CAPITOLO 47

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These days you've even harder to believe / I know how busyyou must be, but Hey God... 


«Mamma, andiamo?»

Per un attimo Marco volle mandare al diavolo lavoro e scuola per restare a casa con i ragazzi e divertirsi con loro, fare ciò che fino ad allora si era perso. Il planetario, un museo, una gita al lago, un gelato. Il lago e il gelato erano sconsigliati in ottobre, e Claudia aveva una riunione importante.

Si tenne per sé l'idea bislacca, deciso a implementarla nel fine settimana. Infilò cappotto e borsa e fece strada ai ragazzi fuori di casa.

«Buongiorno!» Meraviglia stava chiudendo l'appartamento di fronte, anche di spalle rivolse loro un saluto dolce come una cassata appena sfornata.

Silvia, dopo aver mugugnato un ciao appena comprensibile accompagnato da un saluto con la mano, cominciò a scendere in fretta le scale. Oscar si nascose dietro le gambe di Marco, impedendogli di chiudere la porta.

«Oscar, spostati, saluta Meraviglia.»

«Oh, non importa, mi potrà salutare in aula oggi» intervenne la giovane supplente con un sorriso ancora più largo che ne strappò uno timido al bambino.

«Hai lezione con Meraviglia oggi?» Marco cercò il nodo della cravatta da allentare. I suoi figli adoravano la vicina e insegnante, era evidente dal modo in cui ne parlavano. Perché né lui né Claudia le avevano mai concesso una parola?

«Manca la Vanessa» borbottò Oscar appendendosi alla gonna della madre.

«Per favore, non spogliarmi: ho faticato a infilare queste maledette calze» e Marco sistemò l'abito.

«Sta bene, stamattina, signora. Come sempre» aggiunse in fretta Meraviglia, con un sorriso sulle guance morbide come babà. «Per me è sempre un casino apparire perfetta e intanto dimostrare le mie capacità, e faccio l'insegnante, quindi si dà per scontato che in quanto donna ne sono capace. Invece in altri campi, tipo il suo, sono gli uomini a essere dati per scontato.»

«Ho molte colleghe» ribatté Marco, offeso come uomo. Poi pensò a Lia. Sempre ben vestita, mai un capello fuori posto, mai un paio di scarpe da ginnastica.

Se mai fosse tornato alla Gabi Group, avrebbe chiarito che poteva vestirsi come le pareva, che non erano i tacchi così come non era la cravatta a fare un buon lavoro, e che se il valore si misurasse in Rolex o gemelli, Quarti sarebbe stato un genio.

«Grazie per i complimenti. Una donna è molto più di quello che sembra.»

«Noi lo sappiamo bene.» Il sorriso di Meraviglia si spense. «Però anche per gli uomini non sembra facile. Si dà per scontato che siano forti, sicuri di sé e violenti.»

Se si fossero presi la briga di ascoltare prima Meraviglia, forse lui e Claudia avrebbero evitato quell'assurdo scambio d'abito.

«Sei sposata, Meraviglia?» Abitava vicino a lei da cinque anni e non la conosceva per niente.

«Dopo la laurea mi piacerebbe, anche se sarà difficile trascinare il mio fidanzato. Non tanto davanti all'altare, quanto giù dai miei parenti.» Parlò senza cattiveria, con la dolcezza di chi sa che non si può chiedere troppo a nessuno, nemmeno per amore.

«In cosa ti stai laureando?»

«Pedagogia. Manca soltanto la tesi, poi potrò tentare il concorso.»

Accennò che la sua tesi trattava il ruolo del padre al giorno d'oggi tra stereotipi e nuove condizioni, però non aveva tempo di parlarne, doveva correre a scuola, era già in ritardo, scomparve sulla rampa delle scale.

Marco prese l'ascensore.

Silvia e Oscar aspettavano in auto, la sorella dava le spalle al fratello immersa in inarrivabili pensieri. Durante il viaggio Oscar si assicurò che la madre sapesse a che ora iniziasse la festa al parco.

«Vi andrebbe se invitassimo Meraviglia a cena uno di questi giorni?» chiese mentre premeva con cautela la frizione e l'acceleratore, girando al contempo la chiave nel cruscotto.

Colta impreparata dalla trovata del guidatore, l'automobile rimase accesa e si lasciò condurre fuori dai box. Marco colpì l'aria con un pugno di vittoria.

«Perché?» Il figlio era sbalordito. «È una maestra.»

«Ti confonde se una maestra esce da scuola ed entra in casa?» sorrise il padre.

«Certo.»

«È un essere umano, ha una casa e una vita. Sembra simpatica.»

«Molto» confermò Oscar, esitante.

«Tu cosa ne pensi, Silvia?»

Dovette ripetere la domanda.

«Per me...» rispose lei con una scrollata di spalle aprendo la portiera per scendere.

Marco lo prese per un assenso e li salutò entrambi. «Oscar, mi raccomando, segui Silvia fino al cancello, proprio là avanti.»

Si allontanarono mano nella mano nella bolgia fino a che entrambi sparirono, ognuno inghiottito dai muri della propria scuola.



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