CAPITOLO 7

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It's just the same old sights / And the same old sounds


Chiamò la figlia con una minaccia che non sortì alcun effetto. Per niente al mondo l'avrebbe lasciata gironzolare da sola per il supermercato, perciò dovette rassegnarsi a seguirla. Finse di cercare l'ammorbidente e di ignorare la figlia in fondo alla corsia.

Silvia si rintanava spesso tra gli scaffali dei prodotti per il bagno. Da quando era arrivato il ciclo. Come se le infinite varietà di bottiglie e profumi potessero confortarla dell'essere diventata donna. Claudia aveva fatto lo stesso quando era arrivato a lei.

Silvia rimase al reparto trucchi per tre minuti, poi tornò senza broncio e porse un ramo d'ulivo in plastica e oro.

«Mamma, mi serve questo: glitter dorati per il trucco dello spettacolo.»

L'altoparlante ricordò che mancavano pochi minuti alla chiusura.

«Certo, tesoro, però li hai chiesti a papà ieri sera. Dicevi che in una città grande come Roma avrebbe trovato i trucchi migliori.»

Silvia sbuffò, l'ulivo spezzato. «Se ne dimenticherà. Prendiamoli per sicurezza.» La ragazzina fece scivolare nel carrello i brillantini dorati.

«Non dovresti avere così poca fiducia in tuo padre» obiettò Claudia rimettendo a posto i glitter. Pazienza se lei aveva perso la fiducia in Marco, non voleva accadesse lo stesso ai i figli.

«Mamma, sono fondamentali, io devo avere questi glitter per lo spettacolo di Natale!» Di nuovo la polvere dorata scivolò nel carrello.

«C'è tempo di comprarli, se papà si dimentica. Lo spettacolo è tra due settimane, passeremo in questo supermercato almeno per altre due spese.» Sul ripiano.

«Li pago con i miei soldi, te li rendo appena siamo a casa.» Nel carrello.

«Tienili da parte per cose più...» Si fermò prima di scatenare la fine del mondo con la parola "importanti". «Ehm, difficili da trovare.»

«È l'ultimo tubetto, e se non li rifornissero più?»

«Dài, Silvia, non drammatizzare. Forse la zia ha ragione, quel corso di teatro non ti fa bene.» Claudia rimise a posto il trucco e spronò la figlia verso la cassa.

«Non mi prendi il cellulare, mamma, va bene, capisco» continuava la ragazza alzando le mani, «almeno i glitter! Una cosa ti chiedo, una sola: guarda, li pago io, a casa ti do i soldi!»

«Lascia stare la paghetta» sospirò gettandosi di peso sul carrello per affrontare la curva verso le casse. «Oscar, vuoi scendere dal carrello? Cadrai, e pesi.»

«Mi diverto, mamma.»

«Perché non vuoi comprarli? Non ci tieni a me, non ci tieni mai!» Silvia corse in avanti, gli scarponi colpivano pesanti il pavimento lucido che riecheggiava accusatore fino alla madre.

Alle soglie dell'adolescenza Silvia non poteva vivere senza musica, Netflix e il corso di teatro.

Claudia ne intuiva il motivo, ci aveva parlato al momento dell'iscrizione. Si chiamava Lorenzo, diciannove anni, un filo di barba e jeans slavati. Cuore grande, scarso buon senso.

"Un corso di teatro alle medie" aveva detto Claudia cincischiando con il modulo d'iscrizione, mentre sua figlia fingeva di interessarsi al cesto dei palloni di pallacanestro. "Ci vuole coraggio. A quest'età preferiscono memorizzare le suonerie dei cellulari anziché poesie."

"Qualcuno sì" aveva concesso Lorenzo, quieto come il cardigan color senape che indossava. La sua voce tranquilla riecheggiava nella palestra adibita a palcoscenico in attesa che i lavori di ristrutturazione dell'auditorium terminassero. Per quanto ne sapeva Claudia, i lavori erano iniziati l'anno in cui lei aveva preso la licenza di terza media. "Altri no ed è qui che entro in scena io. Sono un cacciatore d'arte, capisce, signora Raso? La cerco, la estraggo dalle pietre grezze, cioè le persone che mi circondano, perché l'umanità possa goderne."

Canzone Per DueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora