CAPITOLO 62

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No one can save me / The damage is done


«Avevi bisogno di rilassarti, e i tuoi desideri sono ordini.» Biondi sorrideva abbagliante alla confusione di Claudia mentre le apriva la porta del locale.

Luci basse e musica vagamente orientale di sottofondo. Un bancone cupo, una statua dorata di un manekineko cercava di attirare soldi con una zampa sollevata che oscillava in continuo, irritante movimento. Una ragazza che poteva avere a malapena diciotto anni in un completo di pelle li accolse con estrema gentilezza. Aveva un italiano perfetto, una timidezza accennata nella vibrazione delle erre.

«Bentornato, signor Biondi. Un tuo amico?»

«Abbiatene cura» ordinò lui in modo strano mentre scribacchiava sul registro.

«Preferenze?»

Biondi si picchiettò il mento. «Tailandese. Ha bisogno di rilassarsi.»

La ragazzina aggirò il bancone. Indossava stivali a zeppe altissime, la pelle scricchiolava con un vago sentore di plastica. Si avvicinò e soppesò Claudia con occhio esperto. «Mali fa al caso suo.»

Lei retrocesse. «Chi è Mali?»

«Tailandese. Come richiesto.»

«Ha chiesto un massaggio tailandese, non una ragazza tailandese» replicò. La questione stava cominciando a farsi fin troppo chiara.

L'incenso da qualche parte filava una nebbia vacua che confondeva i contorni e serrava lo stomaco.

«Ti piacerà» affermò Brian con il peggiore dei sorrisi. «Puoi fare ciò che vuoi. Qui non ci sono limiti.»

Claudia deglutì. «È per questo che ti piace questo posto?»

Biondi scrollò le spalle. «Non a me. Ai miei amici.»

«Quelli dei profumatori per ambienti» concluse. «Ce li porti sempre?»

«Ogni volta che vogliono rilassarsi, come te. Di solito li mando con l'autista, non li accompagno. Per te ho fatto un'eccezione.»

Gli fece un inchino ironico. «Quale onore. Sprecato. Non farò sesso qui dentro.»

«Puoi mettere in conto alla Gabi Group. Il tuo amico Quarti lo fa, e altri pezzi grossi della tua azienda.»

Di colpo, come un cavo elettrico che esploda sovraccarico e faccia sussultare un paese intero, Claudia capì. Quarti che telefonava per assicurarsi dell'audit, chiedeva di Biondi, suggeriva locali a luci rosse. Alla Gabi Group alcuni dirigenti erano d'accordo con Biondi, aveva temuto che Benvisi potesse smascherare i loro passatempi con prostitute minorenni a spese dell'azienda. Per questo Marco non aveva mai trovato prove del fallimento ed era dovuto andare a Roma. Poi nell'ultima telefonata aveva dichiarato di uscire a "divertirsi" con Biondi, Quarti si era convinto che anche Benvisi fosse corrompibile e fine delle telefonate.

Si schiarì la gola dove un grumo acido era risalito dallo stomaco. «Non farò sesso a pagamento, né adesso né mai.»

«Peccato, ne hai bisogno.» Brian Biondi infilò le mani in tasca, a suo agio quanto una zecca nel pelo. «Queste ragazze, dicono, sono stupende. Non lasciarti ingannare dalla vetrina qui, di sopra tengono il meglio per la gente di classe.»

«Sono minorenni.»

«Non ne hai le prove.»

«Fai schifo.»

«Può darsi. Tu piuttosto: ormai sei dentro, rovinato, e non ti resta che trarne almeno un po' di piacere.»

Claudia si mise in guardia. «Che stai dicendo?»

«Le telecamere di sicurezza ti hanno registrato, Marco, e il tuo nome sta su quel registro» ghignava Brian, le labbra arcuate dalla crudeltà. «La tua reputazione è rovinata.»

«Sei entrato con me.» Incassò la testa fra le spalle, un pugile in difesa. «Anche tu sei sui nastri, anche tu rovinato.»

«Mi spiace essere meno fotogenico di te. Sto attento a evitare le telecamere.»

Come nella fotografia di Irene.

Si guardò intorno in cerca di aiuto. La ragazza era tornata al banco e fingeva di non ascoltare concentrata sul registro. Niente telefoni, voci, nient'altro che alienanti suoni di gong e gocciolii, e la nebbia, pungente e aromatica, che si avvicinava dalla penombra di un lungo corridoio, dove Claudia intravedeva solo neon incerti e porte chiuse. Il gatto rideva ticchettando la zampa come un demonio.

«Non mi puoi ingannare. Io...» Trovò la soluzione, sorrise. «Io non ho firmato quel registro.»

Brian sistemò gli occhiali da sole in cima alla testa. «Certo che no. L'ho fatto io.»

Era vero. Sul bianco puro delle pagine, in calce a una sfilza di nomi, l'ultimo, tracciato con inchiostro nero, era quello di Marco. Una perfetta imitazione della sua firma.

Per la prima volta, ebbe paura di Brian.

«Da quando sai firmare come me?»

«Una precauzione che ho preso prima che arrivassi. Non mi fido mai degli ispettori, meglio essere pronti a gestirli in ogni situazione.»

«Ti denuncerò.»

Biondi rise, gettando indietro il capo in quel modo che le era piaciuto tanto. «Provaci, conoscerai qualche mio amico che mi deve un favore. Allora,» incalzò mentre Claudia indietreggiava verso lo spicchio di sole all'ingresso. «Ti lascio le chiavi del Cayenne o torni in taxi?»

Claudia tentò di prendere fiato, strangolata dalla nebbia d'incenso.

«Non hai scampo, Marco» sospirò Biondi fingendo pazienza esasperata. «Devo proprio spiegarti ogni dettaglio? Puoi lasciarmi dichiarare fallimento e rescindere il contratto dalla Gabi Group senza penali. Oppure puoi diventare il nuovo scandalo nazionale, finire con la tua famiglia sulle prime pagine dei giornali, vedere il tuo nome associato ai peggiori maiali della storia del paese.» Aprì un giornale immaginario e con sdegno lesse:

«Padre di famiglia, sposato, paga ragazzine dell'età di sua figlia anziché salvare duecento colleghi. Tsk, tsk. In che mondo andremo a finire».

«Non puoi farlo» gracchiò Claudia. Quell'uomo non poteva rovinare con tanta facilità la vita e la reputazione di suo marito. Con una macchia del genere Marco avrebbe perso il lavoro, la faccia, la testa.

Biondi sollevò gli occhiali sulla cima del capo, nelle iridi si rifletteva il palpito dorato del manekineko affamato di denaro. «L'ho già fatto.»



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