È passata una settimana da quando l'ho visto per la prima volta. Per la prima volta in quest'epoca, almeno.
Ho cercato i suoi capelli biondi tra quelli dei passanti, e il suo naso dritto tra quelli all'insù e all'ingiù dei commensali, per tutta la settimana. E quando finalmente lo vedo passare di fronte alla locanda non ci penso un secondo di più. Appoggio in fretta la scopa con cui stavo spazzando l'uscio alla parete e lo rincorro.
Gli sembrerò sicuramente una pazza. Non so più com'è il mio aspetto allo specchio. Ho solo visto la mia faccia distorta e sottosopra riflessa in un cucchiaio mentre lo asciugavo. Questi giorni di lavoro alla locanda sono andati meglio di quanto pensassi. Non è stata così dura e mi hanno trattato tutti con affetto, sopratutto Livia. Mi tratta come se fossi sua figlia, dandomi tempo per riposare di tanto in tanto, e assicurandosi che finisca tutto il piatto.
Impiego pochi secondi per raggiungere il ragazzo che ha compiuto il furto di cui tutti hanno parlato per giorni. Ho ascoltato almeno sei versioni diverse della stessa storia. Ognuna di esse lontana dalla realtà. Soprattuto la descrizione del ladro: c'è chi l'ha definito alto sette piedi. Non so cosa significhi esattamente, ma mi sembra un po' esagerato dato che è circa dieci centimetri più alto di me, ed io non sono un gigante.
"Chi sei?" Gli chiedo afferrandogli il braccio per fermarlo.
Il ragazzo si gira verso di me ed io strizzo gli occhi alla luce del sole che li colpisce come una lama.
Indossa una tunica bianca legata in vita che gli lascia scoperto metà petto. È molto muscoloso, informazione che mi era stata nascosta da quell'indumento nero che aveva indossato per la rapina e che aveva nascosto alla perfezione le sue fattezze. Ma non ho dubbi che sia lui.
Il ragazzo sorride guardandomi dalla testa ai piedi e poi la mia mano appoggiata su suo bicipite. La tolgo in fretta con un po' di imbarazzo. Si avvicina fino a raggiungere il mio orecchio con la sua bocca. Profuma di giglio.
"Non lo sai già, strega?" Mormora a bassa voce. Delle persone si girano a guardarci mentre ci passano accanto.
"No, non lo so. Come mi hai chiamato?" Ribatto rimanendo immobile sentendo il suo corpo così vicino al mio.
"Per ciò che sei. Ho già visto quelle come te."
"Di cosa stai parlando?"
Si allontana di qualche centimetro con un sorriso arrogante ammirando la mia confusione. Sono sicura di aver il volto in fiamme per la rabbia. Ora mi dirà che sono Lucifero.
"I tuoi occhi sono di due colori diversi come quelli dei gatti."
Mi porto la mano agli occhi. Approfitta della mia confusione per allontanarsi da me, e alla svelta.
A volte dimentico di aver un occhio marrone ed uno verde perché si nota solo al sole o in un luogo ben illuminato. Al chiuso sembrano entrambi perfettamente uguali e perfettamente marroni.
Torno di corsa nella locanda prima che qualcun altro se ne accorga.
Vado dritta in camera chiudendomi la porta alle spalle. Quando l'oste e l'ostessa se ne accorgeranno mi cacceranno fuori. Ma no, no non possono farlo. Non sono così stupidi da credere ad una superstizione.
Me ne hanno dette tante sui miei occhi, ma non mi hanno mai definito una strega prima d'ora. Anzi, ho sempre ricevuto molti complimenti.
Ma quel ragazzo... no, non sembrava preoccupato o spaventato. Sembrava divertito, sopratutto vedendo la mia reazione.
Non dubito che questi romani non siano superstiziosi, anzi. Devo evitare i luoghi eccessivamente soleggiati, ma non sarà un problema. Passo la maggior parte del tempo nella locanda. Non se ne accorgerà nessuno.
Sarà meglio che torni a lavoro prima che si accorgano della mia assenza.
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Perdersi un giorno d'autunno
Ficción histórica🏆WATTYS 2022 WINNER🏆 NARRATIVA STORICA 🌋 Siete in cerca di un retelling del mito di Orfeo ed Euridice sulle note di "Pompei" dei Bastille, uno slow burn che vi terrà con il fiato sospeso fino alla fine, in cui il lettore è chiamato a decidere sul...