XVII

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Dopo un insieme di sogni agitati e assurdi, mi svegliai definitivamente a causa degli, ormai, persistenti conati di vomito che mi davano il buongiorno ogni mattina da quattro mesi a questa parte.

Saltai dal letto correndo come un razzo in direzione del bagno, rigettando l'intera cena di cui mi ero cibata la sera prima, con cotanta fame.
Quest'ultima negli ultimi quattro mesi era cresciuta enormemente, divenendo quasi impossibile da calmare.

D'altronde, era comprensibile, siccome, nel mio corpo effettivamente eravamo in due ad avere appetito.

Aggrappandomi al marmo del lavandino, a fatica, riuscii finalmente ad alzarmi.

I miei grandi occhi azzurri si fissarono immediatamente sul mio riflesso allo specchio e, una nube di pianto velò la mia vista quando scorsi il mio pancione, iniziato da poco a essere maggiormente visibile.
Il mio corpo stava gradualmente cambiando cosicché da far spazio alla bambina che cresceva in me.

Già, una bambina.

Era alquanto esilarante quanto pietoso: una bambina stava crescendo nel corpo di un'altra bambina.

Avvertii in me un'ombra di malinconia percorrermi lo sguardo.

Avrei tanto desiderato che mia madre mi accompagnasse in questo tortuoso e spaventoso percorso, un giorno.

Chiusi dolcemente gli occhi e fantasticai con la mente immaginando di possedere circa dieci anni in più, d'esser sposata con l'uomo di cui mi ero follemente innamorata e, di cui ero estremamente contenta di costruire una famiglia tutta nostra.

Scossi la testa, intenzionata a riacquistare la gelida indifferenza che da quattro mesi aveva iniziato a caratterizzarmi.

E, chinata sopra il lavandino con una mano fredda poggiata sulla fronte calda non mi accorsi della massiccia presenza appostata silenziosa alle mie spalle.

《Cos'hai, bambina? Stai bene?》indagò Carl con un accenno di preoccupazione a scorgergli sul viso.

Annuii meccanicamente distogliendo con rapidità lo sguardo dal suo viso nel mentre mi sciacquavo la bocca, intenzionata a togliere da essa lo sgradevole sapore del vomito.

《È la nostra Amélie che fa i capricci ad arrecarti tutto questo fastidio?》domandò giocosamente avvicinandosi al mio corpo.

Due grosse braccia mi avvilupparono possessivamente i fianchi spingendomi all'indietro, verso un corpo duro come il ferro.
Lasciai che la mia schiena aderisse al suo petto sodo, sospirando stancamente quando incontrai i suoi occhi scuri nel riflesso dello specchio.

《Il suo nome è Atalia, non "Amélie".》sostenni con tono fermo pulendo la mia bocca, ora fresca di dentifricio, con un panno asciutto e pulito.

《Non iniziamo con questo discorso, Enly. Ho già deciso che la nostra bambina si chiamerà Amélie. La questione è chiusa!》tuonò arrabbiato stringendo saldamente il mio corpo a sé.

L'immagine di noi due stretti a quel modo avrebbe potuto ingannare chiunque sulla veridicità della nostra relazione.

Seppur, in quei quattro mesi avevo mutato drasticamente il mio atteggiamento, divenendo la moglie devota e sottomessa che Carl ardentemente desiderava, una piccola parte di me ancora sperava in un suo ripensamento, in un accenno di rimorso da parte sua, qualsiasi cosa lo avesse fatto rinsavire e spinto a liberarmi da quella dannata prigionia che a poco a poco stava consumandomi l'anima e il cuore, trasformandomi in una persona diversa da quella che ero sempre stata.

Avevo appreso a mio discapito come la mia sottomissione avrebbe evitato che Carl mi provocasse volontariamente dolore fisico, ma la falsa dolcezza che mostrava quando mi piegavo ai suoi desideri mi provocava un patimento ancor più sofferente, seppur morale.

 𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝐹𝑟𝑎𝑔𝑚𝑒𝑛𝑡 𝑂𝑓 𝐻𝑒𝑎𝑣𝑒𝑛  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora