Capitolo 4

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 Il resto del weekend trascorse tranquillo e il lunedì successivo Can decise di fare una sorpresa a Sanem.

Senza dirle nulla, a mezzogiorno, si presentò nel suo studio per portarla fuori a pranzo.

"Buongiorno Eda. Sono passato per mangiare un boccone insieme a mia moglie, è nel suo ufficio?"

"Buongiorno Can", lo salutò la collega di Sanem "mi dispiace ma è appena uscita con l'avvocato Brusin"

Can si immobilizzò "L'avvocato Brusin?" chiese pensando di aver capito male.

"Sì, stanno seguendo insieme una causa di affido. Credo siano andati al caffè all'angolo, puoi raggiungerli lì. Ora, se non ti dispiace, devo scappare: devo passare a prendere Bulut e portarlo da mia madre."

"Oh certo, scusa se ti ho trattenuta", disse Can prima di andarsene.

"Ma figurati, è stato un piacere rivederti, a presto", lo salutò Eda.

Una volta in strada, Can decise di seguire il suggerimento di Eda e si diresse verso il bar. Lo conosceva bene perché ci era già stato varie volte con Sanem. Si fermò un attimo sulla soglia, guardandosi intorno alla ricerca di quella figura che gli era tanto familiare. La scorse seduta in un tavolino appartato, di fronte ad un uomo che le stava raccontando, probabilmente, qualcosa di divertente perché la vide ridere e scuotere la testa. Le parve anche che le sue guance si tingessero leggermente di rosso, segno che l'uomo stava dicendo qualcosa di imbarazzante o forse le stava facendo dei complimenti non richiesti. Il loro colloquiare fu interrotto dal sopraggiungere del cameriere con le ordinazioni: entrambi avevano preso degli aperitivi accompagnati da alcuni stuzzichini. Can rimase dov'era; per una strana ragione voleva vedere come sarebbe proseguita quella conversazione. Sanem sollevò il suo bicchiere e fece un brindisi sorridendo felice, bevve un sorso e poi lo posò sul tavolo per addentare un'oliva, mentre l'uomo continuava a parlare senza sosta. Tutto sembrava, tranne un incontro di lavoro e Can, pian piano, sentì crescere in lui la gelosia: da quanto non vedeva Sanem così spensierata?

Gli tornarono alla mente le parole che gli aveva detto qualche giorno prima: "forse sono stanca di essere comprensiva" e si ricordò pure cosa gli aveva confessato tanti anni addietro a proposito dell'avvocato Brusin, per il quale aveva lavorato. Lui l'aveva corteggiata, facendole chiaramente capire di desiderare qualcosa di più, e lei ne era rimasta lusingata, tanto che se Can non fosse riapparso nella sua vita, lei probabilmente avrebbe accettato.

Cercando di dominare la rabbia si avvicinò al loro tavolo, fingendo noncuranza: "Ciao tesoro!" la salutò sorridente, depositando un lieve bacio sulle sue labbra per poi rivolgersi all'uomo: "Buongiorno avvocato Brusin, lieto di rivederla", gli disse tendendogli la mano.

Dopo un attimo di smarrimento l'uomo gliela strinse e Sanem ne approfittò per chiedere: "Can, che ci fai qui? Non mi avevi detto nulla..."

"Infatti! Volevo farti una sorpresa e portati fuori a pranzo... Ma vedo che sei impegnata per cui tolgo subito il disturbo e vi lascio soli. Ci vediamo a casa questa sera."

"Non è necessario che se ne vada" lo trattenne l'avvocato Brusin " Io e Sanem abbiamo già chiarito tutto e io devo correre in Tribunale, per cui la prego, rimanga!" concluse alzandosi e cedendogli il posto.

Quando si fu seduto Sanem scrutandolo attentamente gli chiese: "Non credi di essere stato un tantino scortese?"

Can, sostenendo il suo sguardo, rispose gelido: "No, non credo, dal momento che stava flirtando con mia moglie!"

"Stai dicendo un'assurdità!"

"Tu pensi? Non era forse lui che ti aveva baciata sul portone di casa? E non era lui che ti aveva detto chiaramente di volere un rapporto che andasse oltre a quello lavorativo?"

"E' successo più di quindici anni fa..."

"Beh se è per questo io sono innamorato di te da molto più tempo!"

Sanem sospirò. La gelosia che Can aveva sempre mostrato nei suoi confronti la lusingava e le piaceva anche, ma ogni tanto esagerava e, quando questo accadeva, era del tutto inutile parlare con lui e cercare di farlo ragionare: era tempo sprecato e avrebbero finito col litigare, perciò preferì lasciar perdere. Quando si fosse calmato, si sarebbe reso conto da solo di quanto infantile fosse stato il suo comportamento.

"D'accordo", gli disse " ormai che siamo qui che ne dici di finire questi stuzzichini e poi di riaccompagnarmi in ufficio?"

"In effetti è per questo che sono venuto... Ma Engin che voleva da te?"

"Can ti prego, è solo lavoro..."

"Allora parlamene!"

"E va bene... Abbiamo ricevuto da una coppia, che lui assiste, una richiesta di affido e io ho voluto incontrarlo per farmi un'idea su che tipo siano i futuri genitori, perché c'è una bambina, possibile candidata, ma la piccola ne ha passate talmente tante che non voglio sbagliare..."

"Sono sicuro che farai la scelta giusta, tesoro, come hai sempre fatto. Tu hai una capacità straordinaria nel capire le persone e nell'intuire quello che è meglio per loro."

Già, pensò Sanem, sono brava con tutti tranne che con me stessa, ma non lo disse ad alta voce, preferendo, invece, cambiare argomento.

"Ti ringrazio. E tu cosa mi dici della campagna pubblicitaria che state preparando per l'Ente del Turismo? A che punto siete?"

"Per fortuna siamo arrivati in fondo e la prossima settimana ci dovrebbe essere la presentazione ufficiale. Spero davvero che non saltino fuori altri problemi. Se avessi saputo che mi sarebbe costata tanta energia e tanto tempo non mi sarei mai candidato!"

Sanem scoppiò a ridere. "Can Divit ti conosco fin troppo bene e so che le sfide sono pane per i tuoi denti..."

"Hai ragione ma questa volta il prezzo da pagare è stato alto, troppo: ho trascurato te e i ragazzi e non avrei mai dovuto, mi dispiace!"

" Smettila! Nessuno di noi te ne fa una colpa. E' il tuo lavoro e noi capiamo perfettamente..."

"Davvero Sanem? Perché prima, quando ti ho visto con Engin non ho avuto questa impressione."

"Can ti prego ora basta! Stai immaginando cose che non esistono e io comincio ad arrabbiarmi. Perché non ti fidi di me?"

"Io mi fido di te. E' di lui che non mi fido e non ne ho mai fatto mistero, lo sai. Tuttavia spero di sbagliarmi."

"Ne sono sicura. Ora però devo tornare a lavorare. Mi accompagni?"

"Certo, pago il conto e poi possiamo andare."

Uscirono dal locale poco dopo, mano nella mano, sorridenti, ma entrambi con la sgradevole sensazione che tra di loro qualcosa stesse cambiando e loro non potessero fare niente per evitarlo.

RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora