CAPITOLO 23

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We don't run / I'm standing my ground


Il centralinista aprì meravigliato. «Ha dimenticato le chiavi, signora Raso?»

«Chiavi? Ah, certo. Mi ricorda il piano?»

Qualche piano più in alto, fuori dall'ascensore, c'era la NovaCom. Marco non sapeva dove fosse il proprio ufficio: per non darlo a vedere evitò gli sguardi, i saluti, le persone, e marciò sicuro pestando i tacchi sul pavimento di laminato.

Antonella lo ritrovò in corridoio, di fronte al distributore automatico, a fissare lo slogan aziendale alla parete e ad aspettare con indegna tranquillità che l'apparecchio erogasse il bicchierino di plastica con un dito o due di liquido marroncino.

«Claudia, ti sembra il momento di prendere un caffè? Federica sarà qui tra poco e non hai nemmeno acceso il computer, ti farà il culo se... ma... da quando bevi caffè?»

«Questo no di certo.» Marco gettò nel cestino bicchiere e l'acqua sporca che conteneva. Sua moglie al contrario di lui non beveva caffè.

«Ti senti bene?» indagò Antonella, masticando una gomma con frenesia crescente e irritante. «Come sei vestita?»

Le scarpe. Si vedeva così tanto che gli facevano male? «Sì, stavo giusto pensando di tornare in macchina e mettere quelle da ginnastica.»

Antonella lo guardava, la bocca già larga spalancata in un urlo muto. «Che ti prende? Cos'hai oggi? È in gioco la tua carriera e tu ti presenti come se... hai bevuto ieri sera?»

Claudia si concedeva un goccetto di troppo, lui l'aveva pensato spesso, però come faceva Antonella, una collega, un'estranea, a sapere delle abitudini di sua moglie, e soprattutto come si permetteva di parlarne?

«Sono solo un po' tesa.» Ottima scusa, sua moglie era sempre stressata.

Antonella annuì. «Tesoro, non puoi cedere ora.»

Nessuno dei suoi colleghi lo chiamava con appellativi, tantomeno affettuosi. Se Antonella fosse stata un uomo, alla Gabi Group Quarti e altri colleghi lo avrebbero già considerato un finocchio.

«Ehi, Claudia.»

Si rilassò riconoscendo la voce. Daniele, il capo grafico, o qualcosa del genere. Niente paura, anzi. Con Antonella, facevano già due persone che conosceva, non poteva fare gaffe con loro: prendere il posto di sua moglie non sarebbe stato difficile.

«Ehilà, Daniele, come va?» Gli batté una pacca sulla spalla, più alta di quanto ricordasse.

Il grafico strizzò le palpebre quasi non riuscisse a metterla a fuoco. «Stai bene?»

«È quello che vorrei sapere» si intromise Antonella, prendendo Marco sottobraccio.

«So camminare da solo» disse lui liberandosi dalla morsa. Barcollò sui tacchi, cercando un sostegno per poco staccò una delle lettere sgargianti dello slogan aziendale.

«Se lo dici tu.» Daniele gli allungò un foglio, una e-mail piena di errori di battitura.

Di nuovo stabile sulle gambe, Marco se la rigirò tra le mani. «Sarebbe?»

Daniele arrossì fino alle orecchie, curvo come se un peso lo schiacciasse. «Guarda che non mi bastano i pranzi.»

«Non capisco.»

«Lascia stare.» Daniele gli strappò il foglio e scomparve nel corridoio. «Puoi scordarti altri favori.»

«Non capisco.» Erano diventati tutti matti?

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