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 Le corde stringevano e scorticavano i suoi polsi. I mugolii sbattevano contro il nastro adesivo, bagnato dalle innumerevoli lacrime che scendevano copiosamente dai suoi occhi imploranti. Amavo quei suoni. Erano così... languidi e dolci. Mi fermai alle sue spalle e strinsi le gambe, cercando di alleviare l'urgente voglia di darmi piacere. Il sangue mi eccitava.

  «Sei così sexy, lo sai?» sussurrai al suo orecchio dopo aver posato le mani sulle sue spalle tremanti. Guardai dritto davanti a me, inspirando il suo profumo: paura, sudore, sangue e acqua di colonia. Mi leccai il labbro inferiore e lo morsi, facendo scivolare le mani sulle sue braccia immobilizzate. «Dovresti essere grato a te stesso per farmi sentire l'adrenalina correre nelle vene e perdere il controllo. La lucidità della follia è ciò che ci fa sentire vivi, sai? C'è chi si lancia con il paracadute mentre io ho bisogno di vedere dei bei faccini come il tuo spegnersi per sempre. Mentre il vostro sangue sgorga dalle ferite e vi sporca i vestiti. Le vostre interiora che si rimescolano sul pavimento. Amo torturare i vostri corpi. Mi fa eccitare e io voglio perdere il controllo di nuovo, mi capisci?»

  Dannazione. Sembravo il cattivo di un film, quando spiega tutta la sua perversione in un ultimo flashback. Non che non fossi la cattiva. Lo ero... e molto. Ma quello sguardo di consapevolezza e terrore che compariva su quei visini mi rendeva così euforica. Gli presi i capelli scuri, facendogli spalancare quei bellissimi e dannati occhi azzurri e lo forzai a guardarmi. Gli schioccai un bacio sulle labbra coperte dal nastro adesivo mentre, con un gesto veloce, afferrai il coltello dalla sua fodera intorno alla mia coscia. Lentamente lo premetti sulla sua gola, scrivendo in rosso una linea netta e perfetta sulla sua pelle. Il sangue scivolò fuori, sporcandogli il petto nudo e andando a mescolarsi con quello che fuoriusciva pigro dall'addome. I lunghi squarci sulla pancia mi erano serviti per indebolirlo: si agitava troppo e io avevo bisogno di gustarmi ogni minuscolo secondo insieme. I gorgoglii della mia preda si fecero largo nella camera silenziosa. Sorrisi, stringendo ancora le cosce. Sentivo le guance arrossarsi, le pupille dilatarsi sempre di più mentre gli occhi del ragazzo di facevano vacui e spenti. Avrei voluto toccarmi alla vista del suo corpo che diventava freddo pian piano, sporca del suo sangue ovunque, ma le sirene si stavano avvicinando. Guardai l'orologio sul muro bianco e asettico: erano leggermente più in anticipo del solito, ma mi andava bene. Presi una polaroid che avevo trovato in casa e mi avvicinai alla vittima, scattando una foto di noi insieme. Adoravo i souvenir, cosa potevo farci? Intinsi l'indice nel sangue uscito dalla gola e lo portai alle labbra. Succhiai il dito e ne apprezzai il sapore, assaporando quell'ultimo sentore di vita che apparteneva a quel cadavere. Presi la fotografia e la infilai nel reggiseno, per poi posare il coltello nella giarrettiera in pelle che stringeva la mia coscia nuda. Prima di andarmene lasciai una dalia lilla - grossa quanto le mie mani unite - sul grembo del ragazzo.

  Camminai senza fretta verso la porta che dava sul giardino nel retro, spalancandola. L'aria fresca della tipica sera autunnale mi colpì in pieno, facendomi sorridere alla vista del cielo violaceo del tramonto. «È ora di andare.»

Heart-Shaped Box  -  A Laughing Jack storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora