CAPITOLO 59

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I'm praying to God you'll give me one more chance, girl 


In camera c'era Silvia, come sperava. Sdraiata sul letto, come temeva. Vestita e con perfino le scarpe, come non osava credere. In lacrime, come non si aspettava.

La ragazza sollevò il viso dal cuscino bagnato, le guance arrossate e gli occhi lucidi iniettati di sangue, un'espressione che spezzava il cuore.

«Cosa vuoi?» gracchiò. «Che cosa fai qui? Sei sempre in ritardo, perché proprio oggi devi essere a casa presto?»

Marco lasciò cadere la mano al fianco, la porta scricchiolò. In un istante appena la rabbia era passata dal suo cuore a quello di sua figlia, lasciandolo talmente senza fiato da non riuscire a rispondere all'aggressione.

«Lasciami in pace! Cos'hai da ieri, sei definitivamente impazzita? Siamo riusciti Oscar e io a renderti pazza? Bene, puoi andartene in un ospizio per matti e riposare! Vattene!» Delirava come un'adulta, piangeva come una bambina.

Marco si avvicinò. «Che cos'è successo?»

«Niente, vattene!»

Prese al volo un peluche che gli venne lanciato contro, si fermò nel mezzo della stanza, tra i giocattoli e i poster di quel ridicolo gruppo musicale che sua figlia ascoltava da mesi. «Dove sei stata dopo la scuola?»

Silvia fece per inforcare le cuffie. Marco gliele strappò di mano e ripeté la domanda.

«Da Lidia a studiare.»

«Perché dovrei fingere di crederti?»

«Perché sì!»

Prese un respiro profondo. Aveva una voglia matta di chiudere la porta e lasciare correre, lasciare a Claudia l'incombenza, giustificarsi che lui era il padre quindi non era capace. Però cos'era Claudia che lui non fosse adesso?

«Lui ti piace?»

I singhiozzi si fermarono per un breve, rivelatorio momento. Marco si sedette sul letto, il più lontano possibile da Silvia, i pugni ben saldi sotto le ascelle.

«È qualcuno che conosco?»

Difficile, dato che a stento ricordava una manciata di nomi di ragazzi e ragazze della classe di sua figlia.

«Ti vuole bene quanto ne vuoi a lui?»

O era una lei?

Accanto alla sua mano il polpaccio di Silvia aveva smesso di tremare. Indossava gli abiti di sua madre e gli stivaletti di cuoio che facevano apparire i suoi piedi dei carri armati, e rendevano letale un calcio ben piazzato nei testicoli di un uomo. Altro che teatro, l'avrebbe iscritta a un corso di arti marziali.

«Ti prego, parlami» mormorò stremato. «Mi strazia vederti così.»

Attese e attese, il viso di Silvia restava muto affondato nel cuscino. Alla fine, con il cuore e la mente incatenati da ogni possibile congettura sulla tragedia che l'aveva portata alle lacrime, il padre si alzò.

«Chiunque sia, tesoro mio, non ti amerà mai più di me.»

«Sono incinta.»

Marco indietreggiò fino al muro, senza riuscire ad andare oltre. Silvia si mise a sedere e vuotò il sacco.

Era innamorata di lui da mesi. Convintissima. Era simpatico, bello, bravo. Marco interruppe l'elenco di pregi e chiese il nome, Lei strinse le labbra, le fossette apparvero a domandare scusa. Eluse la domanda e continuò: due settimane prima aveva deciso di confessargli i propri sentimenti, aveva aspettato che gli altri uscissero e con la scusa di chiedergli una cosa era rimasta sola con lui vicino agli appendini dei costumi.

«Lorenzo?» balbettò Marco scoprendo finalmente una luce. «Il tuo insegnante di teatro? Quello sbarbatello, quel ragazzino di vent'anni, quel... quel...» non gli veniva in mente niente di abbastanza grave.

«È un artista.» Silvia tirò su col naso per l'ennesima volta. «Non ha vent'anni, ne ha diciannove.»

«Enorme differenza!» sbottò cercando nella nebbia rossa che si addensava per la stanza un pacchetto di fazzoletti da porgere a sua figlia.

Come si era permesso quel poco di buono con la faccia da ragazzino di fare questo a sua figlia? Incinta! Sant'Iddio, una dodicenne!

A diciannove anni gli ormoni sono fuori controllo, ricordava anche lui di aver avuto difficoltà a far funzionare il cervello a quell'età, ma... sant'Iddio, dodicenne!

«Non mi ha voluta.» Silvia riprese a piangere.

Il cuore di Marco ribollì. Come si permetteva di non volere sua figlia? Era bellissima, intelligente, seria, composta.

Dodici anni!

Bravo, non la voleva.

Dunque cosa avevano combinato in due settimane?

"Sicuro che voglio ascoltare?" Era già abbastanza terribile immaginare sua figlia avvinghiata a un ragazzo.

«Perdonami, tesoro.» Chiuse gli occhi, inspirò. «Cosa avete fatto?»

Silvia sospirò esasperata consumando fazzoletti. «Ci siamo baciati. Ok, l'ho baciato io, mi sono buttata al collo. Forse ho esagerato. Siamo caduti sulle coperte e le attrezzature. È alto Lorenzo, sai, all'inizio ha cercato di tirarsi indietro.»

Marco stritolava le coperte per non correre a stritolare il collo del ragazzo che si era tirato indietro soltanto all'inizio. «Poi?»

«Poi, uffa mamma, cosa vuoi che sia successo!»



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