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Per spargere le ceneri, necessito della compagnia di qualcuno. Io e Tom raggiungiamo il Prospect Park Lake appena fuori New York, e in prossimità del lago dove adesso nuotano i cigni, sfilo il tappo dell'urna, lasciando andare mio padre insieme al ricordo di mia madre. In questo posto continueranno a vivere per sempre, e si trova a pochi passi dal luogo dove si sono innamorati. Durante il viaggio di ritorno, chiedo un'ultima volta a Tom di aiutarmi con la faccenda di mio fratello.

"Non è compito mio, amico. Dovresti chiedere ad un avvocato della difesa". "Tu sei mio amico, tu puoi aiutarmi. Ti prego. Paul non merita di stare lì". Dopo un breve tentennamento, accetta di accompagnarmi ad Attica in giornata. Dallo sguardo snervato del direttore, comprendo che si ricorda di me. "Cos'è? Si è portato la guardia del corpo?" domanda, indicando Tom con un cenno della testa.

"No, è il mio avvocato e da oggi anche quello di Paul". "Suo fratello non ha bisogno di un avvocato, ha già subito un processo". "È da decidere. Ci faccia parlare con Paul..." Tom prende la parola, scattando in avanti "...è suo dovere lasciarci passare". Lui annuisce. "Ah, e in una stanza singola e appartata dove posso tranquillamente confrontarmi con il mio cliente". Il direttore alza gli occhi al cielo, facendo un cenno alla guardia. In qualche minuto raggiungiamo una stanza con un tavolo e tre sedie. Nessuna telecamera, nessun vetro a specchio. Udiamo un clic dalla porta e questa si apre automaticamente. Questa volta, quando Paul incrocia il mio sguardo non può far altro che sorridermi, emozionato. "Fratellino, sei tornato".

"Sì, ed ho portato un amico". Tom e Paul si guardano. "Davvero? Mi stai davvero aiutando?" annuisco. "Certo, sei mio fratello. Non ti farò marcire qui". "E come faremo a dimostrare l'instabilità mentale?" aspetto che sia Tom a parlare. "Ti porteremo in tribunale, dove subirai un altro processo. Quando ti chiameranno a testimoniare, dovrai dire esattamente quello che hai già detto a tuo fratello. Cosa ti ha spinto ad uccidere la tua ex ragazza".

"Le voci..." sibila Paul. "Esatto, le voci" Tom abbozza un sorriso. "In un centro psichiatrico, riceveresti le cure giuste per il tuo disturbo e lì potresti ricevere visite più spesso".

"Mio fratello verrà a trovarmi" commenta, alterato dalla gioia. Gli sorrido. "Sì, ma tu dovrai dire all'avvocato dell'accusa che non eri in te quel giorno. Che tutto quello che hai fatto deriva da un momento particolare. Potrebbe aiutare sapere se hai già avuto episodi simili in passato". Paul si irrigidisce, spaventato da qualcosa. "Non ho ucciso nessun'altro".

"No, non parlo di uccidere... mi stavo chiedendo se hai avuto delle crisi. Se per qualche assurdo motivo ti è passato per la testa di fare del male a qualcuno, perché in quel momento eri accecato dalla rabbia" deglutisco, riconoscendo la condizione. "Una volta ho ucciso il gatto dei vicini..." spiega, tranquillo come se la faccenda non lo toccasse affatto. "Cosa? Loro avevano detto che era scappato" gli domando, sconvolto dalla dichiarazione repentina.

"No, non è scappato. Stavo aiutando mamma in giardino, e quando è tornata in casa quel gatto mi ha raggiunto, tentando di sradicare le piante. L'ho infilzato con una forbice da potatura". Io e Tom ci scambiamo un'occhiata furtiva, preoccupati.

𝐕𝐎𝐘𝐄𝐔𝐑 | 𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮 𝙋𝙡𝙚𝙖𝙨𝙪𝙧𝙚 (𝟏) 𝘾. 𝙀.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora