Like a Phoenix, from the ashes / Welcome to the future it's a new day
Era la collega di Marco, Lia, che, preoccupata per il suo ritardo, si presentava di persona e gli ricordava che dovevano andare.
Andare dove?
«Alla Mida, per l'audit» rispose Lia sulla soglia, in spalla una borsa portadocumenti dall'aria impeccabile e addosso un cappottino adorabile su chi pesava meno di cinquanta chili. «Marco, ti senti bene?»
«Certo» assicurò Claudia con la gola stretta. Strinse la maniglia della porta tanto forte che le rimasero i segni. Lei, a un audit? Che ne sapeva del lavoro di suo marito?
«Siamo in ritardo.»
Col cavolo, fuori non ci metteva piede.
Lia indicò il corridoio, fece perfino un sorriso. «Per cortesia, andiamo.»
Aveva letto l'animo di quella accalappia-uomini fin da subito. Alla festa di Natale della Gabi Group, quando lui l'aveva presentata come junior-qualcosa e Claudia aveva subito intuito. Come non arrivarci alla prima occhiata? Quel corpo da fotomodella refrattario al grasso quanto aceto aspro nell'olio, l'aria colta e determinata: impossibile resisterle, celibi o sposati, scapoli o padri di famiglia.
Quella ragazza se la faceva con suo marito. Lui non l'aveva mai ammesso, figuriamoci, e lei non aveva trovato prove finora. Finora però non aveva indossato i panni di suo marito.
Spalancò la porta, che le sfuggì di mano e sbatté più forte di quanto volesse. Il colpo riecheggiò nel corridoio, attirò lo sguardo incuriosito di un inserviente. Lia sussultò, forse per il rumore, forse per le parole del capo:
«Visto che sono in ritardo, entra pure».
«In ritardo?» ripeté Lia.
«Tranquilla, sono vestito. Peccato.» Abbassò la voce in un sussurro rauco e sensuale. Certo suo marito parlava così all'amante, proprio come faceva con sua moglie all'inizio.
«Non sei pronto?»
«Scommetto che mi preferivi nudo a letto.» Si morse la lingua, trattenne i pugni e cercò di sembrare allettante.
«La... la cravatta» balbettò Lia pietrificata sulla soglia.
«Ah, non la metto.» Fece l'occhiolino e accennò alla striscia di seta che giaceva scomposta sulla valigia spalancata in un angolo della stanza.
Proprio come Marco, Lia inorridì alla vista degli abiti appallottolati. «Dobbiamo fare buona impressione, ricordi? Seri e professionali, inattaccabili, così dicevi. La cravatta è indispensabile. Potrai toglierla dopo la riunione, come al solito.»
Quella ragazza si permetteva di dire a suo marito come vestirsi! La fissò tra palpebre strette e la invitò di nuovo a entrare. «Mi tolgo anche altro, di solito, dopo le riunioni?»
Lia scattò nella stanza il tempo sufficiente per piazzarle in mano la cravatta, poi rinculò in corridoio. «Lo sai cosa c'è in gioco oggi, non possiamo commettere errori.»
Fece passare la cravatta dietro al collo, non accennò minimamente ad allacciarla. «Cosa vuoi che sia, un audit come un altro. Ne abbiamo fatti così tanti insieme» "e ogni volta io me ne stavo sola a casa con i nostri figli." «Ascoltami, facciamo i bambini cattivi, restiamo in albergo anziché lavorare.»
Niente, la giovane cinese rifiutava di trascorrere la giornata con l'amante, al contrario, lo spronava perché finisse di prepararsi. La classica tecnica della ritrosa: cercava di stimolare l'appetito di un uomo, era furba.
«Marco, andiamo. Il taxi aspetta. Prendi la giacca e il computer. Non metti l'orologio, oggi?»
Claudia indietreggiò ancora più nella stanza. «Detesto gli orologi, mi dicono sempre che sono in ritardo.» Con un sospiro a metà tra un ruggito e un'imprecazione spalancò il minibar, trovò due mini bottiglie di vino, ne stappò una e bevve a canna.
«Prosecco, il mio preferito. Vuoi?»
Lia scosse la testa, quasi avesse messo le dita nella corrente elettrica.
Possibile che volesse davvero portarla all'audit e non a letto? Il vino scese lungo la gola, rinfrescò il palato, riempì lo stomaco vuoto, placò la mente.
Claudia decise. Non si sarebbe chiusa in chissà quale palazzo a fare un lavoro che non conosceva quando poteva girare per Roma. Una giornata da "Vacanze romane", ecco cosa voleva, un pranzo sul Tevere, una passeggiata al Colosseo, una moneta nella fontana di Trevi e un desiderio che le avrebbe cambiato la vita. Serviva un'idea brillante. Stappò la seconda bottiglia, la finì in un sorso.
«Perché non vai da sola, Lia. Sei bravissima, preparatissima, non hai bisogno di me. Io ti aspetto in albergo.»
«Non puoi! Non voglio, non posso andare da sola.»
Tutto si era aspettata nella voce di Lia, tranne il terrore. Le iridi verdi solitamente altere brillavano di spavento, strizzava la borsa fino a far scricchiolare il contenuto.
«Scherzavo, scherzavo» assicurò in fretta sfilando la cravatta. «Sembra che stamattina abbia un vuoto di memoria, forse la tensione. Dovrai aiutarmi ad annodarla.»
Lia deglutì. «Quindi vieni?»
Claudia si detestò. Anche nei panni di suo marito, aveva un cuore troppo buono. «Sì. Facciamo in fretta.»
Si riferiva all'audit, non ai preparativi per rendersi presentabile, Lia però con dita piccole e abili fece un irreprensibile nodo alla cravatta.
Mentre lasciava l'albergo ingessata in un austero completo da uomo e strangolata da una cravatta a pallini, al seguito della di nuovo composta Lia, Claudia ebbe paura. Prendere il posto di suo marito? Stando a quello che sosteneva Marco, il suo lavoro era carico di responsabilità e tensione.
A proposito, non era mai degnato di spiegarle il perché.
Il taxi aspettava già da un po' davanti all'albergo e l'autista brontolava parolacce in romano. L'apparizione di Lia gli fece cascare la mascella e accorse verso la portiera. Claudia grugnì un insulto che andò perso nel cortile.
Salì sul taxi, sedendo il più lontano possibile dalla nuova collega e il viso incollato al finestrino. Non aveva intenzione di rivolgerle la parola e perdere qualche prezioso particolare del viaggio. Presto il traffico di Roma, i colori, i suoni, l'accento cordiale e contagioso del tassista la persuasero che c'era tempo per preoccuparsi, più tardi, quando avrebbe chiesto in prestito il cellulare di Lia per telefonare di nuovo a casa. Forse.
I ragazzi erano al sicuro e non poteva occuparsi di loro, né della casa, né di Federica, della spesa, del tecnico del frigorifero. Sarebbe toccato a lui, per una volta. Perché suo marito non aveva scampo, si trovava nei suoi panni. Mentre lei andava in giro in taxi, pranzava fuori, dormiva in albergo.
Dopotutto, era nei panni di Marco, e aveva intenzione di goderne.
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Canzone Per Due
RomanceTi sei mai chiesta come tuo marito passi la giornata? Ti sei mai chiesto come tua moglie trascorra le ore? Claudia e Marco no, non c'è tempo tra ufficio, bollette, figli, scomparse l'intimità, le risate e le canzoni. In comune moglie e marito hanno...