CAPITOLO 32

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I need a respirator /'cause I'm running out of breath 


Il pranzo era stato allestito nella sala riunioni. Claudia e Lia vennero chiuse là dentro. Sedettero alle estremità opposte del tavolo, dove al centro qualcuno aveva apparecchiato con una montagna di tovaglioli, una torre pendente di bicchieri di carta, bottiglie d'acqua e piccoli vassoi avvolti in plastica e alluminio. Finger food. Da mangiare con le mani e in fretta, in porzioni non più abbondanti di un'unghia.

Era soltanto sfortunata o suo marito aveva l'abitudine in trasferta di evitare ristoranti o trattorie tipiche dove consumare con calma un pasto decente?

Biondi le aveva lasciate per mandare qualche e-mail, presto anche Lia si rifugiò dietro al proprio portatile digitando disperatamente sulla tastiera. Claudia, al quarto tramezzino, notò che la sua avversaria aveva sbocconcellato come un passerotto inappetente. Doveva essere una di quelle persone alle quali l'agitazione chiude lo stomaco.

Lei invece era affamata. Le sue dita tentennarono sopra l'ennesimo tramezzino. Al diavolo, stava nel corpo di Marco adesso, che non ingrassava di un chilo nonostante le schifezze che mangiava ed era sufficientemente alto da nascondere bene la pancetta sotto le pieghe della camicia. Voleva o no sfruttare i vantaggi dell'essere un uomo, visto che fino a ora erano stati inferiori alle aspettative?

Trangugiò e bevve a sazietà, trattenendosi soltanto dal chiedere vino o birra perché qualcosa le diceva che Lia non avrebbe retto all'ennesima assurdità.

Quando non ebbe più altro da fare che pulirsi le mani e fissare la parete o Lia che copiava gli appunti al computer, Claudia prese il portatile. Voleva cercare su internet la più vicina meta d'interesse dove correre a fare la turista non appena quella noia di audit fosse finito.

Il computer pretese di nuovo la password. Piuttosto che chiedere a Lia, sarebbe rimasta a braccia conserte per due ore.

«Ha chiamato Quarti mentre eravamo in produzione» disse Lia concentrata sul lavoro. «Ha bisogno di parlarti, pare che il tuo telefono sia spento o irraggiungibile.»

Claudia emise il solito grugnito indecifrabile. Di quel poco che conosceva del lavoro di suo marito purtroppo era incluso Quarti, il precedente capo di Marco, che lei aveva avuto la sfortuna di incontrare durante le feste aziendali in cui la Gabi Group coinvolgeva le famiglie dei dipendenti. Concludere una mattinata noiosa, per non dire disastrosa, discutendo con quel porco borioso? No, grazie, cazzo!

«Dopo!» sbottò decisa. «Ho altro da fare.»

Come stavano i ragazzi? Marco non era mai rimasto tanto a lungo da solo con loro, né lei era mai rimasta tanto a lungo così lontana. Doveva telefonare a casa, altro che a Quarti. A quell'ora però era inutile, bisognava aspettare che i ragazzi rientrassero da scuola.

Colse un leggero sbuffo dall'altra parte del tavolo, amplificato dal silenzio della piccola sala. Lia era spazientita dall'insubordinata risposta del proprio capo.

Claudia finse di non accorgersene: le riusciva bene, aveva alle spalle anni di allenamento con Federica. Spense il portatile che ancora aspettava la password, incrociò le gambe come preferiva e studiò la parete giallognola, che aveva urgente bisogno di una ritinteggiata.

Il buonumore tornò dopo un'eternità insieme a Biondi.

Claudia si alzò in piedi mandando la sedia a sbattere contro la parete alle sue spalle. «Prima iniziamo, prima finiamo.» Guardò Lia che ancora picchiettava sul computer. «Vieni con noi o hai da fare?»

Lia prese il tablet per gli appunti e la seguì senza una parola.

Fu il turno del reparto amministrazione. Biondi fece da Cicerone in un secondo open space luminoso e silenzioso quanto il primo, dove presentò gli addetti alle fatture e agli accantonamenti, all'assicurazione e alle scritture contabili. Li affidò poi a una signora sulla sessantina, Giuseppina Molletta, che Biondi presentò come Nina.

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