CAPITOLO 16

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ISABELLE

Ho abbassato la guardia un'altra volta, ma la cosa che mi scombussola di più è la consapevolezza che sta succedendo troppo spesso. Mi tocca accarezzandomi la pelle come un uccello accarezza l'aria con un battito d'ali, arrivando a lacerarmi la carne, le ossa fino a stringere tra le mani solo la mia anima che in quel calore, nel suo calore, ci sta dannatamente bene ed è questo che mi manda al diavolo la testa.

Mi respira sul collo incendiando ogni mia cellula con dei semplici baci, mi manda in estasi con un sospiro eccitato e grondante di desiderio, mi accendo sentendo le sue labbra sfiorarmi la pelle.

E' la fiamma ed io un fiammifero che lentamente si consuma divorato dalla forza di quell'immenso calore.

Mi stringe tra le sue braccia e mi lascia perdere in quelle iridi corvino fino a condividere con me parte dei suoi pensieri, solo quelli che vuole, solo quelli che sceglie. Solo la nostra favola, l'immagine di quel bambino che mi sorride fidandosi a stringermi la mano, mi bacia le ali guarendone le ferite e la fanciulla lo porta via da quel suo castello di dolore. Ma ormai quell'immagine è sfumata via, non ci saranno più il bambino e la fanciulla, non potrò più salvarlo semplicemente perchè quando ci ho provato mi ha spezzato definitivamente.

Accaldata l'ascio l'atrio di quel immenso e maestoso ristorante percorrendo il vialetto ciottoloso, mi sento bruciare, sento il suo sguardo addosso toccarmi, e lo sento anche di più di quanto percepisco le sue mani quando mi sfiora. Mi passo irrequieta una mano tra i capelli come se potesse aiutarmi a mettere a posto i pensieri, ho passato due settimane lontana da lui e speravo finalmente che non volesse più saperne niente, se di me, ne tanto meno di suo figlio, ma mi sbagliavo. Come sempre.

Arrivo al parcheggio dove ci sono tutte le auto con cui sono venuti i nostri amici e la sua moto, a cui non presto nemmeno l'attenzione che solitamente gli dedico per la bellezza di quel bolide a due ruote, sono talmente sovrappensiero che non noto nemmeno il mio ragazzo appoggiato alla macchina con in braccio mio figlio. E' incazzato nero, e lo capisco dal modo nervoso con la quale contrae la mascella, e dal modo languido con cui passa gli occhi sulla mia persona. Ultimamente non lo riconosco più, da quando sono tornata è più teso, sì, è più presente sia per me che per Aidan, ma è anche più possessivo e geloso. Certo poi generalizzare è sbagliato, non è sempre così, soltanto quando nelle vicinanze c'è Damon diventa più attento e, alla fine, non posso biasimarlo. Mi sento in colpa anche solo a guardarlo ormai.

Mi avvicino a lui prendendogli il piccolo dalle braccia, che finalmente trova pace aggrappandosi a me per giocare con il mio ciondolo, Cam però non fiata, non parla, stringe soltanto i pugni sulla macchina di Travis rimuginando su qualcosa che gli gira per la testa come fa sempre.
Quando ecco che il suo sguardo viene attratto da qualcosa su di me, assottiglia lo sguardo con più attenzione quando ecco che si scosta dalla macchina del mio amico per sfiorarmi il collo con due dita. Il mio cuore inizia a perdere dei battiti quando capisco cosa stia vedendo, soprattutto quando il suo sguardo si accende di ira repressa e chiusa in un cassetto per troppo tempo. <<Questo te lo ha lasciato lui?>> Non rispondo ma a lui basta questo per accendere la miccia della bomba, scoppia in una risata amara come il veleno scuotendo il capo, un sorriso sprezzante di odio gli colora la voce mentre non mi guarda negli occhi, ma si focalizza soltanto sul mio collo. Prima che io possa ribattere, giustificancomi con l'ennesima bugia o scusa aggiungendola alla montagna che gli ho già rifilato, la mia voce viene zittita da una più possente e gutturale.

<<Qualche problema Clark?>> Il suo sguardo languido scatta da me all'uomo dietro al mio corpo pietrificato, nel mentre affiancato dal cugino e i miei amici preoccupati quanto me. Cam sfila la mano dal mio collo lentamente senza mai scostare gli occhi celesti da Damon, lo guarda con odio celato da un velo di...invidia e collera, stizza e acrimonia. Non lo ha mai sopportato, ma semplicemente si è sempre limitato a tollerarlo per il banale motivo che non hanno mai veramente parlato, ma dopo ciò che è successo è come se gli fosse scattato qualcosa dentro. Qualcosa che lo ha portato al limite.

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