Capitolo Ventisei

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"Se l'amore è cieco, non arriverà mai a bersaglio."

(Romeo e Giulietta- W. Shakespeare)

 

Il giorno in cui fui dimessa dall'asettica ala ospedaliera era un lunedì. Oltre a Cedric e Rose, anche Luna era giunta in mio soccorso per accompagnarmi lungo i tortuosi corridoi.

Era venuta in visita i giorni precedenti, appena aveva scoperto dell'incidente. Il nostro rapporto sembrava tornato quello di sempre, la piccola disputa avuta a Hogsmeade dimenticata.

Dopotutto, sarebbe stato stupido continuare a tenere il broncio dopo quanto successo; avevo rischiato di morire e il mio potenziale assassino avrebbe potuto aggirarsi ancora nei dintorni di Hogwarts. Restare arrabbiata con mia cugina perché aveva rivelato qualcosa che non avrebbe dovuto alla sua spocchiosa amica, non era un argomento valido.

Il periodo di convalescenza riportato si estendeva per i prossimi cinque giorni e intuii che Madama Chips avrebbe riportato ai professori l'anticipata dimissione verso la sera tardi. Sarei stata esente dalle lezioni ancora per un giorno.

Ci salutammo all'entrata dei sotterranei, ma anziché raggiungere la Sala Comune dei Serpeverde, mi diressi verso l'ingresso del castello con l'intento di setacciare il cortile. Sperai che chiunque si fosse appropriato della spilla l'avesse gettata da qualche parte nel perimetro con noncuranza, magari per privarmi della sua protezione momentaneamente.

Nel caso contrario, avrebbe potuto tenerla con sé dopo aver compreso quali fossero le sue proprietà magiche, e in quel caso la determinazione per ritrovarla sarebbe stata vana.

Se la prima teoria si fosse rivelata esatta, avrebbe potuto essere solo nella Foresta Proibita. Tornare lì con l'intenzione di sfuggire agli occhi guardinghi degli insegnanti era una follia; rischiare l'espulsione per ritrovare l'oggetto perduto della nonna non sarebbe stata una motivazione valida da dare ai miei.

Con mia disgrazia non ero Potter, ed ero pronta a scommettere che a me non sarebbe bastata una semplice occhiataccia da parte di Piton e una chiacchierata con il Preside per uscirne illesa.

Sospirai, poi inquadrai da lontano l'ingresso della selva e mi avvicinai tentando di non dare nell'occhio. Percorsi sentieri secondari, frequentati di rado o nascosti a studenti e professori. La maggior parte dei ragazzi si trovava ancora a lezione, fuori la scuola erano presenti solo pochi gruppi radunati nei dintorni del Lago Nero o sotto i portici del castello.

L'orario strategico era ottimo; pochi studenti avrebbero potuto identificarmi, ma sarebbe stato meno facile passare inosservata essendo l'unica diretta verso la Foresta Oscura. Sollevai il polso e guardai l'orologio: le dieci e un quarto. Nel bel mezzo della terza ora. Se qualcuno mi avesse scoperta, avrei sempre potuto dire di essere in ritardo per la lezione di Cura delle Creature Magiche.

Abbassai il braccio, l'ingresso della Foresta Proibita mi chiamava a sé come la voce più melodica del diavolo tentatore. Era lì. Una serie di alberi centenari era l'unica cosa che mi separava dalla mia spilla.

Infilai la mano nella tasca ed estrassi la bacchetta. Lumos. La punta si illuminò; il bagliore che di solito esternava al mio comando non era minimamente paragonabile alla fioca luce manifestata quel giorno. Mi accigliai: qualcosa non andava.

Scossi la mano, sembrava non ubbidire ai miei comandi. Era come se non mi riconoscesse.

"Lumos." Provai di nuovo e poi ancora una volta. Niente. Solo lo stesso debole scintillio che aveva prodotto pochi minuti fa. "Lumos Maxima." Dissi allora, ma ancora una volta il risultato non corrispondeva a quello dell'incantesimo. Cosa sta succedendo? Perché la mia bacchetta mi rifiuta?

Blood Traitor || Draco X ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora