CAPITOLO 5

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 L'essere umano è davvero strano: anela ad un'esistenza tranquilla, senza problemi, ma quando questa situazione si realizza ben presto si stanca, desiderando qualcosa di più eccitante che lo faccia sentire vivo, con tutti i sensi all'erta. E' sempre alla ricerca di nuovi stimoli, emozioni, esperienze con cui confrontarsi e mettersi alla prova.

Sanem si sentiva così: spenta, vuota e questo suo malessere si rifletteva, inevitabilmente, sul suo rapporto con Can. Era vero, lui la trascurava a causa del lavoro, ma, onestamente, non poteva addossargli tutta la colpa. Non riusciva più a provare gioia in quello che faceva, talvolta aveva la sensazione di affogare, annaspava alla ricerca di un appiglio dove ancorarsi per riemergere e riprendere a respirare.

Sapeva che non c'era nessuna ragione valida affinché si sentisse così e questo non faceva che peggiorare le cose. Aveva un buon lavoro, dei figli educati e brillanti, un marito che amava e da cui era amata, degli amici, eppure tutto questo non le bastava, non più. Cos'altro voleva? Non lo sapeva neppure lei.

Era a questo che Sanem stava pensando, mentre si preparava per andare al ricevimento, organizzato dall'Ente del Turismo, in occasione della presentazione dello spot pubblicitario al quale aveva lavorato lo studio di Can. Lei, in verità, non avrebbe voluto partecipare, non ne vedeva il motivo, ma Can aveva insistito nel volerla al suo fianco e lei, alla fine, aveva acconsentito.

"Sei bellissima Sanem". La voce di Amina le fece alzare lo sguardo verso la propria immagine riflessa allo specchio. Indossava un semplice tubino nero, che la fasciava con eleganza, esaltando le sue forme rese più dolci dall'età che avanzava. Aveva raccolto i capelli in un alto chignon in modo da evidenziare gli zigomi alti, le labbra piene e i grandi occhi scuri, leggermente a mandorla.

Con le mani si lisciò l'abito e attraverso lo specchio sorrise ad Amina che si era fermata alle sue spalle.

"Grazie tesoro."

"So che non è il momento più adatto, ma vorrei farti una domanda che da un po' mi frulla nella mente... Perché tu e Can avete scelto di adottare due bambini del Congo e non di qui, della Turchia?"

Sanem, per nulla sorpresa, si girò verso la figlia e la invitò a sedersi sul letto accanto a lei.

"Che tu ci creda o no, sapevo che prima o poi lo avresti chiesto perché, per quanto tu ci abbia provato, non sei mai riuscita ad integrarti completamente in questo Paese."

Amina abbassò la testa ma sua madre la tranquillizzò: "Non devi sentirti in colpa e non devi rinnegare le tue origini solo perché la Turchia ti ha dato una possibilità. Tu appartieni a quella splendida terra che è l'Africa e io sono orgogliosa che non te ne sia dimenticata. Ma non credo di saper dare una risposta razionale alla tua domanda. E' accaduto tutto spontaneamente: io e tuo padre ci siamo sposati desiderosi, entrambi, di avere una famiglia numerosa, ma non potevamo avere altri figli, così è stato naturale pensare all'adozione. Abbiamo contattato Camille e da lì è nato tutto. Forse per Can si è trattato di un pareggio di conti, una sorta di riscatto per quello che gli era capitato laggiù: il sequestro, la prigionia, le torture fisiche e psicologiche che ha subito, non lo so, ma io desideravo solo dei bambini da amare, non mi importava da dove venissero o di che colore avessero la pelle. Tutti hanno diritto ad avere una famiglia!"

"Ma perché Can ha voluto andare laggiù?" chiese ancora Amina.

"Era stato ingaggiato da una rivista statunitense, insieme a un giornalista americano, per un servizio fotografico sul conflitto in Congo. Voleva cogliere quegli aspetti, che non fanno notizia, ma che sono la vera essenza di ogni guerra: il dolore, la miseria, la distruzione e portarne a conoscenza il mondo intero. A modo suo voleva fare qualcosa di utile, che servisse a scuotere le coscienze. Non so se ci sia riuscito, ma i suoi scatti lo hanno reso un fotografo molto apprezzato non solo qui, ma anche all'estero."

"Vorrei fare anch'io qualcosa d'importante, come Can."

"Sono sicura che ci riuscirai Amina, ma ricorda che importante non necessariamente vuol dire famoso..."

Amina corrugò la fronte perplessa: "Non capisco..."

Sanem sorrise: "Chi fa la storia, il più delle volte, lo fa in silenzio, lavorando lontano dai riflettori, senza mettersi in mostra. Colui che muove i burattini, tirando le fila a cui sono legati è sempre nascosto, ma è lui il regista dello spettacolo, il vero protagonista."

"Un po' come quello che fai tu occupandoti di adozioni: parli con i futuri genitori, con le associazioni, con gli orfani e poi cerchi di fare gli abbinamenti migliori in modo che tutti siano felici senza però che il tuo nome venga mai citato."

Sanem sorrise di nuovo: "Sì direi che il paragone può andare. Ora però e meglio che finisca di prepararmi o arriverò tardi al ricevimento."

"Ancora una cosa...Tra te e Can va tutto bene?"

Sanem si alzò e guardando sua figlia rispose : "Certo! Ultimamente tuo padre ha lavorato molto e questo lo ha tenuto lontano da casa più del solito, ma tra di noi non c'è assolutamente alcun problema. Perché me lo chiedi?"

"No, nulla..."

"Amina avanti parla! Se c'è qualcosa che dovrei sapere, dimmela, ti prego!"

La ragazza cominciò a tormentarsi le mani nervosamente, in evidente imbarazzo. Sanem gliele prese e la costrinse ad alzarsi di fronte a lei.

"Avanti!" la incoraggiò

"Ecco alcune mie compagne dicono di aver visto Can in compagnia di altre donne... ragazze giovani..."

Sanem scoppiò a ridere: "Tutto qua? Probabilmente saranno state delle modelle o delle stagiste assunte dal suo studio. Non dar rette a simili chiacchiere Amina. In questi casi a parlare è solo l'invidia. Conosco Can e se c'è una cosa della quale non ho mai dubitato, in tutti questi anni, è la sua fedeltà."

RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora