CAPITOLO 15

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 Essere di nuovo lì, in quella casa, dopo tutti quegli anni provocò in Sanem un tumulto di emozioni.

Anche allora ci si era rifugiata per trovare un po' di tranquillità e per allontanarsi da quello, o meglio da colui che l'aveva ferita. L'unica differenza, ora, era che ad allontanarla non era stato Can, ma se n'era andata lei spontaneamente.

Sperava davvero di riuscire a placare quell'ansia che la stava divorando, che la rendeva insicura, sospettosa e che sapeva l'avrebbe portata, prima o poi, a dire o a fare qualcosa di cui si sarebbe pentita.

Amava Can ed era certa che lui provasse lo stesso, ma la magia che c'era sempre stata tra di loro era scomparsa e si erano trasformati in una di quelle coppie che, dopo anni di matrimonio, diventano l'ombra di se stesse, che a malapena si parlano perché non hanno più nulla da dirsi, si guardano senza in realtà vedersi e vanno avanti per inerzia, senza più passione o entusiasmo perché nessuno dei due ha il coraggio di dire "basta", perché così è più semplice e indolore. Una di quelle coppie che lei aborriva.

Mai e poi mai avrebbe accettato di vivere in quel modo!

Non incolpava nessuno per quello che era successo, perché sapeva che non c'era nessun vero colpevole, non c'era stata intenzionalità, solo, forse, trascuratezza da parte di entrambi o, forse, quella era l'evoluzione naturale di tutti i matrimoni.

Di questo suo malessere non ne aveva parlato con nessuno: Ayan non avrebbe capito perché le sue relazioni non duravano mai più di qualche mese e non erano mai sfociate in una convivenza e con i suoi era impensabile affrontare un argomento del genere. Appartenevano alla generazione del "per sempre" e del "sacrificarsi per il bene dei figli" e si sarebbero limitati a dirle che così era la vita e che lei era stata fortunata a trovare un uomo come Can, che non le faceva mancare nulla.

Con un sospiro si sedette al tavolo della cucina per fare colazione, sforzandosi di spostare l'attenzione sugli impegni che l'attendevano nella giornata, ma il suono del campanello la costrinse a rialzarsi.

Probabilmente era Babu che aveva dimenticato qualcosa e nella fretta non aveva neppure preso le chiavi di casa e, con quella convinzione, aprì senza neppure chiedere chi fosse.

Si trovò davanti un giovane sorridente e per un attimo le mancò il respiro. Aveva già vissuto quel momento tanto tempo prima, quando "lui" era riapparso all'improvviso chiedendole di conoscere suo figlio...

"Mamma, ti senti bene?" chiese il giovane leggermente preoccupato "Sei così pallida..."

"Efe", mormorò lei "sì, si, sto bene...è solo che ho avuto una specie di déja vu... Ma cosa ci fai qui? Quando sei arrivato? Perché non mi hai avvertito?"

"Mamma calmati! Se mi fai entrare ti spiego tutto."

"Certo, scusami, sono ancora un po' frastornata. Dai vieni... Stavo per fare colazione... Prendi un caffè con me?"

"Volentieri"

In quell'istante sua madre gli apparve talmente fragile e sola che d'istinto la strinse tra le braccia e lei, finalmente, si lasciò andare a un pianto liberatorio. Quando si fu calmata, Efe, sempre tenendola stretta a sé, la invitò a raccontare cosa le stesse succedendo.

"Non lo so tesoro... Forse una crisi di mezza età?" rispose cercando di fare dell'ironia.

"Beh, allora, è la stessa che sta attraversando papà!"

"Lo hai visto?"

"Sì, sono rientrato ieri da Londra e sono passato a casa..."

"Come mai?"

"E me lo chiedi? Davvero tu e papà pensavate di tenermi all'oscuro di tutto questo?"

"E' stata Amina vero?"

"Sì è stata lei ma che importanza ha? Piuttosto ti decidi a dirmi cosa vi sta capitando?"

"Se lo sapessi, forse, avrei anche la soluzione... La verità è che mi sento persa, vuota. Ho la sensazione di essere diventata un peso per tuo padre, una responsabilità, nulla di più."

"Ma cosa ti viene in mente?"

"Sembra assurdo, lo so, ma è quello che provo... Hai presente un rigagnolo d'alta montagna, scaturito dalle rocce e tramutatosi poi in un torrente impetuoso? Ecco la nostra storia è stata così solo che poi quel torrente si è trasformato in un fiume tranquillo che sfociando nel mare si è confuso con altri mille corsi d'acqua. Ci siamo persi Efe... ci siamo persi nell'oceano immenso della vita."

"Forse siete semplicemente cambiati, mamma, ed è cambiato il vostro modo di amare... Ci hai mai pensato?"

Sanem sorrise a suo figlio; aveva solo vent'anni ma era molto maturo per la sua età: "E' proprio per questo che ho lasciato tuo padre", rispose "per capire se ci può essere ancora un Can e Sanem, magari diverso, ma pur sempre un noi."

"Papà ti ama ancora, lo sai vero?"

"E io amo lui con tutta me stessa."

"E allora?" Davvero Efe per quanto si sforzasse non riusciva a capire.

"Amare non basta, bisogna condividere anche i sogni e ultimamente io e tuo padre sogniamo cose diverse... Ho provato a fare miei i suoi sogni, ma non ha funzionato e io non posso continuare a fingere che tutto vada bene. Ferirlo è l'ultima cosa che voglio, credimi, ma non posso neppure ignorare quello che sento e quello che sono per compiacerlo. Come non posso chiedere a lui di farlo. Se davvero il nostro amore è così forte, vedrai che una strada la troveremo... Ora però parliamo un po' di te..."

RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora