CAPITOLO XXI.

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Suzette aprí gli occhi, ancora gonfi per via del pianto.

Le stava esplodendo la testa, ma sapeva di non poter rimanere a letto per sempre.

A fatica, si tirò su.

Andò davanti allo specchio: aveva un aspetto orribile.

Si diresse in bagno, cambiandosi e indossando la prima cosa che gli era capitata sottomano.

Mentre si truccava, le venne in mente la discussione che aveva avuto quella mattina.

Appena l'elicottero l'aveva lasciata a casa, i suoi genitori l'avevano accolta con il sorriso, facendole i complimenti.

Pare che, sapendo che aveva aiutato due persone a stare insieme ed avendo trovato una ragazza, avevano dichiarato che la figlia era guarita dal suo bisogno costante di attenzioni e dalla sua mania di spettegolare su tutto.

A nulla era servito provare a parlare loro di Cammy o dire che voleva stare in quel posto; avevano decretato che adesso che sapeva come comportarsi, poteva trovare qualcuno anche stando a casa.

A Suzette venne nuovamente da piangere, ma si trattenne: in quel momento, l'unica cosa che poteva fare era mostrare loro che era abbastanza grande per cavarsela da sola e decidere dove volesse stare.

Con quella convinzione, finì di prepararsi e scese, dirigendosi in pasticceria.

I suoi genitori erano partiti gestendo una pasticceria, e adesso consegnavano dolci in quasi tutti il Giappone: era cresciuta in una famiglia benestante.

Era sempre stata abituata a fare un po' quello che voleva; per la prima volta però, si ritrovò a dover combattere per ciò che desiderava davvero.

E avrebbe sfoderato tutte le sue armi per averlo.

A Victoria era andata anche peggio: appena rientrata nella sua lussuosa casa, la servitù l'aveva condotta in camera sua, dove era rimasta per ore a covare la rabbia che aveva dentro.

Non capiva perché fosse dovuta tornare indietro, separarsi dai suoi nuovi amici e dal ragazzo che amava.

Sicuramente, non avrebbe rinunciato così facilmente.

Sentì la porta aprirsi e scattó in piedi, mentre suo padre entrava nella stanza.

Aveva visto suo padre arrabbiato con lei molte volte, per via di tutte le sue bravate, ma quella volta sembrava davvero furioso e deluso.

- Ciao papà- lo salutó in tono duro.

- Ciao. Bentornata a casa-.

- Perché mi hai fatta tornare? Non avevi fatto di tutto per rinchiudermi tre mesi in quel posto? Perché hai cambiato idea?-.

- Era prima che sapessi che ti sei gettata da una scogliera, che hai bevuto e che hai... Dio Victoria, hai perso la verginità! Ma ti rendi conto?!-.

Victoria sbarró gli occhi: come diamine faceva saperlo? Era certa che nessuno dei suoi amici gliel'avesse riferito.

Nelly forse? No: è vero che aveva il contatto dei loro genitori, ma non avrebbe mai fatto la spia.

Sicuramente non senza avvisarli; non era una che agiva alle spalle degli altri.

- Ho perso ogni speranza con te. Quella era la tua ultima possibilità: a settembre, ti spedirò in qualche collegio femminile. Se non funzionerà neanche questo, non saprò più cosa fare con te-.

Victoria spalancò la bocca.

- Non puoi farmi questo!-.

- Certo che posso! Sono tuo padre-.

INAZUMA ELEVEN: QUELL'ESTATEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora