Era ormai pomeriggio tardi quando Can e Sanem lasciarono l'ospedale. Dopo aver parlato con Babu e trascorso un po' di tempo con lui, avevano avuto un incontro con i medici.
Dal momento che le condizioni da salute del ragazzo erano buone, avevano programmato l'intervento per il giorno successivo. L'avrebbero trattenuto un paio di giorni e poi dimesso per poter seguire la riabilitazione direttamente a casa.
Era stata una giornata davvero estenuante per Sanem: la discussione con Engin, al mattino, poi il viaggio in treno e infine ciò che era capitato con Babu avevano messo a dura prova i suoi nervi e ora l'unica cosa che desiderava era un bagno caldo.
Can se ne accorse: le occhiaie e il viso tirato erano segni che era arrivata al limite.
"Vieni, ti porto a casa, hai bisogno di riposare..." le disse aprendole la portiera della macchina.
Lei rimase ferma, indecisa, poi, quasi a scusarsi chiese: "Ti spiace se questa sera sto un po' con te e i ragazzi? Non me la sento di rimanere da sola..."
"Certo che no! Quella è sempre casa tua, Sanem, lo sai bene... Dai ora sali!"
Durante il tragitto rimasero in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri. Sanem aveva promesso che finalmente avrebbero parlato, ma Can la vide così stanca che preferì non ricordarglielo e non le chiese nulla.
Una volta arrivati prese il suo bagaglio e le propose di darsi una rinfrescata mentre lui avrebbe pensato alla cena.
"Di là troverai tutte le tue cose... non ho toccato niente! E che ne dici di ordinare della pizza?"
"La pizza va benissimo, io e i ragazzi la adoriamo lo sai...Grazie!"
Quando entrò in camera da letto si sentì mancare il respiro. Le pareva di essere stata assente per anni anziché poche settimane. Tutto era rimasto come ricordava: le fotografie sul comò, la coperta piegata in fondo al letto pronta per essere usata in caso di necessità, il libro che stava leggendo appoggiato sul comodino e che si era scordata di prendere con sé; mentre dalla parte di Can c'erano gli auricolari che adoperava quando voleva ascoltare della musica senza disturbarla e la maglietta che usava per dormire. Senza neppure rendersene conto si avvicinò, la prese tra le mani e se la portò al viso: quanto le era mancato quel profumo, il suo profumo.
"Va tutto bene?" la voce di Can la fece sobbalzare. Si girò di scatto arrossendo per l'imbarazzo fin alla radice dei capelli: "Sì, sì", farfugliò cercando di darsi un contegno "stavo... stavo solo riordinando un po'..."
Lui alzò leggermente un sopracciglio limitandosi a dire: "Volevo avvisarti che la pizza sarà qui tra una mezz'ora. Ho già avvertito Efe e Amina ..."
"Perfetto, mi faccio una doccia veloce e sono pronta."
I ragazzi non si mostrarono sorpresi di vederla lì e non fecero domande, preferendo chiacchierare del più e del meno.
"Com'è andato il tuo viaggio a Gebze, mamma?" chiese ad un certo punto Amina.
"Direi bene", rispose Sanem evitando di guardare Can "la famiglia che ha preso in affido Asia è un'ottima famiglia e ha già una bambina. La piccola si è ambientata senza problemi."
"Per quanto rimarrà lì?" chiese Efe.
"Il giudice ha previsto, per il momento, sei mesi. Ma se dopo tale termine i suoi genitori biologici dovessero risultare ancora inidonei è probabile che venga disposta una proroga."
"Ma questa incertezza non nuocerà alla bambina?" volle sapere Amina.
"Purtroppo è tutto quello che si può fare in questi casi. Asia ha i genitori che l'hanno riconosciuta, non è un'orfana, quindi l'adozione, che sicuramente darebbe maggiori garanzie, non è possibile."
"A proposito, perché non ti fermi a dormire qui?" intervenne Efe "Domattina, poi, potremmo andare tutti insieme in ospedale, sarebbe più semplice e comodo... che ne dici?"
Sanem non rispose subito, ma spostò lo sguardo su Can che la stava osservando: "Per me va bene, ma non so che ne pensa vostro padre..."
Altre due paia di occhi iniziarono a fissarlo, in attesa.
"Lo sai che questa casa è tua quanto mia, Sanem e sono d'accordo con Efe: sarebbe più comodo se tu restassi qui..."
"Wow, allora è deciso! Bene io ora vado nella mia stanza... Tra poco mi chiamerà Isabella" , disse entusiasta Efe.
"E io devo scappare da Demet... Le avevo promosso che ci saremmo viste dopo cena", se ne uscì col dire Amina, quando in realtà era chiaro che l'intento di entrambi era quello di lasciarli soli.
Fu Sanem a spezzare quella sorta di impaccio che si era creato tra loro "Bene, tu ti sei occupato della cena e mi pare giusto che a me spetti riordinare la cucina..."
"Sei sicura?"
"Assolutamente!"
"Ok! Allora nel frattempo, io faccio una doccia e poi mi trasferisco nella camera degli ospiti."
Sanem non obiettò, ma appena finì di riassettare lo raggiunse in camera. Lo trovò che stava indossando quella stessa maglietta che lei poco prima aveva annusato e si sentì avvampare di nuovo.
"Ecco, ho finito... Adesso puoi metterti comoda... Ci vediamo domattina", le disse Can avviandosi alla porta.
"Non andare!" lo fermò lei.
Lui si bloccò, di spalle, con una mano sulla maniglia ma non aprì bocca.
"Non andare... ti prego", ripeté.
"E domani, cosa accadrà domani Sanem?"
"Sarà lo stesso. Non andare, rimani con me!" rispose avvicinandosi a lui e cingendogli la vita con le braccia per poi poggiare la guancia sulla sua schiena. Anche così poteva sentire il suo cuore battere all'impazzata e sorrise: "Ti faccio ancora quest'effetto?" domandò in un sussurro.
"Sempre... non hai mai smesso", le confessò per poi afferrarle i polsi a allontanarla da sé in modo da potersi girare verso di lei.
Con due dite le alzò il mento così da poterla guardare negli occhi: "E tu continui ad arrossire..."
"Sempre e non smetterò mai."
Fu la volta di Can di sorridere, poi lentamente si chinò su di lei per lasciarle un lieve bacio sulle labbra. Lei d'istinto chiuse gli occhi e si lasciò andare, ma lui si ritrasse.
"Guardami Sanem!" le ordinò "Non distogliere mai lo sguardo dal mio perché lì troverai sempre tutte le risposte che cerchi. Questi occhi, anche se volessi, non potrebbero mai mentirti..."
Lei ubbidì, e quello sguardo la rese impotente: la spogliò non solo dei suoi abiti, ma di tutte le sue paure, le sue insicurezze. Quello sguardo era amore puro, dedizione assoluta e superò tutte le sue barriere arrivando dritto al cuore.
Si poteva far l'amore con gli occhi? Sì, perché in quell'istante ogni cosa intorno a loro scomparve, come fosse inghiottita dalla nebbia e rimasero solo i loro sguardi, che si cercavano, si accarezzavano, si amavano, comunicando più di mille parole.
Si erano persi e ritrovati molte volte, come capita spesso in tutti i matrimoni, ma quella notte fu diverso. Finalmente capirono che non erano più quelli di un tempo, che non lo sarebbero più stati ma capirono, anche, con assoluta certezza, di voler andare avanti insieme.

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RITROVARSI
RomansQuesto racconto è il seguito di "RICOMINCIARE DA NOI". Sono passati diciassette anni, Can e Sanem con i loro tre figli formano una famiglia all'apparenza perfetta, ma, come spesso accade, non è tutto oro ciò che luccica. Dietro un'apparente serenità...