CAPITOLO 6

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 Sul taxi che la portava al ricevimento, dove avrebbe raggiunto il marito che la stava aspettando, Sanem rifletteva su quello che le aveva chiesto Amina e cioè se lei e Can avessero litigato. Era così evidente che qualcosa non andava tra di loro? Che quella magia, che li aveva sempre accompagnati, si era in qualche modo spezzata? O forse si riferiva a quanto era accaduto il weekend precedente?

Di una cosa, però, era certa: qualunque problema ci fosse tra Can e lei, se di problema si poteva parlare, i ragazzi non dovevano assolutamente risentirne.

"Signora, siamo arrivati." La voce dell'autista, che la guardava dallo specchietto retrovisore, la riscosse dai suoi pensieri.

"Oh sì grazie, mi scusi!" si affrettò a rispondere Sanem scendendo dal taxi e pagando la corsa.

Davanti a lei si ergeva uno dei più prestigiosi alberghi di Istanbul ed era lì che si sarebbe tenuta la festa. Dopo aver tratto un profondo respiro, si fece coraggio ed entrò.

Non le erano mai piaciuti particolarmente gli eventi mondani, soprattutto quegli eventi, dove pur non conoscendo praticamente nessuno, doveva comunque sfoggiare, costantemente, un sorriso a trentadue denti, scambiando convenevoli e frasi di circostanza, ma sapeva che per Can, per il suo lavoro e la sua reputazione, la sua presenza era importante e non avrebbe mai potuto fargli il torto di non essere al suo fianco.

All'ingresso si presentò e fu subito accompagnata nella sala del ricevimento, dove c'erano già diversi gruppetti di persone che chiacchieravano tra di loro.

Notò immediatamente Can, neanche ci fosse tra di loro un'alchimia particolare, un'energia che li veicolava l'una verso l'altro. Sorrise e, raddrizzando la schiena, si incamminò verso di lui, che dovette percepire la sua presenza perché si voltò subito.

Ci fu un attimo in cui il tempo sembrò fermarsi: "Allah quant'è bella!" pensò Can, "Sei bello da togliere il fiato", pensò Sanem.

Sorridendo a sua volta e guardandola negli occhi, le andò incontro, per fermarsi a pochi centimetri da lei: "Sei splendida", le sussurrò all'orecchio "vieni, ti presento un po' di persone", aggiunse alla fine prendendola per mano e invitandola a seguirlo.

Il primo che conobbe fu il vice Ministro dell'Ente per il Turismo.

"Ho sentito molto parlare di lei signora Divit, ma chi l'ha descritta ha omesso di avvertirmi che oltre a essere brillante è anche molto bella! Sono incantato."

Sanem arrossì leggermente: certi complimenti, per quanto piacevoli, la mettevano a disagio soprattutto perché accanto a lei c'era Can che aveva ascoltato tutto.

"La ringrazio, anche se non riesco a immaginare chi possa averle parlato di me..."

"Oh... E' presto detto: un amico in comune l'avvocato Engin Brusin."

Nell'udire quel nome Can si irrigidì e saettò lo sguardo su Sanem che si trovò in evidente imbarazzo.

"Di male in peggio", pensò lei, cercando di recuperare la situazione dicendo: " E' vero, per un certo periodo ho lavorato per l'avvocato Brusin, tanti anni fa, ma non credo di poter dire che eravamo amici..."

"Forse ho capito male io, Engin mi ha fatto intuire che ci fosse stato qualcosa fra voi, ma devo aver frainteso. Le chiedo di perdonarmi, non era mia intenzione crearle disagio."

"Non si preoccupi vice Ministro, i malintesi esistono, l'importante è chiarirli!"

"La ringrazio per la comprensione signora Divit e mi scusi ancora."

"Col vostro permesso vorrei invitare mia moglie a ballare", intervenne Can cingendo la vita di Sanem con un braccio e sospingendola verso la pista da ballo.

La sua irritazione era evidente.

"Un malinteso!?" sottolineò acido, sforzandosi di ritrovare calma e lucidità.

"Sì Can... Ti prego, ne abbiamo parlato e riparlato... Perché vuoi rovinare questa bella serata rivangando una cosa del passato che tra l'altro non è mai accaduta?"

Lui sospirò. "Non lo so Sanem, ma ultimamente sembra che Engin non appartenga più al passato..."

"Cosa vuoi dire?"

"L'altro giorno eravate insieme, oggi il suo nome rispunta fuori come tuo ex fidanzato e io non so proprio cosa pensare..."

"Ecco, non pensare semplicemente, perché non c'è nulla a cui pensare. Te lo ripeto, l'incontro con Engin era per lavoro e quello che è accaduto ora è solo una coincidenza... Io amo te, soltanto te!"

In quell'istante la musica cessò e Deren ne approfittò per raggiungerli: "Can, mi spiace interrompervi ma abbiamo bisogno di te. Ci sono alcuni giornalisti che vorrebbero farti delle domande."

"D'accordo arrivo subito. Vieni con me?" chiese poi, rivolto a Sanem.

"No, è la tua serata. Vai tranquillo. Io, intanto, do un'occhiata in giro, non ti preoccupare!"

"Va bene, ma non allontanarti troppo, voglio tenerti d'occhio... Sei troppo bella e qualcuno potrebbe pensare che sei sola e farsi avanti."

"Non sia mai!" lo prese in giro Sanem.

La sala del ricevimento si era andata riempiendo sempre di più e ormai la festa volgeva al culmine. I camerieri si facevano strada tra gli ospiti con vassoi colmi di stuzzichini e calici di vino; la musica, un po' troppo alta, si fondeva con il chiacchiericcio di sottofondo, creando una cacofonia che a Sanem risultò ben presto insopportabile.

Dopo essersi intrattenuta con alcuni colleghi di Can, decise di andare a cercarlo. Immaginò che per parlare con dei giornalisti dovesse trovarsi in una sala conferenze o qualcosa di simile, così chiese se ce ne fosse una e fu indirizzata in una stanza all'estremità opposta della hall.

Quando vi giunse la scena che si presentò davanti ai suoi occhi la lasciò interdetta: Can era lì e stava ridendo in compagnia di due giovani ragazze. Non stava facendo nulla di male, ma l'espressione del suo viso riportò indietro Sanem di oltre vent'anni, a quando si erano conosciuti nel suo ufficio. Aveva lo stesso sguardo di allora: vivo, curioso, ammaliatore e fu inevitabile che le tornassero in mente le parole di Amina: "alcune mie compagne dicono di aver visto Can in compagnia di altre donne... ragazze giovani..."

RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora