- CHAPTER 34 (pt.1)

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Un forte sospiro di rammarico fuoriuscì dalle labbra sottili di Jeongguk, prese a morsi con più costanza del dovuto, intanto che lo schiaffo sulla sua pelle ardeva come quelle notti a fare l'amore che aveva passato con Taehyung.
Le sue urla che lo desideravano, i suoi sorrisi mentre se lo mangiava con gli occhi dal basso, i suoi "ti voglio", tutto risuonò più forte nelle sue orecchie e nella sua mente che non si poteva fermare a quel momento, il suo corpo lo desiderava e il suo petto doleva per non poterlo avere.
A questo Jeongguk si ritrovò a pensare in uno squallidissimo night club parigino il giorno dopo che aveva lasciato l'amore della sua vita, consapevole che sarebbe dovuto ritornare ai suoi doveri ma che di certo non avrebbe potuto dopo tutto quello che stava passando.
Continue notifiche di messaggi comparivano sul suo cellulare, Ji-woo che lo cercava perché l'aveva lasciata sola in una camera di un hotel nei paraggi, e il corvino non potè che sbattere la mano su quel dannato dispositivo, che mostrava come sfondo ancora una loro foto mentre era insieme a Taehyung nel suo letto.
Tutto sembrò così sbagliato, la gola gli bruciava per i continui bicchierini di vodka mentre i ragazzi intorno a lui ballavano come forsennati e la musica gli spaccava i timpani più di quanto potessero fare i suoi stessi pensieri.
L'alcol iniziò ad inebriargli la mente, i pensieri si offuscarono, gli ansimi di Taehyung sembrarono presenti sulla stessa punta delle sue labbra, il suo volto angelico, i capelli che amava stringere e quella vita che mordeva come un lupo famelico.
E d'un tratto si ritrovò a pensare al fatto di dover costruire una famiglia con una donna che neanche desiderava, con cui era solo sesso sporco, freddo, lui che spingeva di prepotenza per appagarsi e mai riusciva, e allora continuava in quell'atto violento che aveva portato al mondo una creatura che di certo non aveva alcuna colpa.
Le parole di Ji-woo riecheggiarono nella sua mente, chiuse gli occhi e mandò giù un altro bicchierino, la rabbia gli ribolliva nelle vene per lei che pretendeva il mondo da chi aveva appena perso il suo.
"Non dovrai più vedere Taehyung. Licenzialo e dimenticatene. Fallo per il bene di nostra figlia" furono le parole della giovane donna, i suoi occhi sembrarono pietre focaie quando pronunciarono il nome di quell'uomo, come se fosse stato l'unica ragione per la rottura della loro relazione, quando in realtà Jeongguk neanche sapeva chi fosse.
E tutto pungeva, penetrava nel petto, e la lama finale infilzava un polmone, non poteva respirare quando parlava di famiglia, lui che voleva una vera famiglia con il suo ormai ex ragazzo.
Ji-woo lo colse più volte ad osservare le loro foto mentre risiedevano nella stessa stanza d'albergo e gli aveva urlato addosso di dimenticarlo come se si potesse eliminare ogni traccia di vera felicità in un secondo, gli aveva lanciato addosso dei cuscini, e poi aveva preteso di sentirsi male, accrescendo il senso di colpa di Jeongguk che non poteva volerla come lei desiderava, che non poteva guardala con gli stessi occhi con cui aveva guardato il suo Taehyung, che lui nei suoi occhi si perdeva ogni volta, in ogni lineamento del suo viso, il suo cipiglio che si inarcava quando lo osservava, e i suoi polpastrelli lo sfioravano come l'oggetto più prezioso di una mostra d'arte, quello che tutti avrebbero voluto ma che lui aveva davanti e poteva sfiorarlo, abbracciarlo, baciare quelle labbra, sentire il battito del suo cuore pulsare contro il suo petto, il suo respiro caldo quando gettava la testa nel suo collo, i suoi capelli che gli solleticavano la pelle come una foglia che tocca l'asfalto e continua a muoversi con il vento.
Tutto di lui era legato a Taehyung, come avrebbe fatto a liberarsi di lui?
D'improvviso, però, una voce conosciuta lo aveva riportato a quella situazione così confusionaria, come un secchio d'acqua su un incendio che avrebbe distrutto qualsiasi cosa.
"Cosa ci fai qui?"

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