Capitolo 7

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Sto scendendo le scale quando sento la voce di Livia chiamarmi dal piano di sotto.

"Sì?" rispondo aggiustandomi il vestito. Ieri sera ero così stanca che non l'ho nemmeno piegato, lanciandolo sulla cassapanca come uno straccio. Ora è pieno di pieghe che cerco di lisciare con le mani.

"Oggi hai la giornata libera. Non hai fatto che lavorare in queste ultime settimane. Ti meriti un po' di riposo." Mi sorride affettuosamente ed ha un'aspetto così materno che vorrei abbracciarla. Vorrei che mi abbracciasse e mi dicesse che andrà tutto bene, che tornerò a casa.

Mi limito a ringraziarla e mi fiondo in piazza.

Devo cercare Orfeo. Sono sempre più convinta che sia lui la chiave per tornare alla realtà, deve esserlo. Nasconde di certo qualcosa, altrimenti perché rubare la corona? Non ha abbastanza soldi? Mi sembra quasi impossibile stando alle parole di Artemone. Per esser riuscito a convincere l'Imperatore a sposare sua figlia dev'essere ricchissimo.

Eppure, qualcosa non torna. E non sono l'unica a pensarlo, a giudicare dagli sguardi che gli vengono rivolti. Ma sono l'unica ad avere un giusto motivo per sospettare di lui.

Intuisco che al popolo non piaccia Orfeo per il suo essere orientale, una vera e propria discriminazione.

Non dovrebbero nemmeno esistere una cosa del genere. Siamo tutti umani, abitiamo tutti lo stesso pianeta. Perché discriminare una persona dal suo paese di provenienza? I confini dei paesi non sono naturali. Sono stati tracciati, decisi e continuamente contesi da altri umani. Perché giocare al loro crudele gioco fomentando il razzismo?

Arrivata al centro della piazza, mi fermo ad ammirare le colline che si stagliano dietro un enorme tempio. Una di quelle colline dev'essere il Vesuvio, non ci sono dubbi. E questa città sarà distrutta. Non so tra quanto tempo avverrà, ma la storia non può essere cambiata. Potrei provare ad avvertire queste persone, fare evacuare la città, ma per portarle dove? Ci saranno migliaia di abitanti con le loro case, i loro affetti, non mi seguiranno mai.

Forse non accadrà. Forse questa Pompei, in qualunque universo parallelo io mi trovi, verrà risparmiata.

Ricordo di aver visto un documentario a scuola in cui Pompei veniva presentata come la più viva tra le città morte, come se il tempo si fosse fermato.

Improvvisamente vengo tirata per il braccio e spostata di peso. Perdo l'equilibrio e cado a pancia in giù poco prima che un carro passi nell'esatto punto in cui mi trovavo.

"Alzati, sei pesante" mormora qualcosa sotto di me. E solo ora mi accorgo che non si tratta dei duri mattoni di pietra, ma del petto di Orfeo.

Mi alzo in fretta cercando di non fargli più male di quanto abbia fatto la mia caduta.
"Scusami" dico aggiustandomi la veste. Allungo una mano per aiutarlo ad alzarsi. L'accetta e si tira sù afferrandola saldamente, senza tirarla, sapendo che se lo avesse fatto sarei di nuovo caduta.

"Grazie per... avermi spostato."

"Dovresti stare più attenta. Questi non guardano dove vanno" dice riferendosi ai carri.

Si sistema la stola rossa che gli avvolge metà petto e gli scende lungo la schiena, fino a raccogliersi nella cintura in vita. "Stai bene?" mi chiede guardandomi dall'alto in basso , in cerca di eventuali ferite.

"Sì, sto bene. Non mi sono fatta nulla. Se non fossi caduta su di te mi sarei sicuramente sbucciata un ginocchio. Grazie ancora, e scusa per averti fatto male."

"Non preoccuparti, non sei così pesante infondo. Cos'è che ha catturato così tanto la tua attenzione?"

"Quelle colline, lì" gliele indico con un dito. "Sono giganti."

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora