Capitolo 8

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"Ti sei divertita ieri?" Mi chiede Livia mentre l'aiuto a sistemare piatti e bicchieri.

Sono all'incirca le sette del mattino e stranamente non ho tanto sonno come al solito. Ieri, dopo esser tornata all'osteria, mi sono offerta di lavorare, nonostante fosse il mio giorno libero, ma Livia non me l'ha permesso e così ho passato il pomeriggio a dormire e pensare guardando il soffitto fino alla sera. Poi ho cenato e sono andata letto molto presto. Questa notte ha piovuto ed ha fatto più freddo del solito ma le coperte mi hanno tenuta al caldo e il rumore della pioggia non è male.

"Abbastanza. Ho mangiato delle focaccine con il miele molto buone" rispondo.

L'osteria è ancora chiusa e lo resterà per qualche altra ora. Non c'è molto da fare. In poco tempo riusciamo a finire gli ultimi preparativi.

"Torna a dormire. Abbiamo già finito. Riposati qualche altra ora."

"Penso che farò un giro in piazza" le rispondo dopo qualche secondo di esitazione nei quali mi accorgo di Orfeo dall'altra parte della strada. Penso che il mio cuore abbia appena saltato un battito. Forse due.

"Già sveglia?" mi chiede quando siamo abbastanza vicini. Si para gli occhi dal sole mattutino con l'avambraccio e fa una strana smorfia. Non strana brutta. Strana carina. Gli si forma una fossetta all'angolo della bocca.

"Tu sembri non aver dormito affatto."

Se ha dormito, ha dormito poco. Davvero poco. Ha delle occhiaie molto marcate sotto gli occhi nocciola, i capelli arruffati e l'andatura da zombie.

"Esattamente, ma non è il momento per dormire. È troppo tardi per farlo" ribatte Orfeo.

"Che hai di così importante da fare anziché dormire?"

"Vivere. E passare del tempo con te. Devo conoscerti bene prima di potermi fidare di te" dice mettendosi al mio fianco e iniziando a camminare.
"Ieri mi hai chiesto di fidarmi di te e l'ho fatto. Contando che ti ho coperto anche per il furto, direi di aver provato abbastanza la mia fedeltà." gli dico arrabbiata. Perché non dovrebbe fidarsi di me?

"Tempo al tempo, Emma. Tempo al tempo" dice socchiudendo gli occhi e lasciando che il sole gli riscaldi il volto. "Ora mi serve qualcosa per svegliarmi. Vieni, ti porto in un posto."

"Prima rispondi ad una domanda: che hai fatto stanotte? Non sembri ubriaco."

"Se proprio vuoi saperlo, mio fratello non ha spesso di piangere per tutta la notte."

"Mi dispiace" gli dico colpevole di aver insinuato che abbia passato la notte a fare cose spregevoli.

Non sapevo avesse un fratello. Non so davvero nulla di lui. È praticamente uno sconosciuto di cui mi sto fidando ciecamente. Potrebbe farmi fuori da un momento all'altro e buttare il mio corpo in mare o in una fosse. Nessuno verrebbe a cercarmi. Non sono nemmeno ancora nata in questo tempo. Non ho letteralmente nessuno e l'unica persona che mi sembra di conoscere è lui. E per qualche strano motivo non ho paura di lui. Devo essere impazzita e questo non è nient'altro che un lucido delirio.

"Emma, non devi dispiacerti né scusarti per cose di cui non hai colpa" mi dice guardandomi torvo.

"É più forte di me. Anche se urto un tavolo gli chiedo scusa. Mi sento come se fossi io la causa per cui tutto va male al mondo" gli confesso, ed è la verità. È un riflesso naturale.

"Andiamo, occhi di gatto. Anche tu hai bisogno di svegliarti un po'."

Passiamo in silenzio i minuti che impieghiamo a raggiungere il famoso posto di cui parla Orfeo. È piacevole passeggiare così, di prima mattina, mentre tutti si risvegliano e si preparano per la giornata.

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora