CAPITOLO 36

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DAMON

Ci pensato a lungo a questa cosa e forse per quell'allarme, che ogni volta che si mettono in mezzo questo genere di argomenti parte, ho sempre rimandato per non dover perdere la testa preventivamente, eppure ora che l'ho detto è come se mi fossi levato un peso, mi sento bene, fottutamente bene.
Le ho chiesto di sposarmi, Damon Miller che propone ad una donna di legarsi a lui per tutta la vita, è tipo un evento anche più di unico, è praticamente qualcosa di anormale cioè penso che se mi avessero detto tempo fa che avrei mai proposto una cosa simile ad una donna gli avrei riso in faccia, il matrimonio l'ho sempre trovato una gabbia che manda a puttane ogni relazione, per quanto credessi ancor meno alle relazioni in primo luogo. Ma quando poco fa mi è passato per la mente questo pensiero, quando per sbaglio immaginai noi quattro, io, lei e i bambini mi sono detto che non avrei mai voluto altra donna al di fuori di lei per il resto della mia vita e quindi, prima che paranoie del cazzo o allarmi potessero bloccarmi ancora l'ho guardata negli occhi e gliel'ho detto. Ora mi sento bene, cazzo se mi bene se non fosse che il silenzio che sta seguendo la mia domanda indebolisce gradualmente il mio stato di esaltazione, ci sta pensando troppo a lungo e so anche a cosa sta pensando, ed è forse questo che mi sta facendo sentire alcun tempo una merda. Potrebbe dirmi di no per ciò che pensa abbia fatto, questa sua esitazione mi da la conferma del mio pensiero ma al tempo stesso capisco che se fosse sicura di volermi dir di no, con la sua schiettezza e testardaggine, me lo avrebbe già detto. Non sa cosa fare, se scegliere la voce che le dice di accettare, oppure quella che la sta assillando da giorni ricordandole di una menzogna.
Si irrigidisce seduta tra le mie gambe mentre sfiora con la punta di quelle sue dita affusolate l'acqua lieve che le onde ci portano ogni tanto sul bagnasciuga, guarda dritta davanti a sé verso l'orizzonte dove il sole è già quasi tramontato e il cielo, che poco fa aveva assunto delle striature aranciate, lentamente si scurisce dando il benvenuto alla notte. Allo scuro luccichio di un cielo stellato, che da qui, fuori dalla città e nel bel mezzo della natura, si vede ancor meglio di quanto si può fare a casa nostra.

Vedo le sue spalle strette e gracili alzarsi in un profondo sospiro tremante, se magari glielo avessi chiesto prima magari non avrebbe esitato così tanto a dirmi di sì ma ora, mentre giurerei di sentire tutti gli ingranaggi che ha in quella sua testa calcolatrice, non sa se fidarsi ancora di me e dopo ciò che ho fatto in passato non posso biasimarla poi tanto. <<Sai quante volte o sognato questo momento?>> La sua voce è grave e incrinata, per niente sicura e decisa come è solita parlare, ora è come se fosse intimorita di ciò che la sua risposta potrebbe infliggere a se stessa. Io non dico nulla, ormai non mi crede più e anche continuare a ripeterle che non ho fatto ciò che crede sarebbe inutile, così la lascio parlare, la lascio sfogare fino a che non avrà tirato fuori tutto ciò che sente. <<Dal primo momento in cui ci mettemmo insieme anni fa, certo ero consapevole che tu non lo avresti mai voluto, eppure in fondo ci ho sempre sperato.>> Lei ha sempre sperato in un mio cambiamento, che per una volta mi dessi una cazzo di svegliata e vedessi la realtà per com'era veramente, dare per una buona volta retta ai miei genitori che mi hanno ripetuto centinaia di volte di tenermela stretta per una ragazza simile ti fotte la vita, lei ci ha sempre creduto e probabilmente vedere che io invece non ci ho mai dato peso in qualche modo deve averle fatto male.

<<Mi innamorai di te e mi feristi, ti perdonai e mi facesti male ancora.>> La sua voce flebile mentre racconta è spenta, ad un soffio dal singhiozzare. <<Così partii per dimenticarti ma quando tornai mollai la vita che mi ero costruita per te, e tu cosa hai fatto? Mi hai ferita di nuovo.>> Proprio quando sto per ribattere smentendo ancora una volta questa cosa si gira verso di me azzerando ogni mia capacità, quando scorgo il suo viso delicato rigato da lacrime silenziose che brillano sotto la luce fioca della Luna e quella splendente delle stelle. <<Ora vuoi dirmi perchè dovrei dirti di sì?>> Quella solita sicurezza che mi caratterizza per un secondo si accantona da sola e io rimango in silenzio, non ha tutti i torti alla fine, dopo ciò che le ho fatto passare penso che nessuno sarebbe mai rimasto come ha fatto lei, eppure eccola qui e io mi sento uno stronzo a starle chiedendo di legarsi a me dopo che l'ho soltanto ferita. Al mio silenzio si asciuga le lacrime per nascondermi il suo pianto, quindi si alza allontanandosi da me per incamminarsi a passo deciso verso le nostre cose per andarsene. Ma può andarsene così, non senza avermi almeno dato una degna risposta porca puttana. <<Isabelle.>> Esclamo tuonante alzandomi in piedi teso come una corda di violino, al mio richiamo si blocca di spalle, azzera la sua marcia con i pugni stretti lungo i fianchi in preda alla collera e al rancore che riserva per me da tempo. <<Voglio andarmene.>> Riprende a camminare ed io faccio lo stesso sentendo la rabbia scorrermi nelle vene e arrivarmi fino alla testa, non se ne andrà così facilmente, non questa volta. <<Dimmi di no guardandomi negli occhi cazzo!>> Ribatto reboante con più cattiveria e a quel punto si ferma un'altra volta voltandosi impettita e furente, ci divide qualche metro ma in questo momento sembra quasi un abisso, tra di noi soltanto il vuoto e nient'altro, le da una parte e io dall'altra. Basterebbe un passo per ritornare da me ma al tempo stesso non basterebbe una corsa per superare lo strapiombo.

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