CAPITOLO 18

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Gina dreams of running away / When she cries in the night


Corse al cellulare. Spento. PIN. PIN? Perché cazzo Marco impostava il pin sul cellulare? Di fronte a lei c'era un telefono con il filo, accompagnato da un gentile biglietto che spiegava agli ospiti come prendere la linea. Poteva telefonare a casa! Dovette ripetere il numero, le lunghe dita tremavano e premevano i tasti sbagliati. Si asciugò il sudore sulla fronte con un lembo del pigiama, faceva davvero troppo caldo.

Se lei era nel corpo di lui, lui era nel suo, vero? A casa con i ragazzi, vero? Silvia e Oscar non erano soli, vero?

Cadde la linea senza che nessuno rispondesse. Con la gola secca, ricompose il numero. Aggiunse una preghiera a ogni squillo.

Finalmente risposero. Silvia. Seria, con il broncio e la voce di bambina. La sua bambina.

«Tesoro, state bene, Oscar? Papà è con voi?»

«Papà? Sei tu?»

Sua figlia l'aveva scambiata per Marco, per forza, Claudia aveva non solo l'aspetto, ma anche la voce di suo marito. Cazzo, cos'era successo?

«Sì, sì, sono io, tesoro. State bene?»

«Certo, che domande fai?»

«La, ehm, la mamma?»

«In garage, sta mettendo in moto la macchina.»

«Sta... sta bene?»

«Boh, sì» mugugnò Silvia sempre più perplessa. «Fa un po' più la matta del solito, ha messo le scarpe da ginnastica, forse ha la febbre.»

Le ginocchia si sciolsero come cioccolato sulla fiamma. Meno male, i ragazzi non erano a casa da soli, Marco era con loro. Erano... «Ancora a casa? Farete tardi a scuola!»

«Colpa della mamma, stamattina ha dormito fino a tardi e bruciato il latte. Ho dovuto vestire io Oscar!»

Divertente, Marco che preparava la colazione. «Vai in macchina, tesoro, o farai tardi.»

«Ok.»

«Dì a papà, a mamma, che chiamo più tardi.»

Claudia riagganciò. Di colpo la stanza sembrava più bella e più grande. Si sedette sul bordo del letto, morbido, rimbalzò un paio di volte e sorrise.

Era nei panni di suo marito e suo marito nei suoi. Un segno del destino, o magari una prova? Doveva desumere qualcosa vestendo gli abiti di suo marito? Erano comunissimi completi giacca e pantaloni, eccone spiegati un paio nell'armadio, quello blu scuro e il gessato. Formali, eleganti, niente di speciale. Aveva sempre sostenuto che il grigio cenere avrebbe messo in risalto le iridi di suo marito, il viola spezzato la monotonia, oppure il nero aumentato il fascino, invece lui si ostinava a restare nella piatta normalità. Ora che toccava a lei vestirlo, avrebbe soddisfatto la propria curiosità comprando un completo che gli si addiceva. Marco l'avrebbe ringraziata.

Magari non era lei a dover apprendere qualcosa nei panni di lui, bensì lui vestendo i suoi. Aveva molto più senso.

Entro poche ore, al massimo quella notte, tutto sarebbe andato a posto. Tanto valeva aspettare e andare un po' in giro nell'attesa. Non era mai stata a Roma, non era mai stata da nessuna parte se si eccettuava il viaggio di nozze di una manciata di giorni ai Caraibi e le vacanze da adolescente a Lignano Sabbiadoro. Se era davvero dove al posto di Marco, e la vista mozzafiato oltre le tende lo confermava, si trovava nella capitale. Aprì la finestra e la città entrò nella stanza, allegra, elettrizzante. La luce calda del sole autunnale, lo scintillio del Tevere sonnacchioso. Richiami dalla cadenza allegra, auto in movimento, profumo di caffè, saracinesche che si aprivano pigre, Claudia li inspirò tutti a pieni polmoni. Roma la aspettava.

Il primo ostacolo si rivelò la cravatta. Marco si ostinava a stringerla come un cappio al suo bel collo, lei però sapeva come fare meglio, andava portata allentata, alla stregua di un artista bohémien che si goda infine la vita.

Non riuscì ad annodarla in nessun modo, né stretta né lenta, quelle dita lunghe e sconosciute rifiutavano di obbedire. Rinunciò con una scrollata di spalle. Che importava la cravatta a un turista!

Il secondo ostacolo fu il rasoio, che spuntava dalla borsa del bagno. Si depilava da trent'anni il corpo intero, la barba sarebbe stato uno scherzo. Invece scoprì che il viso di un uomo ha più curve e avvallamenti di una caviglia. Che palle, e suo marito si impegnava in quell'assurdo lavoro ogni mattina. Nessuna sorpresa che fosse un uomo così noioso. Zittì il rasoio e lo gettò in valigia con un centro perfetto. Dallo specchio suo marito la fissava, un po' deluso.

Via, nessuno avrebbe notato la barba di un giorno, e poi chi diavolo doveva vederla se non una massa di sconosciuti? Strizzò l'occhio a suo marito allo specchio. Era ancora un bell'uomo, e con quell'aria un po' sbarazzina e informale che lei gli aveva appena conferito diventava irresistibile.

Claudia lo sapeva, fin dal giorno in cui l'aveva conosciuto al pub che Marco doveva smettere di essere così serioso e snob. Se n'era stato in un angolo a sorseggiare birra e giudicare tutti, a cominciare dal suo ex Davide che sul palco imitava Bon Jovi. Per fortuna nella sua vita era entrata lei.

Un tiepido deciso bussare la fece sussultare.

Si strinse nel pigiama e andò alla porta con il cuore in gola.

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