XVI

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Mi poggiai una mano tremante sul cuore che palpitava spaurito quasi quanto me.

Alla mia vista ancora abbagliata, probabilmente dallo shock, si aggiunse un leggero capogiro che mi costrinse ad appoggiarmi al duro petto di Carl, il quale mi sostenne fermamente i fianchi da dietro.

Il suo respiro piacevolmente caldo mi solleticò il capo.

《Respira, bambina. Inala dal naso ed espelli l'aria dalla bocca. Brava, così...continua così...》sussurrò dolcemente contro il mio orecchio con tono cauto e basso, volto a donarmi un certo conforto.

Come per magia la mia gola si rilassò e l'aria ricominciò a circolare come di dovere.

Carl mi accarezzò il ventre con dolcezza nel mentre mi dondolava piano stampando dolci baci sulla mia nuca.

Il mio respiro tornò regolare e i forti tremori che avevano scosso violentemente il mio corpo si acquietarono incredibilmente.

《Non devi temere, Enly. Ti prometto che sarò un buon padre.》affermò piegando il capo verso la curva del mio collo, baciando ripetutamente la morbida pelle di quest'ultimo.

Una calda sensazione mi abbracciò il cuore, tranquillizzando il battito di esso, ammansendo il suo palpitare sfrenato.

Mi trovai a chinare il capo, come colpevole di star provando un'emozione simile alla sicurezza tra le braccia del mio carceriere.

La mia sanità mentale stava abbandonandomi, facendomi sprofondare nella follia totale.
La mia mente era troppo stanca per pervenire al mio obiettivo.

《Enly, devi mettere qualcosa sotto i denti. Vieni con me, bambina...》affermò ruotando i nostri corpi, come se fossimo un'unica persona, verso la soglia della porta, guidandomi pazientemente nella minuscola cucina.

Mi lasciò un ultimo bacio sul capo, dopodiché si sedette sulla sedia in legno con i gomiti sul tavolo e il mento appoggiato sulle nocche delle grosse mani, fissandomi ossessivamente.

Il suo sguardo perennemente freddo mi incitò silenziosamente ad affrettarmi.

Il mio stomaco, seppur vuoto da non ricordavo più quanto tempo, non brontolava né doleva a causa dei morsi della fame, apparendo apatico alla sensazione di vuoto che lo colmava.
Totalmente indifferente.

Nonostante la mia insolita mancanza di appetito, scoccando un'occhiata alla rigida postura di Carl, iniziai a rovistare all'interno del frigo intenta ad assecondare nuovamente il suo volere cosicché da evitare un ulteriore sua sfuriata.
Il mio fragile corpo e la mia mente in inesplicabile confusione non avrebbero retto altra violenza.

Mangiammo in assoluto silenzio la zuppa calda che avevo preparato.

《Mentre tu ripulisci la cucina, vado a coricarmi sul divano. Appena hai finito, portami una birra fredda, si trova all'interno del congelatore. L'ho messa da poco.》comunicò con tono neutro alzandosi dalla sedia e appostandosi alle mie spalle.

Tremai lievemente quando un suo braccio mi avvolse possessivamente la vita stringendomi al suo corpo.

Depose un tenero bacio sul mio capo chino e con rapidità si diresse verso il divano situato nel piccolo salotto, accendendo la televisione con fare rilassato.

Sospirai stancamente appoggiando il peso del mio corpo sul lavello della cucina, come ad addossare a quest'ultimo l'enorme e opprimente bagaglio di problemi che pesava gravemente sulla mia piccola schiena, troppo piccola e ferita per dimostrarsi capace di sostenere quell'insopportabile gravame.

《Quanto ancora devo aspettare?》tuonò Carl dal salotto assumendo un tono di voce alterato.

Mi agitai velocizzando i miei movimenti finché la cucina non luccicò di pulito.

Emisi un lieve sospiro di soddisfazione per poi spostare nervosamente dalla fronte una ciocca corvina scappatami dalla coda.

Un improvviso rumore di vetri che si infrangono mi fece saltare sul posto, terribilmente spaventata.

Spalancai velocemente l'anta del congelatore fissando con un'espressione allarmata i pezzi di vetro rotti appartenenti alla bottiglia di birra.

Avvertii distintamente i passi pesanti di Carl bloccarsi alle mie spalle, ruotai di poco il capo nella sua direzione osservando con la coda dell'occhio il suo volto alterato.

I suoi occhi rabbiosi saettarono ferocemente ai miei impauriti, provocandomi un violento sussulto.

《Non ti avevo chiesto nulla di eccessivamente complesso, bambina.》affermò rimproverandomi con il suo sguardo spaventosamente severo e minaccioso.

Rabbrividii impaurita volgendo i miei occhi al pavimento.

《La mia già poca pazienza si sta esaurendo, Enly. Rassegnati a ciò che è divenuta la tua nuova vita, prima che succeda qualcosa di irreparabile...》minacciò avvicinandosi al mio corpo tremante.

《E q-questa la c-chiami vita?》chiesi flebilmente arretrando fino a che le mie spalle scosse da leggeri tremiti cozzarono contro il duro marmo della cucina.

Con poche falcate raggiunse la mia minuscola figura, incombendo sul mio corpo provocandomi una fastidiosa sensazione di claustrofobia.

《Sì, bambina. La vita come la conosci tu è solo una bella e perfetta facciata del mondo. Una maschera, un inganno... Hai mai sentito il proverbio: "Non è tutto oro ciò che luccica"? Beh...è proprio così, mia piccola Enly. Ciò che può all'apparenza sembrare bello, può, in realtà, celare ignobili inganni e avere delle conseguenze amare.》sussurrò con espressione amara a un pugno dal mio viso, sfiorando le sue labbra sulla mia fronte, eccessivamente accaldata.

《M-ma perché mi hai catapultata in questa realtà di cui ero felicemente ignara? Perché non hai permesso che crogiolassi nella mia beata ignoranza?》domandai con le lacrime che mi rigavano imperterrite le guance paonazze.

《Perché sono un fottuto egoista, bambina. Agognavo disperatamente un brandello di quella vita tanto perfetta. Non ho resistito alla tentazione. Ma ora, quel che è fatto, è fatto. Non si torna indietro.》sentenziò con voce ferma e irremovibile avvolgendomi il corpo in un abbraccio forzato.

Nei dieci minuti di silenzio che seguirono le sue ultime parole mi lasciai trascinare da un amaro rinfacciamento: non sarei più tornata a casa.

Una piccola lacrima diede il via libera a un pianto pietoso e pensai che nemmeno alla morte di mio padre il dolore mi avesse lacerato il cuore come in quel momento.

Alla fine avvertii un violento tremore scuotermi le ginocchia e, un mancamento colpirmi in piena crisi isterica, ma non percepii il tonfo sordo del mio corpo tremebondo che cascava sul duro pavimento in legno poiché due forti braccia mi sostennero con forza contro un corpo massiccio e grosso.

《Sfogati, Enly. Piangi. Permettimi di bere le tue lacrime, leccare la dolce scia che quest'ultime hanno lasciato macchiando la pelle morbida del tuo viso. Lascia che mi prenda cura di te. Abbandonati tra le mie braccia, al sicuro...》mormorò sfiorando con il naso la mia gola.

A tali parole rispose l'urto dei miei singhiozzi, divenuti improvvisamente più forti e disperati.

"Bugiardo!", strepitai ferocemente nella mia mente, non avendo, tuttavia, il coraggio e la forza necessaria per gridarlo in faccia al diretto interessato.

Carl mi sollevó senza alcuno sforzo, come se fossi una sposa, trasportandomi con sé sul divano.

Agitata tentai di sollevarmi dal suo corpo.

《Shhh...va tutto bene, bambina. Calma...》mi rassicurò con tono tranquillo e pacato, che mai gli avevo udito pronunciare.

Mi voltò il viso di lato, leccando le lacrime che, ancora e ancora, cocciute, inondavano copiosamente il mio viso, stravolto dalla disperazione.

Il suo mastodontico corpo bollente e il suo odore mascolino mi destabilizzarono, ma mai quanto le parole che proferì in seguito.

《Sarai la mia rovina, Enly.》

 𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝐹𝑟𝑎𝑔𝑚𝑒𝑛𝑡 𝑂𝑓 𝐻𝑒𝑎𝑣𝑒𝑛  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora