XVIII

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Mi sedei sul letto con il viso improvvisamente illuminato da un'emozione che credevo non avrei più avuto il privilegio di provare: speranza.

Rammentai che mia madre, al ritorno a casa dal funerale di mio padre, che ella tanto amava, mi strinse a sé sussurrando con voce soffocata al mio orecchio che ce la saremmo cavata anche da sole.

《La speranza ci rende potenti, piccola mia.》, disse liberandomi dal suo abbraccio stretto e caldo asciugando velocemente la copiosa lacrima che le aveva percorso il viso, l'ultima che le vidi cadere da quegli occhi nocciola, così dolci e gentili.

Fu l'ultima volta che assistetti ad un suo crollo, presumevo fosse stato anche l'ultimo che avesse avuto, poiché successivamente riunì tutte le sue forze concentrandole nella sua bellissima professione.

Fino a quel momento non avevo mai riflettuto profondamente sulla smisurata forza di volontà che mia madre avesse impiegato nello sperare così ardentemente in una vita felice e tranquilla, nonostante la dolorosa perdita dell'uomo che le era stato accanto tutta la vita.

Era da sempre stata forte per entrambe, sorvolando le difficoltà con una facilità incredibile.
La speranza l'aveva motivata ad andare avanti, perché essa stessa è la forza che aiuta a non arrenderci cosicché da raggiungere ciò che ci rende felici.

Io desideravo con tutto il cuore tornare a vivere, tornare a sperare.

Provai improvvisamente vergogna nell'essermi ritirata nel mio accogliente guscio di indifferenza e timore, anziché incrociare le dita ed accettare la paura, farla mia per reggerla.

Ero stata una codarda, una vile vigliacca.

La mia mente più volte mi aveva spinta ad agire, ma, l'avevo ignorata per la troppa insicurezza covata dentro di me.
Mi accingevo a mostrare indifferenza alle imposizioni malate di Carl, per non dover più fare i conti con la sua violenza mortale.

"Non sentire per non soffrire", avevo ripetuto a me stessa fino allo sfinimento.

Avrei dovuto gestire le mie emozioni per mettere in moto delle strategie volte a farmi scappare dalla prigione in cui mi aveva crudelmente confinato Carl.
E, per raggiungere tale obiettivo avrei imparato a lottare contro la mia codardia nonostante la tremenda paura che mi annebbiava la mente, confondendo il mio fine.

In un attimo, Carl si avvicinò a me e mi baciò dolcemente sulle labbra.

Rimasi annichilita a fissarlo mentre scavava nel piccolo settimino della "nostra" camera da letto alla ricerca di indumenti a me adatti.
Dopo un pó mi lanciò una sua camincia bianca e dei pantaloncini di tuta elasticizzati.

《Credo possano andare bene, per ora.》affermò lanciandomi un'occhiata eloquente.

Quel suo "per ora" non era stato assolutamente pronunciato casualmente dalle sue labbra.

Tacitamente, mi stava avvertendo della possibilità di uscire nuovamente dalla casa.

Tutto sarebbe stato dipeso dal comportamento che avrei mostrato durante la nostra piccola uscita.

Strinsi gli indumenti al mio petto inalando un piacevole profumo di muschio e pulito.
Immaginai che la libertà avesse quest'odore delicato e soave.

《Enly, se non ti sbrighi finiranno tutti gli alfajiores!》mi avvertì Carl incitandomi con lo sguardo a vestirmi.

Balzai come una molla dal letto vestendomi velocemente dinanzi ai suoi occhi divertiti.
La camicia mi stava grande ma la sensazione di freschezza dovuta al suo tessuto leggero mi fece sospirare piacevolmente, mentre, i pantaloncini elasticizzati calzavano stretti sul pancione in evidenza.

Carl fissò lo sguardo sulla pelle nuda dalla coscia al piede.

《Andiamo?》chiesi con voce dolce avvicinandomi a lui.

Gli presi dolcemente la mano attendendo con pazienza che aprisse la porta cosicché da dirigerci finalmente all'esterno del piccolo appartamento.

I suoi occhi mi squadrarono ancora un pó la pelle nuda prima di fissarsi nei miei.

Ebbi come la sensazione che stesse cambiando repentinamente idea.

Un moto di panico mi spinse a stringere la presa sulla sua mano.

《V-vorrei t-tanto assaggiare gli a-alfajiores...a-abbiamo tanta fa-fame, papà.》dissi falsamente con voce timida distogliendo lo sguardo dal suo divenuto improvvisamente luminoso.

《Andiamo, bambine mie...》affermò con un sorriso a trentadue denti trascinandomi velocemente verso l'uscita dall'angusta casa.

Aprì velocemente la porta spingendomi fuori con lui.

Nel mentre cercava le chiavi per poter chiudere la porta, lanciai un'occhiata curiosa a ciò che mi circondava.

Oltre al nostro piccolo appartamento sembravano esserci altri due.

Il corridoio era stretto e angusto, e terminava con una rampa di scale che, scoprii camminando dietro a Carl, collegava direttamente alla strada.

Il respiro mi si bloccò in gola quando osservai cosa c'era all'infuori di ciò che era divenuta la mia prigione da quattro mesi a questa parte.

《Abbassa lo sguardo, Enly. Odio che altri si perdano nei tuoi splendidi occhi!》ringhiò rabbiosamente artigliandomi i fianchi Carl.

Immediatamente, spaventata da lui e dagli esseri immondi che mi circondavano fissando con occhi spietati la mia figura, calai lo sguardo ponendo la mia completa attenzione allo strato di terriccio chiaro che stavo calpestando con gambe molli e instabili.

Carl mi condusse verso un'auto malconcia.

Aprì velocemente lo sportello spingendomi sul sedile.

Mi si affiancò subitamente iniziando a guidare.

Il mio respiro, che credevo fosse rimasto bloccato in gola per tutto il tempo, tornò a circolare fornendo sollievo ai miei poveri polmoni.

《Non immaginavo che il Messico fosse così...》mormorai tristemente con voce soffocata osservando allibita il paesaggio all'esterno dell'auto.

Le pubblicità delle agenzie di viaggi avevano sempre e solo mostrato il Messico come sinonimo di colori, suoni e odori, paesini pittoreschi e spiagge pulitissime, dal mare cristallino.
Nulla di ciò che avevo appena visto era raffigurato sui cataloghi colorati che normalmente ti mostravano.

《Non dimenticare le mie parole, bambina. "Non è tutto oro ciò che luccica"...》affermò improvvisamente Carl quasi come se avesse compreso ciò che mi stavo domandando.

《Benvenuta nell'altra faccia della medaglia messicana.》continuò ruotando il capo cosicché da incrociare i nostri occhi.

《P-perchè mi hai permesso di u-uscire, allora? S-sei per ca-caso impazzito?》domandai con tono terrorizzato poggiando istintivamente il mio braccio tremante attorno al pancione.

Il mio gesto lo fece desistere dall'accostare l'auto e darmele di santa ragione per l'aver alzato la voce contro di lui.

《Stai tranquilla, Enly. Sanno chi sono. Non vi toccheranno, a meno che non vogliano rischiare d'esser spellati vivi ed essere mangiati dai cani o dai niños trabajadores...》assicurò stringendo possessivamente il mio ginocchio.

Sospirai improvvisamente più tranquilla.

Nessuno avrebbe fatto del male alla mia bambina finché ci sarebbe stato lui, ma chi avrebbe protetto la mia bambina dal padre stesso?

"Non temere, piccola mia. Darei la mia vita per te..." dissi sottovoce alla diretta interessata accarezzando dolcemente il mio pancione.





 𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝐹𝑟𝑎𝑔𝑚𝑒𝑛𝑡 𝑂𝑓 𝐻𝑒𝑎𝑣𝑒𝑛  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora