La famiglia chiama

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Erano passati ventotto anni da quel giorno. Io e Jacob ci conservavano intatti, godendoci ogni singolo giorno della nostra eternità. Jacob era sempre stato affascinato dal vivere nei boschi, abbandonandosi alla natura. L'aveva fatto molte volte prima che io nascessi. Era il suo modo di evadere. E io, beh, io amo la vita che ho scelto, amo vivere alla giornata con il mio lupo. I vampiri non si avvicinavano a noi, l'odore di Jacob li nausea. Ogni altra specie è innocua in confronto ad un vampiro e ad un lupo. Questo ci consentì di vivere sereni.
Ma quella mattina Jacob ha un'aria diversa dal solito, preoccupata.
"Amore che c'è?" il suo stato d'animo mi agita immediatamente, ha quell'aria grave di chi ha un problema per le mani ma non ha modo di risolverlo. Siamo in una grotta, dove ha dormito qualche ora. Ormai giorno e notte non hanno importanza, guardiamo il loro scorrere senza dargli un vero significato, dopo tutto che senso ha contare il tempo quando si ha davanti una vita eterna?
Jacob si trasforma davanti ai miei occhi, e ogni volta mi stupisco di quanto sia bello.
"Quil si è trasformato" dice serio.
Quil è l'ultimo lupo del branco a trasformarsi, oltre Jacob ovviamente. Infatti il suo imprinting, Clare, aveva solo due anni quando Quil ebbe l'imprinting. Quil aveva dovuto aspettare che crescesse per smettere di trasformarsi, non sarebbe stato il massimo che una sedicenne uscisse con un quarantenne. Adesso che lei aveva trent'anni lui aveva deciso di tornare a invecchiare con lei, ma riuscire a bloccare il gene era complicato e richiedeva tempo. Ma sembrava che ci fosse definitivamente riuscito, Jake non sentiva i pensieri di Quil ormai da tre settimane.
"Peccato... magari si sarà arrabbiato, ci proverà di nuovo, primo o poi ci riuscirà" dico incoraggiante ma ancora confusa, non capisco come questo problema giustifichi la sua faccia
"Amore, Quil si è trasformato per darmi un messaggio" sospira, sembra che provi dolore fisico. Mi avvicino a lui, gli poggio la testa nell'incavo del collo "Jake aiutami a capire"
Una lacrima gli riga il viso, prende un respiro profondo, ma nonostante questo le sue parole escono spezzate "Mio padre è malato" dice, le lacrime iniziano a scendere "stando ai pensieri di Quil gli rimane poco"
Lo stringo forte a me. Lo tengo stretto mentre mi singhiozza sulla spalla. Mi distrugge vederlo così. Quando lo sento tranquillizzarsi un poco mi stacco e lo guardo negli occhi "dobbiamo andare Jake" lui annuisce. È come se non fosse lucido, come se non sapesse come muoversi, cosa fare.
Ed è così che partiamo. Corriamo veloci, velocissimo verso Forks. Appena siamo vicini a La Push rubo da una casa dei vestiti per me e per lui, dato che non credo che il nostro abbigliamento sia adatto. Una volta che siamo più o meno sistemati entriamo nel territorio Quiliute. Suoniamo alla porta e ad aprirci è Rechel, una delle sorelle maggiori di Jacob. Jacob la guarda un po' timido, ma quando lei lo prende tra le braccia si rilassa subito. "Mi sei mancato da morire Jake" le dice commossa. Rechel conosce il segreto del gene, le avevano raccontato tutto quando Poul aveva avuto l'imprinting con lei. "Io ho saputo di papà" dice Jacob "è qui? Come sta?"
"Penso che starà molto meglio quando ti vedrà, anzi credo che tutti siano impazienti di vederti" dice sorridendo suo malgrado. Il suo volto mostra qualche ruga, oltre a tradire la stanchezza di quelle ultime settimane. Rachel si gira a guardarmi, forse sentendosi osservata. "E questa bella ragazza chi è?" chiede al fratello "Lei è Nessie, la mia compagna" dice Jacob con sguardo fiero. "Ma certo" dice Rechel sorridendo "lei è stata il tuo imprinting, sei tanto cresciuta dall'ultima volta che ti ho visto"
"Sicuramente meno del previsto" dico, dato che dovrei dimostrare trent'anni passati ma ne dimostro ventuno o giù di lì.
Entriamo in casa. Sento il respiro di Billy provenire dalla stanza da letto, è irregolare, affaticato. Guardo Jake "Vuoi che venga con te?" chiedo "Forse è meglio da solo" mi dice. Io annuisco e lo incoraggio ad andare.
A questo punto sono sola con Rechel, che sembra intimidita dalla mia presenza ora che suo fratello ci ha lasciate sole. Mi guardo intorno e capisco il perché. C'è uno specchio, al suo interno vedo una bellissima donna, selvaggia, possente. Sicuramente assomiglio di più ad un nomade che ad una Cullen, e immagino che questo abbia su un umano l'effetto che su di me aveva Zafrina. Ogni aspetto di me è sublime, irresistibile ma letale. "Come avete saputo di mio padre?" mi chiede Rachel interrompendo i miei pensieri, è in cucina che lava i piatti, forse l'aiuta a rilassarsi. "Quil" dico solamente. Non sono più abituata a parlare con qualcuno che non sia Jacob, questo mi rende nervosa. "Ahh" dice "in effetti è grazie a lui se abbiamo avuto notizie di Jacob tutto il tempo. Da quello che so anche i tuoi si tengono informati tramite il branco." Sono contenta di questa cosa, vuol dire che non mi hanno dimenticata.
"Hai notizie di Charlie?" le chiedo "Quell'uomo è un santo, viene qui tutti i giorni, e Sue, sua moglie, porta sempre qualcosa da mangiare per me o per Billy, e mi aiuta con le faccende qui in casa. Se ne sono appena andati, a proposito, ma se vuoi andare ora abitano..." "No, ora sto qua, Jacob ha bisogno di me" dico categorica. La conversazione finisce. Sento le voci di Jacob e di suo padre, tutte e due flebili, Billy per la stanchezza e Jacob per la tristezza. Si raccontano di tante cose, alcune molto personali, e mi dispiace poterli sentire perché so che non dovrei. Decido che è meglio uscire, faccio fatica a controllare la velocità e i modi, dopotutto sono anni che non lo faccio, ma so che devo trattenermi. "Rechel io esco a prendere aria, se Jake mi cerca digli che sono fuori dalla porta" dico senza aspettare una risposta ed esco. Appena metto un piede fuori casa incontro un signore con una bambina in braccio. Continuo a camminare, devo andare abbastanza in la da non sentire quello che stanno dicendo in quella maledetta stanza. Sento però uno sguardo addosso. Mi giro ed è il signore di prima. Mi guarda senza neanche provare a fingere di non farlo, da quello che ricordo è maleducazione. Anche io lo fisso e a questo punto parla "Mi scusi" esordisce "lei non è delle zona..." "E quindi?" rispondo seccata. Poggia la bambina e la nasconde dietro le sue gambe, dopo di ché lo vedo avvicinarsi, la cosa non mi fa piacere, so di dovermi controllare, quindi indietreggio. Sono in difficoltà, l'istinto mi dice di attaccare, il buon senso che è solo un umano e non può farmi niente."Renesmee... Sei tu?" cerco nella memoria qualcosa che mi aiuti a ricordare, torno alle facce dei Quiliute ed ecco che in quelle rughe riconosco Seth. "Seth, sei proprio tu?" dico rilassandomi "Scusami non volevo innervosirti, ma sapevo che eri tu. Anche se, lasciatelo dire, sei diversa."
"Lo so" dico "sono passati tanti anni". "Cosa ti porta qui?" "Billy" dico solo, ma Seth capisce al volo "Purtroppo questo momento deve arrivare per tutti... O quasi" si corregge. "La bambina?" Chiedo
"Lei è Sue, mia figlia"

Jacob e RenesmeeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora