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Camminai nascosta dall'ombra del vicolo, affinando i sensi che mi servivano per restare in allerta in quella parte oscura di città. Arrivata alla fine della via, davanti ai miei occhi esplosero luminose e ondeggianti fiamme che bruciavano le punte di pali esposti a semicerchio, davanti all'unico edificio ancora illuminato. La contraddizione tra quel primitivo modo di sprigionare calore e i fari artificiali che spuntavano dalle finestre dell'edificio era ben netta. L'atmosfera esterna mi riportava nel medioevo, anche se il palazzo che mi trovavo davanti era stato costruito poco prima del 1800. Ora considerato edificio storico e trasformato in un museo, quella casa nascondeva più segreti delle camere da letto che frequentavo e, per mia fortuna, era quasi ora di chiusura. Con un semplice incantesimo, nascosi la mia identità, facendomi passare per una ragazza completamente diversa da quella che figurava sui manifesti appesi nei dintorni. Mi affrettai a superare la soglia del museo, senza farmi notare, controllando ogni telecamera e ogni angolo delle stanze adornate da teche di vetro illuminate. Al centro della sala principale – il vecchio ingresso che collegava le stanze da letto alle cucine e agli alloggi delle servitù – c'era una teca di vetro enorme rispetto a ciò che conteneva: una scatola di legno virtuale e sotto, posato su una pedana, si trovava l'oggetto del mio desiderio. Sorrisi soddisfatta: quella notte avrei avuto da fare. All'annuncio dell'imminente chiusura, scivolai fuori per controllare ogni porta esterna. Dovevo capire come entrare e uscire, senza usare i miei poteri. Preferivo usarli solo quando mi era strettamente necessario, poiché amavo l'azione fisica prima di qualsiasi altra cosa.

Quando la proprietaria del museo chiuse definitivamente la porta della casa, mi avviai verso una cabina telefonica mezza distrutta non molto lontano, riprendendo le mie adoratissime spoglie. Entrai e mi richiusi l'anta alle mie spalle, appoggiandomi con un fianco alla grande tastiera, prima di afferrare la cornetta e digitare il numero. Aspettai, scandagliando le strade appena fuori da quelle lastre di vetro sporche, leccandomi le labbra. Il suono di attesa raggiunse i miei pensieri circa tre volte, prima di ricevere risposta.

«Kendra? Sei tu?» La voce di un uomo mi raggiunse oltre l'aggeggio.

«A meno che tu non abbia dato il numero a qualche altra affascinante killer, il che mi renderebbe molto gelosa, solo io dovrei essere in grado di chiamarti qui.» borbottai scontrosa, facendo volteggiare le mie iridi nel buio della notte.

Dal tono del ragazzo che avevo contattato, capii che si stava trattenendo dal sorridere. «Non mi permetterei mai. È solo che non ti sento da un po': iniziavo a pensare al tuo pensionamento anticipato in qualche isola sperduta con uno di quei cocktail dolci da far schifo e l'ombrellino colorato.»

«E perché non aggiungere anche un bellissimo gonnellino hawaiano proprio nel mio stile? Non ti crucciare, combino ancora guai. A proposito di guai... ho bisogno di un favore.» sbuffai e, assicurandomi che non ci fosse nessuno nei dintorni, fissai le mie pupille sopra una macchia nera poco più sopra del tastierino numerato.

Heart-Shaped Box  -  A Laughing Jack storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora