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Sentivo i capelli stretti nel suo pugno, essere tirati mentre ansimavo

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Sentivo i capelli stretti nel suo pugno, essere tirati mentre ansimavo.

«Oh, dai. Non sai fare di meglio?» risi, sputando sangue sul volto dell'uomo che mi tratteneva e mi riempiva di pugni.

Il mio corpo era sotto il suo completo controllo, spento. Morto. L'unica cosa che funzionava era la mente e le scariche di dolore che mi tenevano lucida. Uno schiarirsi di gola dietro il malcapitato lo fece tendere prima di farmi guardare negli occhi per l'ennesima volta. Quello sguardo così implorante che mi fece ridacchiare follemente, buttando indietro la testa. Almeno fin dove riuscivo con la salda morsa dell'uomo intorno alle radici dei capelli. Caricò un altro colpo, diretto di nuovo al mio viso, per riempirlo ancora di più di lividi, che non sarebbero durati nemmeno dieci minuti, e sangue. Quando sentii lo zigomo pizzicare e poi esplodere in fuoco, risi ancora di più.

«Sì, cazzo! Così!» sbottai, finalmente sentendo la voglia di ucciderlo. «Continua!»

Un altro suono, carne contro carne, e i miei occhi si fermarono a guardare il soffitto, pieni di follia omicida. Un altro colpo e chiusi gli occhi. Altro dolore e un'altra risata. Solo nel momento in cui non mi sentii più percuotere, guardai l'uomo che avevo rapito: il suo braccio era stato fermato dalla mano della figura dietro di lui.

Con un sospiro, la figura tirò a sé l'uomo, che mi lasciò i capelli e seguì terrorizzato i movimenti, come una marionetta nelle mani del proprio creatore. «Hai finito?»

«Sei un guastafeste, Jason.» borbottai, recuperando le mie forze e alzandomi da terra.

Le mie ferite stavano già guarendo e il dolore diminuiva di attimo in attimo. «Vuoi o no, provare i nuovi giocattoli che ho preparato per te?»

Dannazione! Era vero, avevo dei nuovi oggetti da aggiungere al mio arsenale! L'entusiasmo prese il posto della noia e afferrai per il colletto la mia vittima, spingendola su una sedia poco distante. Gli bloccai in fretta polsi, caviglie, ginocchia e collo con degli inserti in ferro veramente utili. Sentivo i suoi occhi chiarissimi passare da me a Jason, terrorizzati. I capelli scuri erano appiccicati alla sua fronte, sudata dagli sforzi che aveva dovuto fare per me, fino a quel momento.

«Vi prego... ho fatto tutto quello che mi avete chiesto. Lasciatemi andare a casa. Lasciatemi andare dalla mia famiglia.» pianse il tizio, attirando la mia attenzione.

Aggrottai le sopracciglia, arricciai le labbra e puntai le mie iridi nelle sue. «Hai ragione e sei stato impeccabile. Veramente molto bravo. Ora, smetti di piangere: faremo solo un'ultima piccola cosuccia, un esperimento, e se lo passi a pieni voti, puoi tornare dalla tua famiglia. D'accordo?»

L'uomo mi scrutò diffidente per qualche secondo, analizzando il mio volto deformato dalle emozioni che servivano per rassicurarlo, poi annuì facendomi tornare sul viso un sorriso angelico. Mormorandogli ancora quanto era stato bravo, mi alzai controllando il minuzioso lavoro del killer con me. Avevo scoperto che la sua casa era dotata di un'enorme cantina che usava come laboratorio per i suoi omicidi e ora mi divertivo ad usarla anch'io. Mi sedetti su una sedia con le rotelline e mi lanciai fino al fabbricante di giocattoli, roteando a gambe lunghe e le mani sul sedile, tra le cosce, come una bambina. Quando fui vicina a lui, mi attaccai al tavolino da sala operatoria che stava preparando, per riuscire a fermarmi.

Heart-Shaped Box  -  A Laughing Jack storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora