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Spinsi Laughing Jack sul letto, per poi pugnalarlo nella coscia sinistra. Il suo grido rimbombò tra le quattro mura, mentre il sangue iniziava a sgorgare dal taglio profondo.

«Spera per te che sia il punto giusto con cui il pezzo di legno fa reazione, o ti affetto come un salame.» Portai il pezzo della scatola sulla ferita, che per sua fortuna iniziò a sfrigolare come la carne fredda su una piastra bollente.

Un nuovo urlo più acuto raggiunse le mie orecchie, iniziando a calmarmi abbastanza da iniziare a ragionare. Spinsi più a fondo il legno, facendo singhiozzare dal dolore la mia cavia. La sua sofferenza era un dolce balsamo per la mia rabbia, che sfumò pian piano, lasciando spazio al sadismo, all'eccitazione e al divertimento. Man mano che il pezzo del suo vecchio contenitore si scoloriva, premevo sul taglio che gli avevo inferto, facendogli talmente male da non lasciargli nemmeno la forza di muoversi. Continuavo a spingere, sempre più a fondo, premendo le unghie dentro la sua carne, anche se non serviva. Poco dopo, il sangue iniziò ad essere risucchiato all'interno della ferita, segno che il processo stava giungendo al termine. Mi spostai da lui per tornare a respirare ad un ritmo normale, avvicinandomi alla grande finestra e guardando fuori. Piccole gocce di pioggia si stavano rincorrendo sul vetro limpido e un tuono raggiunse il nostro udito, facendomi percepire quanto silenzio bruciava nella stanza. Dopo tutto il fragore del luna-park e le sue urla, questa quiete sembrava trapanare i miei timpani. L'ansimare leggero di Lj era l'unica cosa che mi distraeva dal rumore della pioggia. Lo tenevo sotto controllo, anche se fingevo di fregarmene: dovevo sapere se mi si avvicinava o se avesse intenzione di prendere qualcosa da lanciarmi contro.

L'unica cosa che invece riuscì a fare, era mettere insieme cinque parole, prima che il respiro gli sparisse di nuovo dai polmoni, in cerca di aria. «Perché ti interessano quelle lettere?»

«C'è il mio nome sopra. Significa che le hai scritte per me, sapendo che ero l'unica che poteva recuperarle. Tu, invece, perché hai paura che le legga?» domandai, incrociando le braccia e girandomi verso di lui, preparandomi a qualche scusa male inventata e alla lunga attesa per le sue vere parole.

Quando il clown puntò i suoi occhi contro di me, però, potei chiaramente vedere la sconfitta sul suo viso. «Non ricordo di averle scritte e non posso nemmeno lontanamente immaginare cosa ci sia confidato in quelle buste. Ho riconosciuto la mia scrittura, ma non so nulla di più.»

Ora era il mio turno di essere confusa. «Perché non ti ricordi?»

Laughing Jack scosse la testa. «Devo averle scritte nello stesso momento in cui ho nascosto i pezzi della mia scatola. È l'unica spiegazione che posso trovare e che ti posso dare, ma la realtà è che non lo so. Non lo so davvero... ho alcuni vuoti del periodo in cui siamo stati lontani.»

Fantastico... ero ancor più decisa a trovarle e leggerle una ad una, adesso. Chissà che non contenessero qualcosa con cui poterlo torturare psicologicamente o ricattare... Un tuono interruppe il nostro discorso, così come la porta della camera che sbatté al muro. Sulla soglia c'erano Jeff e Katherine, accompagnati da Slender. La furia sui due volti leggibili mi innervosì già prima che potessero emettere un solo vocalizzo.

Heart-Shaped Box  -  A Laughing Jack storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora