XXII

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Il tragitto in macchina fu abbastanza tranquillo.

Mancavano all'in circa 10 minuti alla destinazione, cioè il bar in cui mi portò Carl la prima volta che mi permise di uscire da quel maledetto edificio.

Il percorso lo avevo, ormai, imparato a memoria.
Perciò, quando mi accorsi che Ismael aveva svoltato in una stradina sterrata che non avevamo mai percorso, mi voltai a guardarlo incuriosita.

Il suo viso stava sbiancando e i suoi occhi erano divenuti una specie di flipper.
Essi, infatti, saettavano nervosamente dallo specchietto retrovisore alla strada e viceversa.

Ruotai il capo volgendo curiosamente lo sguardo all'indietro e aguzzai la vista osservando attentamente l'auto nera con i vetri oscurati che stava percorrendo la nostra stessa stradina.

Improvvisamente, quest'ultima ci sorpassò sfrecciando dinanzi al nostro veicolo.

Tornai seduta composta sul mio sedile, quando l'auto scomparì dalla nostra vista, scoccando un'occhiata a Ismael, il quale si era visibilmente rilassato tornando ad assumere il solito colorito tipico dei messicani.

Volsi il capo alla mia destra lasciandomi distrarre dalla miriade di pensieri che mi affollavano la mente

Il rimbombo di uno sparo spezzò la tranquillità del momento facendomi sobbalzare sul sedile gettando un improvviso urlo.

Il mio capo scattò in direzione di Ismael, il cui capo era chinato in avanti, sul volante dell'auto, la quale stava prendendo velocità in direzione d'un dirupo.

Mi passarono davanti agli occhi i miei interi sedici anni di vita.

Fu un attimo, poi, i miei occhi catturarono una farfalla appoggiarsi sulla maniglia dell'auto, quasi a consigliarmi l'unica via di salvezza.

Non seppi se me l'avessi semplicemente immaginata o se la sua presenza fosse stata reale, ma il mio corpo agì autonomamente.

Spalancai la portiera e mi gettai fuori dall'auto.

Rotolai rovinosamente una ventina di volte sul terreno ghiaioso, che mi perforò con i ciottoli, di cui era caratterizzato, la schiena e le braccia che avevo usato per proteggermi la testa.

Quando, finalmente, il mio corpo si arrestò il respiro, che non mi accorsi d'aver trattenuto, tornò a svolgere il proprio lavoro lasciando che non morissi per mancanza d'ossigeno.

D'altronde, sarebbe stata una morte alquanto inutile.

Se non ero morta dopo l'impatto violento col suolo duro e costellato di sassi su cui il mio corpo si era schiantato, certamente, non avrei permesso alla mia vita di abbandonarmi per mancanza d'aria.

No, cara.

Avrei deciso io quando morire.

E, di certo, non sarei morta in quel momento, dopo aver fatto un volo da un auto in picchiata verso il vuoto, decisamente degno di un film d'azione.

Sollevai con non poco sforzo il mio busto tastandomi le articolazioni alla ricerca di possibili fratture.

A parte un lieve indolenzimento, fortunatamente, ero sana come un pesce e non avevo nulla di rotto.

Il mio vestito si era strappato in più punti e presentavo dei graffi sulla pelle delle gambe e delle braccia, nonostante ciò, mi parvero delle sciocchezze in confronto allo scempio che presentavo sul mio corpo quando Carl sfogava la sua rabbia su di me.

Perciò, mi issai in piedi osservandomi intorno con circospezione.

Solo in quel momento mi venne in mente l'auto nera con i vetri oscurati che precedentemente ci stava seguendo.

Se dinanzi a me si ergeva un dirupo, dov'era finita quell'auto? Era forse cascata dal dirupo anch'essa?

Poi, rammentai lo sparo che aveva messo fine alla vita di Ismael e, mi immobilizzai.

Perché lo avevano sparato?
E, cosa più importante, erano una minaccia anche per me?

Il mio respiro accelerò vistosamente alimentando il crescente panico che mi confuse i pensieri.

Sembrava che mi fossi materializzata in un vero e proprio film d'azione o, peggio, un film dell'orrore.

Cercai di fare mente locale e decidere la mia prossima mossa ragionando con parsimonia.

In qualsiasi film, la protagonista in pericolo accecata dalla curiosità alla fine si trovava perennemente in pericolo.
Perciò, lasciai alle mie spalle il corpo morto di Ismael che sicuramente stava arrostendo tra le fiamme che avevano iniziato a circondare l'intero abitacolo e, camminai nella direzione opposta alla sua.

《La curiosità uccise il topo》mi dissi, quasi per fornire alla mia mente e al mio cuore una valida scusante per non aver reso omaggio alla morte di Ismael, il quale non mi aveva mai fatto alcun male.

Traballante, a causa dell'indolenzimento alle mie gambe, camminai sul terreno ghiaioso senza una meta, finché avvertii uno spezzarsi di rami alle mie spalle.

Il terrore mi lambí i sensi, ma nonostante ciò, non permisi al mio corpo di immobilizzarsi.

Anzi, mi fiondai in avanti correndo come mai avevo fatto dandomi a una precipitosa fuga, senza sapere dove andassi nè che cosa avessi in mente di fare e, in quel momento maledii la mia pigrizia che non mi aveva permesso di avere muscoli più allenati e forti.

Un secondo sparo echeggiò assordandomi.

Persi la concentrazione inciampando su un grosso sasso e cadendo rovinosamente su uno spesso strato di fango che mi imbrattò il corpo.

Cercai di sollevarmi cosicché da scattare in piedi e darmela nuovamente alle gambe, ma, una mano mi artigliò i capelli strattonandomi violentemente all'indietro.

Avvertii la mia schiena scontrarsi su un petto duro come il marmo.

Strillai disperatamente tentando di divincolarmi dalla forte stretta che mi stava strappando violentemente i capelli.

《Buona, scricciolo. Sta buona...》impartè minacciosamente con tono basso e profondo.

Testardamente mi divincolai con maggiore ardore.

《Jeff, falla tacere, ora. Le mie povere orecchie implorano pietà.》sentii dire da una seconda voce, ancor più profonda e glaciale.

In un attimo, l'uomo che mi stava pressando contro il suo corpo mi tappó la bocca con la sua grossa mano attutendo le mie urla disperate.

《Zitta!》tuonò brutale contro il mio orecchio spaventandomi enormemente.

Perché...
Perché il male mi perseguitava?
Quale peccato avevo mai commesso per meritare un simile trattamento dalla vita?

Singhiozzai fino a quasi esaurire l'ossigeno finché sentii improvvisamente un pizzico sul collo.

Il mio corpo si rilassò contro quello dell'uomo alle mie spalle.

"Jeff".

Così l'aveva chiamato il suo compare.

Sarebbe stato lui il mio prossimo aguzzino?

Non riuscii a voltare il capo in tempo per poter osservare il viso di quest'ultimo poiché caddi in un improvviso stato di incoscienza.

 𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝐹𝑟𝑎𝑔𝑚𝑒𝑛𝑡 𝑂𝑓 𝐻𝑒𝑎𝑣𝑒𝑛  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora