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Prima di andare all'ospedale, incontro Tom al bar dietro casa. È determinato a mettere l'anello al dito di Emma entro la fine della giornata. "Oh finalmente. Dopo un mese ti sei deciso. Avrà preso polvere a casa tua". "L'ho nascosto bene, e sono stato anche fortunato. Di solito lei ha il naso da tartufo per i segreti". Finisco il mio caffè preparandomi ad andare via. "Devo chiedertelo di nuovo. Per quanto riguarda Paul..." agito le mani. "Ti ho detto come la penso".

"Ti sei fatto influenzare dal suo racconto e da quello che avete passato. Paul è tuo fratello e adesso non è nelle condizioni di poter agire e parlare lucidamente". "Non credo più alla sua instabilità mentale. Penso che voglia solo attirare l'attenzione su di sé, come ha sempre fatto".

"Quindi lo abbandonerai?" passo una banconota da venti alla barista, lasciandole il resto. "Fammi sapere quando Emma rifiuterà l'anello". "Non accadrà mai" sogghigna, salutandomi con un cenno della mano. Sono in ospedale prima delle otto, e aspetto fuori dallo studio della dottoressa guardandomi intorno. Quando vedo uscire una donna bionda in camice bianco, i nostri sguardi si incrociano. "Ha bisogno di qualcosa?".

"Sì, sono qui per l'appuntamento delle otto. La sua segretaria mi ha segnato ieri". Si avvicina all'assistente, controllando l'agenda. "Alle otto sono occupata". "Lo so, condividerò la terapia con la sua paziente". A quel punto lei sbuca dal corridoio principale, e i suoi occhi scuri mi scrutano. "Quest'uomo è con lei?".

"Assolutamente no. Che ci fai qui?". Faccio spallucce. "Ti ho detto che ti avrei accompagnato alla...". Lei scuote la testa. "No, non ci sto. Devi lasciarmi in pace". La dottoressa ci consiglia di abbassare la voce e di seguirla nel suo studio. Appena siamo all'interno, ci domanda che cosa siamo. "È il suo ragazzo? Un parente?".

"Nessuna delle due cose" risponde lei, tenendo lo sguardo basso. "Allora devo chiederle di andare via". "No..." mi agito "...la partecipazione di un parente al trattamento è concessa, e dato che la sua paziente non ha alcun parente disposto ad accompagnarla, mi sono offerto volontario". Finalmente la dottoressa annuisce, ma si volta verso di lei per chiederle un ultimo consenso.

"Resto se lui rimane in disparte ad ascoltare. Non deve in alcun modo partecipare alla seduta". Accetto le sue condizioni, raggiungendo una poltrona posta nell'angolo della stanza. Le osservo mentre si siedono una difronte all'altra. "Va bene, ho qui la sua anamnesi ma non mi serve a molto. Inizialmente mi deve parlare di quello che l'ha spinta a chiedere un consulto. Qualcosa nel suo comportamento l'ha preoccupata a tal punto da farle ipotizzare un disturbo?". Muove il viso verso sinistra come se volesse voltarsi a guardarmi ma non lo fa. "Io non ho nessun problema, però qualcuno pensa il contrario".

"Parla dell'uomo che è alle sue spalle?" lei annuisce. "Che cosa è successo?". "Non accetto di essere abbandonata e così tendo a reagire con – come posso dire – aggressività?". La vediamo appuntarsi qualcosa su un taccuino. "Nelle relazioni si comporta da normale fidanzata o tende ad avere attacchi di gelosia?". Mi gratto il sopracciglio, rammentando il momento in cui ha detto di aver ucciso Sylvie perché si era avvicinata a me.

𝐕𝐎𝐘𝐄𝐔𝐑 | 𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮 𝙋𝙡𝙚𝙖𝙨𝙪𝙧𝙚 (𝟏) 𝘾. 𝙀.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora