CAPITOLO 19

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He's down on his luck / It's tough, so tough


Avrebbe preferito usare la sua cara Audi, però l'assicurazione autorizzava soltanto Marco Benvisi come guidatore. Nessun vigile gli avrebbe creduto se avesse negato di essere sua moglie.

A malincuore tradì la confortevole amica per la ristretta, antiquata e odiata Citroën di Claudia, il cui orologio decretava che erano ufficialmente in ritardo. Richiuse la portiera con un colpo secco e cercò le chiavi nel bailamme della borsa.

Spuntava da sotto il sedile del passeggero una scarpa scura di camoscio, che Claudia definiva "per le emergenze" e si ostinava a lasciarla nel disordine dell'auto. Marco si era sempre chiesto quali potessero essere emergenze tali da costringere una donna a tenere un paio di scarpe nella propria automobile. Ignorò la scarpa, chissà poi dov'era l'altra, avviò il motore con un ruggito che fece tremare le vecchie lamiere, premette la frizione e affondò il cambio soprappensiero. La leva si rifiutò di innestarsi con fragore, tentò allora con più delicatezza. La marcia non entrò. Silvia e Oscar salirono in auto come se quel frastuono fosse normale e continuarono tranquillamente a bisticciare.

Sua moglie aveva detto che l'auto dava noie, ma non aveva chiarito che si trattava di un vero e proprio problema, non era mai precisa!

Di nuovo l'auto rifiutò di obbedire. Contro le proprie abitudini, la propria natura, le proprie credenze, Marco picchiò il volante con un pugno. Il clacson esplose nel garage come una fragorosa risata di scherno.

«Mamma, quand'è che fai riparare questa macchina?» Silvia premeva i palmi sulle orecchie assordate.

«Ottima domanda, quando sento mamma, cioè papà, glielo chiedo.»

«Ha telefonato adesso.»

«Chi?»

«Papà.»

Marco ruotò come durante un testacoda. «Dove?» ruggì, spaventando per primo se stesso.

Silvia si ritrasse sul sedile, schiacciandolo quasi potesse nascondercisi. «Al telefono, mamma, dove vuoi che abbia telefonato?»

Prese fiato, si promise di affrontare più tardi la ribellione adolescenziale, e chiese svelto, così svelto che sua figlia non intese e lui dovette ripetere:

«Era a Roma?»

«Uffa, non so.»

«Cosa ha detto?»

«Ha chiesto se stessi bene. Le ho detto di sì.» La figlia lo guardò dallo specchietto retrovisore come cercando una conferma.

«Poi?» Marco riversava sulla leva del cambio le proprie frustrazioni. «Sta andando alla Mida, c'è Lia, ha trovato la borsa, il mio computer, i documenti?» Finalmente l'auto obbedì e con la prima inserita si lasciò guidare verso la scuola.

«Poi niente» disse Silvia guardando fuori dal finestrino i pochi ritardatari che li superavano.

«Impossibile, non può non aver detto niente!» esclamò tentando di inserire la seconda senza successo.

«Spicciati, mamma, odio essere l'ultima, non lo sono mai stata.»

«Prenditela con questa stupida auto.»

«Mamma, fai le tagliatelle stasera?» si intromise Oscar mangiucchiando il colletto della giacca.

«Spero di non arrivarci a stasera, e togliti quella roba dalla bocca» minacciò dallo specchietto retrovisore.

Oscar obbedì con gli occhi lucidi.

Sant'Iddio, era proprio un pessimo padre. Madre. Padre! «Silvia, allora, che altro ha detto?»

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