CAPITOLO 7

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 Sulla soglia di quella sala, osservando il marito che intratteneva quelle ragazze sfoderando tutto il suo fascino, Sanem si sentì morire e in lei, pian piano, si fece strada la consapevolezza che "Can e Sanem", quell'universo del quale si era nutrita fino ad allora, che l'aveva fatta sentire amata, completa, che non le aveva fatto desiderare di avere altro al di fuori di lui, non esisteva più.

Non lo avevano fatto di proposito, non se n'erano nemmeno accorti, ma giorno dopo giorno, anno dopo anno erano cambiati e avevano finito con l'allontanarsi, finché quella piccola crepa che si era creata fra loro era divenuta sempre più profonda.

Ecco, allora, che avevano iniziato a parlare di meno, a condividere meno momenti insieme, meno passioni in comune. Avevano pensato che il lavoro, i figli, dovessero avere la priorità, ma si erano sbagliati: loro avrebbero dovuto essere la priorità sempre e comunque. Il loro amore avrebbe dovuto venire prima di tutto, avrebbero dovuto prendersene più cura, perché era quello il vero filo conduttore.

Anche Can, inconsciamente, doveva aver intuito qualcosa perché altrimenti non si spiegava quella sua assurda gelosia e quella smania di volerla controllare sempre, nel puerile tentativo di tenerla legata a sé.

Schiarendosi la voce e bussando allo stipite della porta Sanem fece notare la propria presenza.

"Disturbo?" chiese titubante.

"No, assolutamente! Dai vieni", la invitò Can " Ti presento Afet e Sevim: Afet sta facendo uno stage presso il Quotidiano di Istanbul, mentre Sevim è la stagista che mi ha affiancato in questo lavoro... Afet, Sevim, questa è mia moglie Sanem."

"Beh congratulazioni ad entrambe, soprattutto a te Sevim. Il servizio fotografico che avete realizzato per l'Ente del Turismo è davvero molto bello ed è stato apprezzato tantissimo", disse Sanem porgendo la mano ad entrambe le ragazze.

"La ringrazio signora, ma il merito è tutto di Can. Ha un senso artistico pazzesco ed è un ottimo insegnante. E' stata una fortuna averlo conosciuto e poter lavorare spalla a spalla con lui!" replicò Sevim.

Che confidenza e quanta libertà si prende questa ragazza! Pensò Sanem che ancora ricordava quanta soggezione le avesse fatto Can al primo incontro, ma lui sapeva come mettere le persone a proprio agio, se lo voleva...

"Tesoro ti senti bene? Me sembri un po' pallida." La voce di Can la riportò al presente.

"Oh sì, tranquillo, sono solo un po' stanca... Non sono abituata a tutta questa confusione. Se non ti dispiace me ne tornerei a casa..."

"D'accordo, salutiamo e poi ce ne andiamo."

"No, tu rimani pure fino alla conclusione..."

"Sì dai Can rimani con noi, ci divertiremo vedrai", fecero in coro Afet e Sevim, approfittando di quello che aveva detto Sanem.

Per un attimo lui sembrò cedere, ma poi cambiò idea: "Mi dispiace ragazze ma è tardi anche per me. E' stata una lunga giornata e quello di cui ho bisogno ora è di andarmene a casa e fare una bella dormita." Ciò detto prese Sanem sottobraccio e si allontanò.

"Davvero, Can, potevi fermarti. Per me non è un problema chiamare un taxi che mi riporti a casa..." cercò di convincerlo ancora.

Questa volta lui si arrabbiò: "Non so cosa ti stia succedendo in questo periodo, faccio fatica a starti dietro Sanem. Prima ti lamenti perché ti trascuro, poi sembra quasi che tu mi voglia allontanare. Cosa c'è che non va?"

Lei lo guardò sapendo che stava dicendo la verità: "Hai ragione, ti chiedo scusa... E' che mi sento così confusa..."

"Confusa?!" ripeté Can "Confusa riguardo a cosa?" volle sapere, ma Sanem non sapeva dargli una risposta e si limitò ad alzare le spalle impotente.

Lui si passò una mano sul volto, sospirando: "Ascolta, facciamo così: adesso andiamo a casa, ci dormiamo sopra, poi domattina partiamo per Londra e ci lasciamo tutto questo alle spalle. Per un paio di giorni pensiamo solo a noi... Che ne dici?"

"Dico che hai ragione. Cambiare aria mi farà bene. Sono sicura che poi tutto tornerà a posto", rispose convinta Sanem sorridendogli fiduciosa.

Quella notte fecero l'amore, ma questa volta in quella stanza, in quel letto non riuscirono a ritrovarsi, non riuscirono a isolarsi dal resto del mondo, a lasciarsi andare. Non ne parlarono, però, forse per pudore o per paura. Preferirono il silenzio, dietro al quale nascosero le proprie angosce, convinti che il "non far niente" sarebbe stato meglio che il "prendere una decisione", di cui nessuno dei due voleva assumersi la responsabilità, come gli struzzi che nascondono la testa nella sabbia in attesa che il pericolo passi.

RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora