CAPITOLO 82

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And I swore I'd never let you go Together - forever


Inciamparono e incespicarono, slacciavano bottoni e sfilavano stoffe, urtarono il grande specchio nell'angolo, caddero sul materasso abbracciati dalla luce calda della abat-jour rovesciata.

«È così strano» disse lei guardando se stessa. Tremava. «Voglio abbracciare te, invece devo toccare me.» "Se voglio amare lui, devo amare me."

Rotolarono in cerca di una posizione più comoda.

Soltanto più tardi ricordò di aver intravisto nello specchio, per la durata di un battito di ciglia, un'ampia gonna rossa, una chioma nera e il viso come il sole. Al momento, aveva altro a cui pensare.

«Concordo» rispose lui contro il suo collo, poi aggiunse che non gli importava un accidente.

Claudia sorrise, il sorriso sghembo che lui adorava. «Adoro la tua nuova franchezza. Però potremmo non tornare più come prima.»

«Non siamo già più come prima. Adesso vieni qui.» Zittì i dubbi con un bacio e coprì entrambi con le lenzuola. «I'm a fighter, I'm a poet, I'm a preacher» mormorò d'un tratto sulle sue labbra. «If you show me how to get up off the ground, I can show you how to fly and never ever come back down

Sotto di lui, Claudia ridacchiò, le pupille dilatate. «Volevi insegnarmi a manovrare?»

«Vieni più vicino.»

Quando la toccò, lei si tese, reclinò il capo all'indietro, il soffitto si annebbiò. Era un anno, un secolo che non stavano così, vicini, nudi fino all'anima.

Lo strinse a sé, lo assecondò dapprima, condusse poi. Impossibile stabilire dove finisse uno e iniziasse l'altra, fino all'orgasmo che cancellò il limite che li divideva.

Tornarono fluttuando al presente, la luce della lampada rotolata dietro il comò e la casa silenziosa e calda. Riprendevano fiato, le mani intrecciate in mezzo a loro sul materasso.

«Ti amo e ti odio ogni giorno» confessò lui.

«Ma ancora ti voglio vicino» concluse lei.

Si cinsero in un abbraccio sonnolento.

Forse dormirono, forse sognarono, forse era ancora notte oppure già giorno. Difficile a dirsi con il pigro inverno che invitava a dormire a lungo. A un'ora indefinita Marco sollevò le palpebre. Ebbe l'impressione di trovarsi in un bozzolo morbido e chiaro al cui centro galleggiava il suo cuore. La finestra si tingeva di luce grigia e soffice, uno spicchio di cielo tra le tende mostrava nuvole indolente. Il silenzio dalla strada gli ricordò che era un giorno di festa, in cui si usava andare a trovare i propri morti. Poteva verificarlo con facilità girando il capo verso l'orologio sul comodino. Rimase immobile.

Gli bastò un dito per superare la distanza e sfiorare il corpo accanto a lui. Era caldo, solido. Seguì ogni curva. Salì ogni piega. Riconobbe il modo in cui sospirava e si stiracchiava.

Aveva in mente di abbracciarla e rimettersi a dormire. Un piano facile, fattibile.

Si sollevò sui gomiti. Con altrettanta confusione Claudia lo guardava, con lunghi ciuffi spettinati, gli occhi neri socchiusi nel tentativo di mettere a fuoco, la bocca che disegnava piano piano il sorriso sghembo tanto atteso. Le sfiorò la guancia, la fede al dito era di nuovo quella grande, le nocche prominenti, le dita giuste.

Strinse la compagna, affondò il viso nella piega calda del suo collo, mormorò quanto avrebbe voluto gridare, mentre i palmi di lei premevano sulla sua schiena nuda. «Un brindisi?»



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Le citazioni in questo capitolo sono:


Sono un combattente, un poeta, un predicatore / Se mi mostri come rialzarmi, posso mostrarti come volare e non tornare mai più giù (Lay your hands on me).

Canzone Per DueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora