco e tornito è di una forma perfetta. Non è esagerato. È adatto, e potrei prenderglielo con facilità nelle mie mani. Le foto finiscono, e comprendo che ne ho troppo poche. Dovrò tornare sotto casa sua prima o poi, e con questo nuovo look non potrò più nascondermi dietro al mio carattere impacciato ed introverso. Quando bussano alla porta, guardo l'orologio che ho al polso prima di andare ad aprire. Adam è sullo zerbino con una bottiglia di vodka Keglevich in una mano. "Ho pensato che dato che mia moglie stasera si divertirà, avrei dovuto farlo anche io". Tom sbuca alle sue spalle. "Emma e Laura sono entrate così in confidenza che ci hanno sbattuto fuori di casa pur di stare da sole".

"Non è da loro" spiego, invitandoli ad entrare. "No, infatti ma poco importa. Hai cambiato idea riguardo stasera? E se non fosse così, ti tireremmo con la forza". Con loro sorpresa sono entrato in camera da letto per potermi cambiare. "Adesso ti riconosciamo, vecchio stallone!". Urla Tom, guardandosi intorno. "Hai per caso dato una ripulita a questo posto?". Annuisco, indossando una camicia bianca. Adam fa una smorfia, venendo verso di me. "Quella non va bene, non stasera. Indossa quella blu scuro. Dimmi che ce l'hai ancora".

"Sì, è appesa nella lavanderia di là". Adam la va a prendere per me, per poi porgermela. Mi guardano entrambi mentre mi vesto. "Vi state godendo il panorama?". Soffocano una risata. "Io sto osservando il mio capolavoro, e quello del barbiere. È chiaro". "Non te la tirare. Stavo già pensando di tagliarmi i capelli".

"Sì, ma non hai mai avuto il coraggio di farlo". Sono pronto in pochi minuti. Entro un'ultima volta in bagno. Mi guardo allo specchio e cerco di convincermi che sto facendo la cosa giusta. Mi sento un idiota senza speranza, e indosso cose fuori dalla mia portata. I capelli mi prudono e la barba è ancora troppo lunga. "Si fa tardi!" urla Tom dal soggiorno. Tiro un grosso respiro, seguendoli alla macchina. Raggiungiamo la stessa discoteca in cui ho conosciuto lei tre anni fa. Non è detto che sia qui. Potrebbe essere ovunque. Potrebbe avere un fidanzato. Mi irrigidisco all'idea di lei con un altro uomo che non sono io. Per la prima volta dopo tanto tempo, posso trascorrere la serata con entrambi i miei amici, gli unici due amici che ho, a parte i colleghi di lavoro. Quelli non posso considerarli amici. Io e Tom ci sediamo al tavolo, mentre Adam va al bancone per ordinare. Mi guardo intorno, scorgendo ogni singolo sguardo. Ci sono molte ragazze, ma nessuna attira la mia attenzione. "C'è molta carne al fuoco..." inizia a dire Tom, chinandosi in avanti "...devi solo puntare la tua preda e attaccare. Stasera non puoi ricevere un rifiuto".

"A parte se non individuo una già fidanzata". "Le ragazze fidanzate non vanno in discoteca. Emma non va in discoteca da quando stiamo insieme". "Emma e Laura sono diverse dalle comuni ragazze di oggi". Tom sorride compiaciuto. "Sì, siamo stati fortunati ma lo sarai anche tu" un'altra pacca sulla spalla, pronta ad incoraggiarmi a buttarmi in pista. Adam torna da noi con tre cicchetti premuti tra le dita. "Allora, hai già adocchiato qualcuna?". Sbuffo, drizzandomi sulla sedia. "Pensa a bere, Adam. So già chi voglio conquistare". Nello stesso momento in cui esclamo queste parole, i miei occhi guardano verso l'ingresso, ritrovando una visione in tubino nero attillato. Le parole mi muoiono in gola, il respiro si smorza e comprendo che è troppo tardi per me. Devo averla, a qualunque costo. 

𝐕𝐎𝐘𝐄𝐔𝐑 | 𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮 𝙋𝙡𝙚𝙖𝙨𝙪𝙧𝙚 (𝟏) 𝘾. 𝙀.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora