CAPITOLO 1

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Gina works the diner all day


C'era una volta la casa di Claudia.

"Tutta nella mia camera da letto!" precisava tempo fa con un sorriso spiazzante e un nuovo completo intimo addosso.

Oggi casa si riduceva a una rispettabile palazzina di mattoni a vista con box, cantina e doppi servizi, ottima esposizione, comoda per farmacia e scuole. Ci usciva la mattina di fretta e ci tornava la sera di fretta, vestita di colori spenti, due o tre borse troppo cariche, una piega sghemba delle labbra che soltanto capovolta avrebbe ricordato un sorriso.

Tutte le mattine e tutte le sere Claudia Raso era di fretta. Per via di qualche strano incantesimo operato senza che lei se ne accorgesse, il tempo aveva iniziato a scorrere inclemente in una serie di abitudini e doveri che occupavano eppure svuotavano. A cominciare dalla camera da letto.

Finito il tempo dei concerti, delle musicassette ascoltate fino a smagnetizzare il nastro, delle chiacchiere nei pub, delle lingerie nuove e delle nottate a letto. Hey God-tell me what the hell is going on, seems like all the good shits gone.

Ormai non restava tempo nemmeno per il tempo. Aveva due figli, un marito, un lavoro e una casa. Sua madre sarebbe stata fiera di lei. Cristina Colombo in Raso si alzava alle cinque della mattina, puliva l'intera casa e arrivava puntuale al lavoro, cuciva fino a cavarsi gli occhi in una fabbrica priva di riscaldamento d'inverno e aria condizionata d'estate, cresceva due figli e amava il marito senza discutere. Il mattino seguente daccapo fino a sera. Ogni giorno per sessant'anni, fino alla tomba.

Claudia avrebbe voluto ereditare la forza della madre, anziché i fianchi. Si alzava presto anche lei, metteva insieme la colazione per tutti, a posto i letti e un poco la cucina, in fretta, molto in fretta ed ecco era già tardi e lei non aveva ancora neppure iniziato a lavare i pavimenti. Casa, il luogo dove una volta si stava così bene, sembrava una bomba di caos perennemente esplosa.

Macché fiera, a sua madre sarebbe venuto un infarto.

Il semaforo diventò verde, Claudia premette l'acceleratore e il gas di scarico riempì lo specchietto retrovisore. La vecchia Citroën si mosse con lamenti artritici.

Tirò un pugno al volante. «Non osare mollarmi adesso, ho avuto una giornataccia.»

Un cliente che tentava di pescare da mesi si era deciso a fissare una riunione per valutare l'offerta della NovaCom, perciò lei era rimasta in ufficio un po' più dell'orario stabilito: voleva pianificare bene l'incontro, verificare il materiale e prenotare la sala riunioni. Questione di un minuto. Poi sbam!, Federica entra in ufficio e la interrompe. Millesettecentoventitré volte.

Aveva dovuto rimandare la chiamata allo studio grafico, mollare le ultime analisi dei dati e preparare decaffeinati e calmanti anziché istogrammi e tabelle. Quando finalmente era tornata alla propria scrivania, il telefono allo studio grafico aveva suonato a lungo prima che le rispondesse Daniele.

"Claudia, cosa ci fai ancora qui? Non hai un part-time?"

"Mi piacciono gli straordinari."

"Questi non sono straordinari, ma sfruttamento da parte della Dante e mancanza di carattere da parte tua."

"Come vuoi. Daniele, ascolta..."

"Dovresti farlo notare."

"Che cosa?"

"Che hai il part-time."

Claudia aveva spostato la cornetta all'altro orecchio. "Figurati, non sono più così ingenua. Senti..."

Canzone Per DueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora