CAPITOLO 18

1.1K 123 38
                                    

 Era una bellissima giornata di primavera a Istanbul, quelle giornate che ti invogliano a uscire, a godere del sole e dell'aria tiepida da respirare a pieni polmoni, quelle che ti caricano di energia e ti scrollano di dosso il torpore dell'inverno, ma Can non riusciva a goderne.

Continuava a pensare a lei, a Sanem, alla serata che avevano trascorso insieme con i loro figli ridendo, scherzando, chiacchierando, come una normale e felice famiglia. Solo che felici non lo erano più...

Appena se n'era andata aveva creduto che fosse una cosa passeggera e l'aveva lasciata tranquilla a sbollire la rabbia, convinto che sarebbe tornata, ma poi, col passare dei giorni aveva dovuto arrendersi all'evidenza: quella non era una crisi come le altre, era molto, molto peggio.

Adesso che lei non c'era, che non poteva parlarle, raccontarle la sua giornata, stringerla tra le braccia, iniziava a capire come doveva essersi sentita quando lui aveva cominciato ad essere assente. Perché di questo si era trattato: di assenza, di mancanza, non solo fisica, ma di condivisione di pensieri, emozioni, sensazioni, parole, confidenze, di tutto quello che li aveva resi "Can e Sanem". Quando avevano smesso di essere complici, amici, amanti? E quando avevano iniziato ad abituarsi l'uno all'altra fino a non accorgersi più della bellezza e della magia dello stare insieme? Proprio come ci si abitua al sorgere del sole, o al suo tramontare, al sopraggiungere di un nuovo giorno e poi della notte. Ci beiamo nella convinzione che sarà sempre così, mentre in realtà dovremmo imparare che questi sono regali che la vita ci fa, e che la vita come dà anche prende senza avvertire, senza chiedere il permesso, trovandoci sempre impreparati.

Lo squillo insistente del telefono pose fine alle sue meditazioni e lo costrinse a rispondere.

Il numero che lo chiamava non era in rubrica, sicché rispose con estrema cautela: "Pronto..."

"Buongiorno, parlo col signor Divit, Can Divit?"

"Sì, sono io... lei chi è?"

"Sono l'allenatore di Babu... Mi spiace disturbarla ma ho bisogno di parlarle."

Can corrugò la fronte. Sapeva che quel giorno Babu doveva recarsi in ospedale per fare tutta una serie di accertamenti clinici prima di firmare l'ingaggio con la nazionale; che ci fosse qualcosa che non andava?

"Babu sta bene? E' successo qualcosa?"

"No, no stia tranquillo, ma i medici vorrebbero farle un paio di domande e sarebbe opportuno che fosse presente anche sua moglie..."

"Mia moglie si trova fuori città per un paio di giorni, ma se è sufficiente posso venire io... potrei essere lì fra mezz'ora."

"D'accordo, l'aspettiamo."

"Aspetti ancora un attimo. Se non è nulla di grave perché non mi ha chiamato mio figlio?"

" I medici lo stanno ancora visitando e hanno chiesto a me di contattarla."

"Capisco... Arrivo subito!"

Lungo il tragitto la sua mente elaborò mille ipotesi dalla più banale alla più terrificante e si chiese se non fosse il caso di telefonare a Sanem, ma poi decise di aspettare. Se fosse stata una sciocchezza l'avrebbe allarmata per niente e non era proprio il caso, visto la situazione che stavano attraversando.

Giunto in ospedale seguì le indicazioni per il reparto di Medicina dello Sport e lì vide un uomo, che riconobbe come l'allenatore, venirgli incontro.

"Mi spiace averla spaventata signor Divit. Immagino fosse impegnato..."

"Sì, ma non ha importanza... Piuttosto mi dica come sta Babu e come posso essere d'aiuto."

"Venga da questa parte. I medici che hanno visto suo figlio la stanno aspettando."

Ciò detto gli fece strada verso una porta posta in fondo al corridoio, dietro alla quale si celava una specie di sala riunioni. Lì, seduti intorno ad un tavolo ovale, c'erano tre medici che si alzarono a salutarlo appena varcò la soglia.

"Volete spiegarmi cosa sta succedendo?" chiese Can che cominciava a spazientirsi.

"Certamente... Abbiamo sottoposto suo figlio ad un'accurata visita per accertarci del suo stato di salute e delle sue condizioni fisiche come previsto per tutti gli atleti professionisti e, purtroppo, il risultato non è stato quello che ci aspettavamo..."

"Cioè?"
"Suo figlio presenta un leggero schiacciamento vertebrale che se non trattato potrebbe portare a un'importante perdita della mobilità", rispose quello che si rivelò essere un ortopedico.

"Ma non è tutto", intervenne un secondo dottore che si presentò come psicologo "dai test tossicologici è risultato che Babu ha abusato di antidolorifici come Ibuprofene e metadone..."

Can non riusciva a credere a quello che gli stavano dicendo: Babu si drogava???

"E questo significa che anche una volta operato e ristabilito non potrà più entrare nella nazionale di basket..."concluse l'allenatore.

In quel momento fu come se tutto il mondo gli crollasse addosso.

Quegli occhi, che lo stavano osservando attenti, in attesa della sua reazione, sembrava lo accusassero. Aveva fallito su tutta la linea: non era riuscito ad essere né un buon padre, né un buon marito.

Trasse in profondo respiro, raddrizzò le spalle e chiese: "Mio figlio dov'è?"

Fu l'ortopedico a rispondere: "E' nella sua stanza. Riteniamo opportuno intervenire subito...se lei è d'accordo ovviamente..."

"Certamente, ma prima ho bisogno di parlare con lui e con mia moglie."

Questa volta fu lo psicologo a prendere la parola: "Non siate troppo duri con lui. E' un ragazzo giovane che ha commesso un errore, ma in fondo ha fatto del male solo a se stesso e adesso ha bisogno del sostegno di tutta la sua famiglia..."

Can preferì non replicare. Cosa ne sapeva quell'uomo di quello che Babu aveva passato? Di quello che tutti loro avevano vissuto? Il solo fatto di possedere una laurea non gli attribuiva la capacità di comprendere la mente umana e soprattutto l'animo umano.

"Ora, se è possibile, vorrei vederlo", disse.

"Non c'è problema, l'accompagno io!" si offrì l'allenatore.

"Grazie!"

Can salutò tutti con un cenno del capo e uscì sul corridoio. Improvvisamente quella stanza era diventata troppo piccola, l'aria troppo pesante e lui aveva bisogno di schiarirsi le idee.


RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora