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SAWYER.

—No, comunque, veramente. Dovremmo prendere in considerazione l'idea di farci quel weekend fuori— sentì dire da Jordan, mentre lui e gli altri entravano in caffetteria dopo la fine delle lezioni.

Non mi voltai, continuai a sparecchiare, dando le spalle al gruppo.

—Alla fine com'è andata la cena con Callum?— sentì domandare da Aaron —bene, quell'uomo mi sta simpatico, cosa che non credevo possibile— rispose Lenora soddisfatta —mio padre ti adora, piccola— commentò Emerson. Non potei evitare di sorridere, quei due si amavano alla follia ed ero così tanto felice per Lenora, sapevo che non aveva avuto una vita facile e stessa cosa valeva per Emerson, il fatto che fossero riusciti a trovarsi e a buttare il passato alle spalle, per costruirsi qualcosa insieme, mi rendeva felice per entrambi.

Ritornai al bancone, per posare le tazzine da lavare, mi ritrovai a posare lo sguardo sul tavolo dove Cameron e gli altri si erano seduti. A differenza di come Cameron stava stamattina, seduto con sua sorella, adesso era di nuovo lo stesso ragazzo che rideva e scherzava, faceva battute e niente poteva sfiorarlo.

Deglutì, sentendomi pervadere da un brivido improvviso nonostante i riscaldamenti accesi.

Era carino mentre sorrideva. Aveva un bel sorriso.

Cosa? A che diavolo stavo pensando? Perché lo stavo guardando?

Riprenditi, Sawyer.

Mi voltai di spalle e iniziai a lavare le tazzine, concentrando la mia mente su quello e non su come fosse contagiosa la risata di Cameron Morrison.

Non potevo permettermi di farmi coinvolgere, non potevo dargli esattamente quello che voleva.

Feci un respiro profondo.

Non mi tocca, non mi sfiora, non ha nessun effetto su di me.

Non mi tocca, non mi sfiora, non ha...

—Ti piace molto evitarmi, non è così?— mi domandò. Mi paralizzai, con la tazzina sospesa nel lavello.

Mi voltai lentamente verso di lui, asciugandomi le mani, trovandomi un Cameron con un'espressione seria, deglutì, sentendo un leggero senso di colpa.

—Se ti evito vuol dire che non ho voglia di parlarti, perché non ti arrendi una volta per tutte?— domandai infastidita, lui rise e scosse la testa —sembra che tu ti sia dimenticata quello che ti ho detto sull'autobus— commentò.

Credimi, non ho dimenticato nulla.

—Comunque, tralasciando il resto, volevo chiederti una cosa— mi disse con un sorrisino. Che cosa voleva adesso?

Lo guardai con espressione annoiata, cercando di fargli capire che quello che aveva da dirmi non mi interessava affatto.

—Cosa c'è adesso?— domandai esasperata —ti va' di venire a un concerto d'orchestra con me?— la sua domanda mi lasciò completamente spiazzata, confusa.

Un concerto d'orchestra? Che cazzo ci andava a fare lui ad un concerto d'orchestra?

Ma poi mi ricordai di sua madre, Felicity Pembroke, violinista di successo. Voleva portarmi a vedere sua madre? Non avrei mai pensato che a lui potesse interessare.

—C'è tua madre al concerto?— chiesi, cercando una conferma, lui annuì —si, ma mi interessa anche vedere l'orchestra in sé— come? E perché? Perché avrebbe dovuto interessargli una cosa del genere?

Cameron, notando la mia confusione, mi spiegò: —Studio musicologia, suono la batteria e ogni tanto la chitarra, il mio più grande sogno è entrare in un'orchestra, proprio come mia madre— strabuzzai gli occhi per lo stupore, rendendomi conto che questa era l'ultima cosa che mi aspettavo che facesse, credevo che fosse più interessato nei motori e nelle macchine, non nella musica...

—Che c'è? Ti ho sorpreso?— domandò divertito, deglutì, non sapendo che dire. Poi, però, mi resi conto di una cosa: aveva detto che suonava la batteria, ciò significava che quella batteria che sentivo ogni tanto da casa mia... Era lui a suonarla?

—Aspetta, quindi sei tu che suoni quella batteria che sento ogni tanto?— domandai incredula, il suo sorriso si fece più ampio —ah, quindi mi senti da casa tua? Non ero sicuro che il suono arrivasse fino a lì— commentò soddisfatto —ti piace?— domandò poi, probabilmente sperando che gli dicessi di sì.

—Bé, sei bravo— dovetti ammettere a malincuore, mi piaceva come suonava, cazzo. 

Il suo sorriso si fece ancora più ampio, poi, posò sul bancone un biglietto.

—Mi farebbe molto piacere se decidessi di accompagnarmi, bellezza. Ma se non vuoi, puoi ridare il biglietto o a Wyn o a Lena— mi disse e con questo si allontanò, facendomi l'occhiolino.

Un'altro brivido mi percorse la schiena, e odiai sia me che lui.

Guardai quel biglietto e me lo misi nel grembiule, non potevo pensarci adesso.

My Unattainable DesireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora