CAPITOLO 23

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 Svegliarsi abbracciati fu estasi pura per Can e Sanem. Non riuscivano a staccarsi l'uno dall'altra, quasi temessero che se si fossero lasciati l'altro sarebbe svanito, come succede ai sogni quando ci svegliamo e apriamo gli occhi. Allora proviamo a richiuderli nel tentativo di riacchiappare quella fantasia per farla durare ancora un po', ma ormai è troppo tardi.

"Sanem, lo so che sei sveglia..."

"Mmm, come hai fatto a capirlo?"

"Dal tuo respiro... e poi dormiamo insieme da più di diciassette anni, un po' ti conosco..."

Lei sorrise e alzò il viso verso quello di Can in un chiaro invito. Lui non poté fare a meno di accontentarla, ma quando fece per alzarsi la trattenne. Voleva che lei gli parlasse, gli dicesse cosa l'aveva allontanata, esprimesse le sue angosce, ma poiché si ostinava a rimanere in silenzio decise di essere lui, per primo, ad aprirsi.

"Avevi ragione sai..."

Sanem lo guardò senza capire: "A che proposito?" chiese.

"Riguardo Sevim. Aveva creduto che tra di noi ci fosse qualcosa..."

"Ohh..."

"Le ho detto chiaramente che aveva frainteso e l'ho affidata a Deren."

"Anche tu avevi ragione... su Engin. E' ancora innamorato di me e ieri mattina me l'ha detto apertamente. Abbiamo discusso..."

"Per questo sei tornata da sola, in treno, invece che con lui?"

"Sì... Aveva addirittura organizzato il viaggio a Gebze perché stessimo da soli..."

"Come?" chiese Can sentendo che la rabbia stava crescendo dentro di lui.

Sanem se ne accorse dalla tensione dei suoi muscoli e si accoccolò ancora più vicino nel tentativo di rilassarlo.

"Non arrabbiarti, ti prego. Non è successo nulla e questa volta sono stata categorica. Gli ho detto che non potrei mai innamorarmi di lui, anzi che non VOGLIO innamorarmi di nessun altro uomo... perché appartengo a te!"

A quella confessione le braccia di Can si fecero ancora più strette intorno al suo corpo: "Perdonami, se puoi, per averti deluso ancora Sanem, per averti allontanato di nuovo da me..."

"Abbiamo sbagliato entrambi", lo interruppe lei "non è solo colpa tua... Abbiamo dato per scontato il nostro amore e ci siamo dimenticati di prendercene cura. Ma l'amore è come un bambino: va coccolato, nutrito, accudito perché cresca forte e resista alle intemperie della vita."

"Io però ho sbagliato più di te."

"Non credo che si tratti di chi sbaglia di più e di chi sbaglia di meno, ma di sensibilità, percezione delle cose. Voi uomini siete diversi da noi donne, pensate e ragionate in modo diverso e spesso ce ne dimentichiamo. Vorremmo essere capite senza parlare, dai nostri silenzi, perché col nostro mutismo noi diciamo molto e se non siete in grado di farlo ci arrabbiamo. Siamo esseri contorti, mentre voi uomini siete dei libri aperti. Voi avete la capacità di semplificare tutto, noi al contrario complichiamo tutto."

"Mmm, non ho capito se questo sia un complimento o una critica ma credo che tu abbia ragione, per cui ti propongo un accordo..."

"Sentiamo..."

"Voglio che iniziamo ogni giornata in modo speciale."

"E cioè?"

Con una mossa repentina Can la portò sotto di sé: "Per prima cosa dicendoci che ci amiamo e poi..."

"Poi?" lo incitò Sanem con il respiro accelerato.

"Con la tua risata cristallina", concluse lui facendole il solletico.

"Can Divit, sei tremendo!" gridò lei ridendo e lottando per liberarsi dalla sua presa.

Dopo un tempo che gli parve ragionevole la lasciò andare ansante, accaldata e spettinata all'inverosimile, ma più bella che mai.

Uscendo dalla camera Sanem incrociò Amina che la guardò stralunata.

"Non una parola Amina!" la minacciò.

Poi fu la volta di Efe con il quale cercò di darsi un contegno: "E' pur sempre casa mia, no..."

Can, intanto, appoggiato allo stipite della porta guardava quel divertente teatrino con un sorriso ebete stampato in faccia: "Abbiamo fatto pace", spiegò semplicemente prima di raggiungere Sanem in cucina e aiutarla a preparare la colazione.

Si erano tolti un grosso peso, ma la loro felicità per essersi ritrovati non era perfetta. C'era da affrontare l'operazione di Babu e tutto ciò che ne conseguiva e, anche se i medici li avevano tranquillizzati, era pur sempre un'incognita.

"Sai cosa pensavo...", disse Sanem mentre, in camera, si preparavano per andare all'ospedale "potrei prendere un periodo di aspettativa dal lavoro o lasciarlo completamente..."

Can scosse la testa: "Non credo affatto che sia una buona idea. Tu ami il tuo lavoro e sei brava, molto brava. Babu è un adulto, ormai, e credo sia giusto trattarlo come tale. Se avrà bisogno del nostro aiuto noi ci saremo, ma non dobbiamo tenerlo sotto una campana di vetro. Deve imparare a cavarsela da solo. Per anni interi hai pensato solo ai ragazzi... e a me, trascurando i tuoi desideri. Ora è giunto il momento che tu ti dedichi a te stessa", dichiarò convinto.

"Allora facciamo così, vediamo come va e poi nei riparliamo, sei d'accordo?"

"Direi che è un giusto compromesso."

Quando arrivarono in ospedale Babu era già pronto per entrare in sala operatoria, ma riuscirono comunque a parlare con lui qualche minuto:

"Papà, mamma è successo qualcosa? Avete un'aria strana..."

Sanem, nemmeno a dirlo, avvampò suscitando l'ilarità di Efe e Amina, mentre Can, prendendola per mano disse: "Ci siamo ritrovati!"

Babu sorrise: "Sapevo che avresti segnato un canestro da tre punti, papà. Sono fiero di te!"

RITROVARSIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora