CAPITOLO 5

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Sometimes I sleep, sometimes it's not for days / And the people I meet always go their separate ways


Marco avrebbe rinunciato volentieri a quel viaggio per starsene in ufficio, o meglio ancora a casa, se non ci fossero stati di mezzo gli stipendi dell'intera Gabi Group.

L'indomani lo aspettava uno scontro in pieno stile quality assurance, come diceva Lia: una guerra cortese, a colpi di osservazioni e non conformità, caffè e procedure, domande trabocchetto e controlli incrociati, per scoprire i punti deboli di chi veniva sottoposto all'ispezione. In condizioni normali, un audit servirebbe a evidenziare le debolezze del fornitore e suggerire miglioramenti che si sarebbero ripercossi a cascata fino al prodotto e ai clienti della Gabi Group. Lui invece era a Roma per trovare il difetto nella Mida Farmaceutici e distruggerla, prima che l'amministratore delegato della Mida, Brian Biondi, distruggesse tutti loro.

Aveva appena quarantatré minuti per un giro frettoloso di doverose compere ai ragazzi, poi di nuovo al lavoro. Non considerò alternative: se Biondi avesse vinto la partita, la Mida Farmaceutici avrebbe dichiarato il fallimento e la Gabi Group avrebbe perso il suo fornitore più importante senza nemmeno ricevere un euro del rimborso che da contratto avrebbe potuto esigere. La casa madre avrebbe visto produzioni e introiti colare a picco, tempo un anno avrebbe rifatto il calcolo delle teste nella filiale italiana e sarebbero iniziati i tagli. La Gabi Group era un'azienda storica, dava da mangiare a una città intera. Centinaia di posti di lavoro, incluso il proprio, erano nelle mani di Marco e dipendevano dalla sua abilità di condurre l'audit nei due giorni successivi.

Lo stipendio di Claudia era ridicolo, lo spettro della disoccupazione spiava da dietro l'angolo i suoi ragazzi, la sua casa, la sua vita. Lui doveva continuare a lavorare alla Gabi Group, ci lavorava da sempre, non sapeva fare altro.

Contava alle spalle centinaia di audit, condotti sempre in modo eccellente a detta dei colleghi, dei superiori e perfino dei clienti.

Avrebbe fatto un lavoro perfetto come al solito, così da trovare la falla della Mida, smascherare l'imbroglio e salvare il posto. Poco importava chi si sarebbe parato di fronte per impedirlo: non temeva nessuno, neanche un amministratore delegato corrotto e con tanto di titolo nobiliare come Biondi.

Fine della discussione.

Stava infilandosi le scarpe quando Elio Quarti chiamò.

«Ehilà, Benvisi, how are you

«Buonasera, Quarti» rispose con ben minore cameratismo.

«Già a Roma? Sempre al lavoro, mai un attimo di tregua.» Rideva come riderebbero i porci, grugnendo, e a dispetto degli animali il responsabile audit Italia era meno utile.

«Non cambio mai» concesse acchiappando la giacca.

Un'esclamazione, una parola in inglese perché faceva importante, poi un rimprovero. A Marco quasi parve di vedere sobbalzare il doppio mento.

«Vuoi qualche dritta per domani? Non che mi permetterei...» Falsa modestia che precedeva l'attacco. «But, Benvisi, portalo a bere, Biondi è impossibile coglierlo in flagrante, ma resta pur sempre un ragazzo!»

Marco lo ascoltava con cortesia e un orecchio solo. La chiave, il portafoglio, il cellulare: serviva altro?

I tempi in cui riportava a Quarti e doveva tenerlo aggiornato erano passati, ormai i due erano accomunati soltanto da un accentuato interesse per gli orologi: intricati meccanismi con cui Marco ingabbiava il tempo, una scusa dorata con cui Elio Quarti sfoggiava il conto in banca.

Quarti era stato nella dirigenza, prima che gli americani lo declassassero a controllare i fornitori a basso rischio. Doveva ringraziare l'anzianità di servizio e i soldi della moglie se si era conservato un posto dopo l'acquisizione, visto che le intenzioni iniziali degli americani erano di tagliare i pesi morti. Ringraziare, però, non rientrava nel vocabolario di Elio Quarti.

«Sentiamoci domani, così mi dici com'è andata e come se la passa Biondi, è un pezzo che non lo vedo. Suo padre era stato compagno di scuola del mio, sai, e sono tanti i clienti della mia farmacia che ancora lo ricordano.» La farmacia di famiglia era intestata al fratello maggiore, dunque non apparteneva a Quarti più di quanto gli appartenesse la Gabi Group, dettaglio che il dirigente amava dimenticare. «Uomo in gamba, quello là, faceva fare ciò che voleva e nessuno si accorgeva mai di essere fregato. Le donne poi, lo perdonavano sempre, impossibile negare qualcosa a quel viso da angelo. Il figlio promette di avere la stessa faccia. Be good, non spaventarlo!»

«Farò del mio meglio» assicurò vago Marco chiedendosi quando sarebbe riuscito a riattaccare.

«Che cosa devi guardare domani?»

Per poco il cellulare scivolò dalla spalla mentre chiamava l'ascensore. Curioso tanto interesse. Quarti aveva sempre lasciato il lavoro agli altri, purché gli si lasciassero i meriti. Se l'ispezione non fosse stata tanto importante, Marco sarebbe stato tentato di indagare come Quarti contava di trarre vantaggio da un lavoro che lo escludeva completamente.

«Le solite cose, non ricordo» mentì aspettando nel corridoio deserto e anonimo.

«Davvero lavori anche stasera?» inorridì Quarti. «Esci, svagati, la vita è troppo breve per stressarsi come fai sempre tu. Ti indico qualche locale dove ti divertirai, attento solo che tua moglie non lo venga a sapere!» Un grugnito tronfio. «Fai il mio nome e ti riservano un bel posto.»

Marco finse di prendere nota e poté riattaccare. In corridoio salutò con un cenno cortese un addetto che trascinava panni sporchi e si chiuse nell'ascensore. Una zaffata di sudore e gomma lo colpì allo stomaco. Trattenne il fiato un'eternità finché piombò al pian terreno. Si ricompose, ricambiò il "buonasera" dei receptionist, raggiunse l'ingresso e prese un respiro appena più profondo degli altri.

Le porte scorrevoli si aprirono e il caos di Roma lo investì.

Camminò a passi rapidi e regolari lungo i viali alberati indifferente ai clacson dei taxi, ai megaschermi pubblicitari, al richiamo dei ristoranti e ai profumi invitanti delle trattorie. La sua meta erano i più vicini negozi di vestiti e giochi. Se li era fatti indicare dalla reception per ottimizzare i tempi e massimizzare la riuscita dell'impresa.

Detestava gironzolare senza meta, "guardare soltanto", "farsi un'idea". Quando entrava in un negozio ai commessi che gli chiedevano se potessero aiutarlo non rispondeva mai "no, grazie", bensì presentava loro la lista completa di ciò che gli serviva, dopodiché aspettava alla cassa che gli portassero il materiale richiesto. In breve, detestava la pratica che Claudia adorava.

Ormai non importava, non avevano più tempo per fare acquisti insieme e litigare per la diversità di approccio. Se ne occupava sua moglie: spesa, commissioni, posta, farmacia. Aveva un part-time, bastava organizzarsi, Marco avrebbe saputo esattamente come fare, altro che lamentarsi ogni sera per la mancanza di tempo. Il tempo bastava imbrigliarlo, era una grandezza come un'altra.

Uscendo dall'albergo fece partire il cronometro che portava al polso. Aveva stabilito di dedicare agli acquisti quaranta minuti, non di più, ricavando così tre ore per il lavoro dopo cena e otto di buon sonno. Se fosse riuscito ad addormentarsi: la prima notte in albergo su un materasso nuovo era sempre la più difficile.

Comprò come un soldato che esegue ordini fastidiosi, spuntando dalla lista mentale incarichi prefissati. Un paio di guanti di cui Claudia diceva di non avere bisogno imprecando poi contro il freddo. Una sciarpa per Silvia, rosa con farfalline gialle, anche se sua figlia detestava gli insetti e vestiva rigorosamente di nero. Oscar andava pazzo per delle stupide carte da gioco, come si chiamavano? Chiese una dritta al negoziante, che gli mostrò almeno un centinaio di possibilità tra cui scegliere a caso. Marco non si affidava mai al caso. Comprò a Oscar un cappello blu. Oscar detestava i cappelli.

Suo padre non lo ricordava, adesso aveva un lavoro importante a cuitornare.

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