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Rivedere il cielo nella mia stanza, era qualcosa di indescrivibile. Dopo giorni infiniti di pioggia interminabile, ora rivedevo di nuovo quell'azzurro che amavo tanto.

«Preparati. Ti mostro un posto.» mi disse una voce alle mie spalle.

Lentamente, quelle nubi cariche di emozioni ossessive e dipendenti, si erano insinuate nella mia vita e, nello stesso modo, avevano imparato ad andarsene. Erano state soffiate da un vento continuo e lieve. Potente, ma allo stesso tempo, dolce. Solo in questo modo mi ero liberato della pioggia ed ero tornato a riprendere a vedere il sole. Un sorriso che illuminava il cielo e ciò che aveva intorno. Mi cambiai d'abito, finalmente pronto a lasciare queste quattro mura che, inconsapevolmente, avevo trasformato nella mia prigione dorata. Mi guardai allo specchio. Non ero troppo elegante: un paio di jeans neri, una maglietta bianca e una giacca nera. Niente di troppo ricercato, come mi era stato detto di fare. Dal riflesso del vetro davanti a me, incontrai di nuovo il cielo limpido nella mia stanza.

«Sono pronto.»

Mi voltai e affrontai il volto di Kendra. Era tornata da poco da una delle sue scorribande e aveva preteso di portarmi fuori. Nel mondo. La nostra prima volta da quando i riti erano finiti e da quando avevo affrontato un percorso per affrontare l'ansia e il panico dell'abbandono. Incredibilmente e contro ogni aspettativa, Hideki era un gran psicologo. Aveva affrontato studi e tutti i corsi, prima di far parte della sgangherata banda di Kendra. Mi aveva aiutato moltissimo e si era reso disponibile per tutti, alla CreepyHouse.

La ragazza mi porse la mano. I capelli lilla erano un po' più corti di quando l'avevo lasciata un mese prima. Afferrai il suo palmo e tutto intorno a noi si fece offuscato e confuso. Nuovi colori e forme ci abbracciarono, unendoci in una nuova avventura. Solo quando il caos si fermò, riconobbi il posto. Il tetto del vecchio ospedale. Non era lontano da casa, non era nemmeno un posto pubblico. Era il rifugio della mia killer e il posto in cui avevo capito che lei era più spezzata di quanto volesse far credere. Il posto in cui avevo nascosto i miei disegni e i miei sogni con lei come protagonista.

«Cosa ci facciamo qui?» domandai, portando lo sguardo su Kendra.

Bastò un solo gesto della testa a farmi voltare in quella direzione. Sul tetto, alle luci del tramonto, c'era un piccolo fortino di coperte, tappeti, luci e cuscini. I miei disegni erano appesi ai fili delle lucciole che illuminavano l'angolo di mondo più bello che potessi guardare. «Mi hai sempre detto che ti sarebbe piaciuta una cena intima, solo io e te. Ora che ti senti pronto, l'ho organizzata. Ta-dan!»

La meraviglia che percepivo nel guardare quel piccolo rifugio, venne calpestato dall'amore che provavo per lei. Non avevamo mai avuto la possibilità di essere una coppia. Non saremmo mai stati una coppia normale. Eppure lei riusciva a fregarmi il cuore ogni secondo. «È stupendo, Ra.»

«Lo so, l'ho fatto io. Come potrebbe essere diversamente?»

Il suo sorriso mi sciolse il cuore. Era bellissimo vederla rilassata e sentire la sua ironia. Mi prese di nuovo per mano e mi condusse fino ai cuscini più grandi, che ci facevano da comode sedute. Tra i cuscini, c'erano anche delle bottiglie e una scatola di pizza. Enorme. Non avevamo mai mangiato pizza insieme. Un'altra prima volta.

Heart-Shaped Box  -  A Laughing Jack storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora