Profumo di novità

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"Nessie, amore mio, la colazione è pronta"
mi sussurra papà all'orecchio.
Sono sveglia da un po', sono molto agitata, è la prima volta che girerò per una città come una persona normale e mi sembra incredibile.
Salto giù dal letto e corro per le scale. Papà mi segue.
Mi ha preparato delle uova.
Anche se non ho tanta fame le mangio. Mamma è appoggiata al bancone della cucina, mi guarda e mi dice
"Ricordi cosa ci siamo detti Ness?". "Certo" le rispondo
"Devo controllare la velocità e la forza, non mostrare immagini agli umani, non stare troppo ferma, e non mordere nessuno",
"Esattamente come con nonno Charlie" aggiunge mio padre.
" In più devo fare attenzione a chiamare voi e gli zii per nome, Bella".
"Se tu dovessi avere qualche problema basterà pensarlo, lo sai che la mia testa presta sempre particolare attenzione al suono dei tuoi pensieri".
Senza che ci facessi troppo caso la stanza si è popolata.
Alice e Jasper sono appoggiati alla porta, mentre Rose e Emmett stanno scendendo le scale.
Carlisle è ancora in ospedale, preferisce fare i turni di notte e nonna Esme è accanto a me con una scatolina in mano. "Un pensiero da parte di tutti per il primo giorno di scuola della nostra nipotina"
la apro: è una catenina molto delicata, in argento.
"Abbiamo pensato che si abbinasse a quello che ti ha regalato Jacob"
dice zia Alice.
Jacob per il mio primo compleanno mi ha regalato un bracciale argentato con un ciondolo a forma di lupo.
Non lo levo mai, ecco perché qualsiasi gioiello che mi regalino è abbinato a quello.
Sentiamo il rumore di una moto sul vialetto.
È Jacob.
Papà va ad aprirgli.
"Come va?"
Chiede a nessuno nello specifico e viene ad abbracciarmi.
"Bene"
rispondo io per tutti.
Jacob non vive con noi, ha preso un monolocale qua vicino, o meglio, glielo hanno regalato Esme e Carlisle.
Jake infatti non sopporta per natura l'odore di vampiro, e in oltre, nonostante per noi sia uno di famiglia, sappiamo che apprezza avere la sua privacy.

"Ti va di fare due passi, prima di andare".
Guardo mia madre
"Due minuti, poi dobbiamo andare, non vorrai fare tardi il primo giorno".
Come se fosse possibile fare tardi quando guida papà.
Ricevo un sorriso sghembo in risposta al mio pensiero, faccio la linguaccia a mio padre e scendo con Jake.
"Allora, sei un po' più tranquilla di ieri?" mi chiede quando siamo fuori.
Ieri abbiamo corso insieme nel bosco, e abbiamo parlato, gli ho detto di quanto fossi emozionata, ma anche spaventata, da questa nuova avventura.
Avevo paura di non trovare un'amica, di non piacere agli umani, di non capire i loro ritmi sociali.
E Jake mi aveva tranquillizzato, come sempre una sua parola mi aveva alleggerito il cuore.
Non capivo come, ma il mio lupo sapeva sempre di cosa avessi bisogno.
Sapeva essere il mio migliore amico, un mio alleato, una spalla su cui piangere, una mano da stringere.
Mi offre il braccio e io lo prendo, così camminiamo praticamente incollati.
"Si, direi che sono un po' più tranquilla. Credo che quello di ieri sia stato un'attacco di panico.
Ma starò veramente bene solo quando questa giornata si sarà conclusa",
"E dai Nessie, è solo la scuola, andrà alla grande, e in più dopo scuola verrò a prenderti io, così potrai mostrarmi tutto".
Gli prendo la mano e gli mostro un paio di ricordi che mi sono appena venuti in mente, di lui che mi aiuta e mi consola, il primo siamo io e lui abbracciati, risale al periodo in cui i Volturi minacciavano di ucciderci tutti.
Gli mostro quanto la sua presenza mi desse forza, quanto mi facesse sentire speciale in un momento in cui la mia diversità sembrava voler dire sbagliato. Concludo urlando un grazie.
Mi guarda negli occhi senza trovare le parole.
Poi mi dice "Ho bisogno di dirti così tante cose e nessuna idea di come fare."
"Dai Jake, se c'è qualcosa che non mi serve è un pensiero in più oggi. Dimmelo, non mettermi in ansia"
"Vorrei dirtelo ma devo farlo per bene. E no, non te lo dico, così avrai un motivo per pensarmi tutto il giorno."
"Lo sai che ti penso lo stesso, senza di te è come se mancasse qualcosa. Ogni volta che succede qualcosa penso se valga la pena raccontatelo, e quale sarà la tua reazione"
"La mia Nessie"
mi dice guardandomi ancora negli occhi. Non è la prima volta che mi chiama così, ma questa volta ha un'intensità diversa, un'intimità che mi fa distogliere lo sguardo, un'emozione nella voce che mi spinge ad arrossire.
"Ness" sento mamma chiamare, "dobbiamo andare".
Bacio Jake sulla guancia e corro via gridando "Ti aspetto all'uscita".

In macchina penso a quello che è successo, a come mi aveva guardata. Sento addosso lo sguardo di mio padre, so che sta leggendo ogni mio singolo pensiero e so anche che non posso essere arrabbiata con lui per questo.
Per lui è come se stessi parlando ad alta voce, non potrebbe non ascoltare neanche volendo.
Però mi infastidisce saperlo nella mia mente.
Cerco di distogliere i pensieri, ma quel ricordo torna sempre.
Per lo meno la scuola è passata in secondo piano.
Chissà perché era così emozionato, chissà cosa deve dirmi.
Non riesco a pensare a nulla.
Non è da Jake darmi preoccupazioni, o parlarmi dei suoi problemi, è anche vero però che prima di adesso aveva i suoi amici ad assolvere questo compito, adesso ha solo mia madre.
Magari finalmente ha smesso di vedermi come una bimba da proteggere e sta iniziando a vedermi come un'amica, qualcuno con cui potersi confidare, su cui poter contare.
Per me sarebbe il massimo, è da una vita che sono avanti al mondo, più intelligente, più responsabile, più intuitiva.
Ma confrontarsi con vampiri di cento anni almeno non ha mai messo in risalto queste mie qualità, ero e sono tutt'ora la piccola di casa, e poco importa che io sia in grado di capire e aiutare, tutti mi tengono all'oscuro di tutto se possono. Compreso Jake.
Un po' questo atteggiamento mi infastidisce.
Mi dà fastidio non sapere cosa passi per la testa di Jacob ma che lui sappia sempre cosa passi per la mia, e mi dà fastidio non poter fare la mia parte per alimentare questa amicizia, voglio dire, dovremmo aiutarci a vicenda, invece qui è lui che aiuta me e basta.
Si parla sempre e solo di me.
Ma chissà perché le sue parole mi spingono a credere che questa realtà stia per cambiare.
Siamo arrivati a scuola.
Mio padre e mia madre mi guardano, negli occhi l'emozione dei genitori quando realizzano che la loro bimba sta crescendo.
Li guardo, tocco la mano a mia madre e le mostro di quando mi diede il ciondolo, il mio primo Natale, prima della battaglia contro i Volturi, con scritto "Plus que ma proprie vis", è quanto io vi amo.
Mia madre e mio padre mi guardano per un momento, emozionati, fieri di vedere quanto riesca a comprenderli da uno sguardo.
Mia madre sussurra
"Per sempre amore mio"
mio padre annuisce, guardandomi con affetto immenso, poi mi sorride rassicurante
"È ora di andare in scena" e apre la portiera.

Jacob e RenesmeeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora