Un paio di giorni dopo, mentre era in ufficio, Can ricevette una telefonata da parte di Amina.
La ragazza non si era più fatta sentire dopo quella fatidica sera, durante la quale aveva scoperto che nemmeno suo padre era un perfetto "principe azzurro".
Non era arrabbiata e neppure delusa, ma aveva avuto bisogno di tempo per elaborare quella nuova immagine di Can, che lo mostrava un essere umano come tutti gli altri, con pregi e difetti, virtù e debolezze. Un essere umano capace di giudicarsi con obiettività, di autodenunciarsi senza ricorrere a inutili giustificazioni, ma che ancora non era riuscito a perdonarsi completamente.
"Ciao papà!" lo salutò "hai un attimo di tempo per me?" chiese, quasi esitando.
"Ciao tesoro! Ma certo, tutto il tempo che vuoi... Che succede? Qualcosa non va?"
"No, no, è tutto okay! Volevo solo scambiare due chiacchiere con te, tutto qua..."
Can pose la penna con la quale stava firmando alcuni documenti e si mise più comodo sulla sedia.
"Dimmi tutto", la incitò.
"Ecco si tratta di quello che hai detto l'altra sera... sì insomma, del fatto che hai abbandonato la mamma ed Efe..."
"E' la verità..."
"Ma perché? Perché hai fatto una cosa simile visto che ami così tanto Sanem? Non capisco: l'amore non dovrebbe portare solo gioia e sorrisi?"
Prima di rispondere Can rifletté un attimo.
"Sì hai ragione... Ma talvolta si ama talmente tanto da averne paura e la paura ti porta a compiere degli errori."
"E' quello che è successo a te?"
"Direi di sì... Vedi quando ho conosciuto tua madre avevo già frequentato altre donne e avuto delle relazioni. Pensavo, addirittura, di essere esperto in queste cose... Ma con Sanem è stato diverso... Lei, si è presa ogni parte di me: il mio cuore, la mia mente, la mia anima, esattamente come la marea che, alzandosi lentamente e senza far rumore, invade la spiagge e cancella ogni impronta. Quando me ne sono reso conto ho avuto paura. Come poteva essere che io, Can Divit, spirito libero, indipendente, amante dell'avventura, avessi bisogno di un suo sguardo, una sua parola, una sua carezza per sentirmi vivo? Semplicemente non potevo accettarlo e così sono scappato, abbandonandola, pensando di ritrovare la libertà, ma in realtà piombando in un baratro senza fine dal quale sono uscito solo grazie a lei..."
"Ma l'amore non dovrebbe renderti più forte?" chiese ancora Amina.
"Infatti! Ti da la forza necessaria per riconoscere i tuoi limiti, per ammettere i tuoi errori, per chiedere perdono, per metterti sempre in discussione...E' questo che ha permesso a me e a tua madre di superare le crisi che ogni matrimonio, inevitabilmente, comporta... Lo hai visto anche tu."
Seguì un lungo silenzio che fece temere a Can di aver perso la comunicazione.
"Tesoro, ci sei ancora?"
"Sì papà... Sai penso che quella marea sia arrivata anche qui... e non so che fare...ho paura di soffrire.."
Lui non comprese subito quello che voleva dire, poi, quando afferrò il senso di quelle parole, si affretto a tranquillizzarla: "Non devi... La sofferenza fa parte della vita e tu lo sai. Senza di essa non riusciremmo a cogliere la bellezza della vita stessa. Non lasciare che la paura ti impedisca di vivere, non trattenerti, godi di ogni stante Amina... e ascolta il tuo cuore, lui saprà consigliarti."
"Si chiama Serge... Anche lui è nato qui, in Congo, ma è stato adottato da una famiglia francese che aveva pochi mesi..."
"Dev'essere un ragazzo davvero in gamba se te ne sei innamorata e anche molto intelligente se ha messo gli occhi sulla mia piccolina..." riuscì a dire Can con voce rotta dall'emozione.
"Sì, lo è... E' qui accanto a me adesso... Ti va di salutarlo?"
In realtà Can non era sicuro di poter resistere ancora molto alla commozione, ma non poteva deludere sua figlia così rispose: "Certo, mi farebbe davvero piacere..."
Sentì Amina che passava il telefono a un ragazzo e, poco dopo, una profonda voce maschile disse: "Buon pomeriggio signor Divit, sono Serge, felice di fare la sua conoscenza..."
"Ciao Serge, il piacere è tutto mio. Devo ammettere che è un modo alquanto singolare di presentarsi, ma viste le circostanze direi che, al momento, è il massimo che possiamo fare."
Una risatina dall'altra parte accompagnò questa considerazione.
"Ha decisamente ragione signore, ma ci tenevo che lei sapesse della mia esistenza..."
"Hai fatto bene Serge. Sapere che Amina ha qualcuno di speciale accanto mi fa stare più tranquillo. Prenditi cura di lei, mi raccomando e ti prego abbandona il "signore" e chiamami Can, non sono poi così vecchio."
Un'altra risata e poi: " D'accordo Can, le ripasso sua figlia e grazie!"
Dopo che ebbe salutato Amina, Can si lasciò andare sulla sedia. Non sapeva dire come si sentisse, forse la parola più adatta era "frastornato", ma non ebbe il tempo di ragionarci su perché Sevim, che finito lo stage era stata assunta come segretaria, gli annunciò la visita dell'allenatore di Babu.
"Buon pomeriggio", disse quest'ultimo, accomodandosi in ufficio "spero di non disturbarla ma ci tenevo a farle sentire una cosa..."
"Lei è sempre il benvenuto! Si sieda e mi dica di che si tratta... mi ha incuriosito..."
"E' al corrente, vero, che oggi Babu aveva il suo primo incontro con la squadra che andrà ad allenare in vista del prossimo campionato under 16..."
"Si certo, mio figlio me ne ha parlato."
"Ecco ascolti attentamente" lo invitò l'allenatore posando poi sulla scrivania il suo cellulare e facendo partire una registrazione audio.
La stanza si riempì della voce di Babu. "Salve ragazzi, alcuni di voi già mi conoscono, per gli altri mi presento: sono Babu Divit e sarò io ad allenarvi quest'anno. Prima però voglio raccontarvi perché sono qui. Come voi, fino a pochissimo tempo fa, giocavo a basket ed ero anche piuttosto bravo, tanto da aver ricevuto una convocazione in nazionale, ma durante gli esami di routine sono risultato positivo al doping e sono stato espulso: ho abusato di antidolorifici per curare un dolore alla schiena. Ho cercato una scorciatoia, pur sapendo che era sbagliato, perché non volevo rinunciare al mio sogno, ma ho imparato che i sogni non si realizzano imbrogliando o ricorrendo a sotterfugi, ma solo lavorando sodo... Per cui chiedo, a chi non è disposto a sudare e a impegnarsi fino in fondo, di fare un passo avanti, ora, e di andarsene. A coloro che rimangono, invece, dico che io sarò sempre disponibile ad ascoltarli..."
A quel punto l'allenatore fermò la registrazione e guardò Can, che era rimasto letteralmente senza parole "Volevo dimostrarle con i fatti che ragazzo in gamba sia Babu, ogni altro commento credo sia superfluo. Per me è un orgoglio averlo accanto."
"La ringrazio, la ringrazio davvero" fu tutto ciò che riuscì a dire Can.
I due uomini si salutarono con una calorosa stretta di mano, poi Can, rimasto nuovamente solo, si guardò attorno spaesato. Si sentiva completamente svuotato, come se avesse fatto uno sforzo enorme e fosse rimasto senza energie. Aveva bisogno di condividere tutte quelle emozioni, che lo avevano letteralmente sopraffatto, con qualcuno e quel qualcuno poteva essere solo Sanem.
La chiamò al telefono: "Ciao amore, dove sei?"
"Ciao, ho appena finito e sto andando a casa... Ma è successo qualcosa? Hai una voce strana..."
"E' tutto a posto, non preoccuparti, ma ho bisogno di te, un disperato bisogno di te... Ci vediamo a casa tra poco, ti amo!" le disse e senza lasciarle il tempo di replicare riagganciò.

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RITROVARSI
RomansaQuesto racconto è il seguito di "RICOMINCIARE DA NOI". Sono passati diciassette anni, Can e Sanem con i loro tre figli formano una famiglia all'apparenza perfetta, ma, come spesso accade, non è tutto oro ciò che luccica. Dietro un'apparente serenità...