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CAMERON.

Sarei diventato padre.

Ancora non riuscivo a crederci, ancora non realizzavo.

Io e Sawyer avremmo avuto un bambino.

Non sapevo come mi sentivo a riguardo. Ovviamente, ero terrorizzato, che cosa ne sapevo io di come essere padre? Ero giovane e non avevo avuto un bellissimo esempio paterno, ma, dentro di me, nel profondo, sentivo quel bisogno di essere migliore di Ray Morrison, volevo che mio figlio o mia figlia si sentisse amato e rispettato, in tutto e per tutto.

Avevamo deciso di tenerlo. Sembrava che Sawyer, nonostante le sue paure e preoccupazioni, non si sentiva tanto entusiasta all'idea dell'aborto, per quanto fosse un'opzione del tutto valida che poteva intraprendere senza problemi, non potevo interferire in questo, era il suo corpo.

Però, dovevo ammettere che mi ero sentito sollevato, perché, nonostante tutto, volevo tenerlo e al diavolo l'età.

Mi chiusi in palestra, sentendo il bisogno di suonare. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che avevo toccato la batteria o la chitarra, passare un po' di tempo con me stesso e con la musica mi avrebbe fatto bene.

Sawyer se n'era andata da un po', non prima di aver accordato di aspettare prima la sua conferma della gravidanza da parte della ginecologa per dirlo in giro (anche se Ivy ne era già a conoscenza). Così, dopo aver aiutato a sistemare, mi ero venuto a rifugiare qui.

Presi le bacchette e iniziai a suonare un ritmo qualsiasi, uno dei primi che avevo provato quando ero ancora agli inizi.

Chiusi gli occhi, staccando la mente da tutto e mettendo la batteria al centro del mio mondo.

Lasciai che le bacchette colpissero i tamburi con forza, sentendomi invadere dall'adrenalina.

Io e la musica.

Quando suonavo ero me stesso al cento per cento e mi permettevo di non pensare a nulla.

Dopo un po', decisi di provare alcuni pezzi che stavo studiando ultimamente, in più, decisi anche di rivedermi alcuni argomenti di teoria, considerati gli esami in vista e l'inizio imminente della sessione estiva.

Passai due ore chiuso in palestra a studiare, senza interruzioni (ok, forse non proprio, ogni tanto la mia mente viaggiava su una casa poco distante da qui) e quando ne ebbi abbastanza, chiusi tutto e uscì.

—Cavolo, amico, credevo che fossi morto lì dentro— esclamò Jordan.

Lo guardai e sorrisi, gli mostrai i libri e gli spartiti che avevo in mano —ho pensato che fosse una buona idea mettermi al passo, tra poco saremo pieni di esami— gli dissi, lui sospirò —non ricordarmelo neanche. Devo consegnare un racconto breve entro la settimana prossima e la mia mente ha scelto il periodo peggiore per entrare in un blocco dello scrittore— spiegò, passandosi una mano sulla fronte.

Gli misi una mano sulla spalla —se vuoi, domani possiamo andare a fare un giro, così stacchi un po' e magari trovi quello che stai cercando— gli proposi.

Avevo imparato, da esperienze passate, che portare Jordan semplicemente in giro, poteva tirarlo fuori da qualsiasi blocco, riusciva a trovare ispirazione ovunque e nei momenti più strani.

Lui mi sorrise —grazie, amico. Domani vado a fare un giro con Emerson, vediamo se riesco a pensare a qualcosa— mi disse e con un sorriso, si allontanò, chiudendosi in camera sua.

Io raggiunsi la mia e mi feci una doccia.

Sawyer inondò di nuovo i miei pensieri, lei e il nostro bambino.

My Unattainable DesireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora