Versione 1 - Capitolo 16

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Ho gli occhi pieni della polvere alzata dai cavalli nella loro corsa verso la vittoria. Sono in prima fila e più volte le loro code mi hanno quasi preso in pieno.

L'imperatore e la figlia sembrano divertiti, felici, così come il resto del popolo che incita i cavalli alla vittoria. Mi chiedo se abbiano scommesso su cui vincerà e, in tal caso, su quale cavallo contano di più.

"Chi pensi che vincerà?" chiedo girandomi verso Orfeo.

Orfeo ci pensa qualche secondo, con gli occhi che seguono un cavallo in particolare: uno di un marrone intenso marchiato dal simbolo di una stella.

"Quello" risponde indicandolo.

"Non è il più veloce." Ci sono altri quattro cavalli davanti a lui.

"Aspetta e vedrai."

"Mi ripeti come si chiama questa... festa?"

"October Equus" risponde senza guardarmi.

"Quando si mangia?" mi lamento con lo stomaco che brontola. È passa l'ora di pranzo già da un po' e questa gara sembra non finire più. Orfeo mi ha praticamente buttato giù dal letto questa mattina e non ho fatto in tempo a fare colazione.

Il ragazzo non risponde e allora decido di smettere di parlargli. Se non è interessato a continuare una conversazione, allora non lo sarò nemmeno io. È un po' la tattica che ho impiegato in questi giorni, anche se non sembra dare risultati oltre, ad un ignorarsi reciprocamente. Sono stufa che venga da me solo quando si tratta del piano.

Passa la maggior parte del giorno fuori il palazzo e anche Delia sembra essersi stancata della mia presenza. Ha manifestato più e più volte la sua volontà di partire, di vedere la sua futura casa, ed ormai Orfeo sta finendo le scuse.

Non vedo l'ora che tutto questo finisca.

"Che ti avevo detto?" mi dice Orfeo catturando la mia attenzione con il gomito.

Ha vinto il cavallo indicato da Orfeo. Degli schiavi si avvicinano a lui con delle corde mentre i sacerdoti, seduti dall'altra parte dell'anfiteatro, si alzano in piedi. Ho un orribile presentimento.

"Che sta succedendo?"

Orfeo non risponde, né mi guarda. Gli schiavi iniziano a legargli le zampe e il busto mentre i sacerdoti raggiungono il centro.

"Orfeo!" Lo scuoto per il braccio. Il suo sguardo non promette nulla di buono, nulla che mi piacerà.

Al sacerdote più anziano si avvicina uno schiavo con una lancia, e non ho più dubbi. Lo vogliono uccidere. Devo fare qualcosa. Senza pensarci un secondo in più, scavalco il muretto davanti a me e inizio a correre verso l'animale sotto gli occhi di tutta Roma.

Sento Orfeo che mi chiama ma ormai è troppo tardi, non ho intenzione di tornare indietro. Ho assistito a fin troppi sacrifici di animali innocenti, e non voglio più rimanere immobile mentre gli tolgono la vita.

Mi paro di fronte l'animale, tra lui, il sacerdote e la lancia con cui vogliono trafiggerlo.

Dovranno uccidere prima me.

"Vattene, ragazzina" mi intima l'anziano mentre due guardie mi si avvicinano.

"Non toccatela" afferma Orfeo con il fiato corto mentre mi raggiunge e mi fa da scudo con il suo corpo. Le guarde tornano ai loro posti mentre dagli spalti inizia a formarsi una boato di disappunto. Queste persone hanno davvero scommesso su quale animale verrà ucciso?

"Porta la via" dice il sacerdote riferito ad Orfeo. Sono certa che sappia chi sia, e di certo non può ucciderlo o trattarlo male.

Orfeo inizia a cercare di parlare con l'uomo mentre io mi abbasso per liberare il cavallo dalle corde. Impresa resa ancora più difficile dal fatto che ha avvertito il pericolo e si sta agitando.

"Che stai facendo? Guardie!" Urla l'anziano facendo passi avanti in preda alla furia, ma Orfeo lo blocca prendendolo per le spalle e questo lo fa arrabbiare ancora di più.

Delle guardie mi raggiungo ma sono riuscita a liberare le zampe del cavallo. L'animale stacca da terra con uno strattone il palo di legno a cui era legato.

Inizia a correre veloce, ancora più veloce che in gara. Delle guardie mi tengono ferma per le braccia mentre mi dimeno e scalcio. Gli calpesto i piedi con tutta la forza che ho e mi lasciano andare.

Il cavallo ha raggiunto gli spalti in cerca di una via di fuga ed ora è tra la folla che forma un varco per farlo passare per non essere schiacciata.

Incontro lo sguardo di Tito da lontano e non sembra affatto contento. È una macchiolina rossa che urla di lanciare la lancia e di uccidere la bestia.

Il servo prende la mira e prima che possa raggiungerlo colpisce in pieno il corpo del cavallo che, con un ultimo suono, si accascia sui gradini, come una bambola di pezza a cui è stata tolta l'imbottitura.

"No!" urlo ed il mio pianto si unisce a quello dei bambini spaventati sugli spalti.

Chi porterebbe mai un bambino ad assistere ad uno spettacolo del genere!

Orfeo mi abbraccia da dietro e mi trascina via di lì, mentre cerco di dimenarmi, di urlare che qualcuno corra in soccorso al cavallo. Ma non c'è nulla da fare. E qualcuno urla che non perde sangue, e tra le lacrime vedo il volto dei sacerdoti diventare sempre più pallido e preoccupato.

Non mi dimeno più e smetto di lasciarmi trasportare come un sacco di patate ed inizio a camminare con le mie gambe verso la carrozza con cui siamo arrivati.

Tra le lacrime che mi appenano la vista riconosco Clodio intento a parlare con un uomo all'ombra dell'anfiteatro.

Salgo ignorando le mani di Orfeo che mi offrono aiuto. Si siede di fronte a me ed ordina di partire.

"Perché mi ci hai portato?" chiedo ad Orfeo mentre il mio corpo è ancora scosso dai singhiozzi.

Non risponde e rimane in silenzio per tutto il tragitto.

Mi segue fino in camera chiudendo la porta alle sue spalle.

Mi lascio cadere sul letto affondando la testa nel cuscino.

"Basta piangere" dice Orfeo con una voce che non sembra quella di un ordine. Ma una voce tenue, come la coperta che mi poggia sulle spalle.

La scosto con violenza mettendomi a sedere.

"Mi hai manipolata. Sapevi che avrei reagito in quel modo." Ho la voce più ferma che mai nel pronunciare queste parole, nonostante il corpo spossato dai singhiozzi.

Orfeo non risponde, ma la sua espressione parla da sé. Non si aspettava di certo questa reazione.

"Non provi nemmeno a negarlo" constato girandomi dall'altra parte.

"Mi serviva un diversivo per permettere a Clodio di parlare con Marco Cornelio" tenta di giustificarsi allontanandosi di qualche passo.

"Mi hai mentito. Menti a tutti. Pensavo di essere un'eccezione, ma mi sbagliavo. Dici di fare tutto in nome del piano, Orfeo. Ma il piano non è un Dio. È una tua invenzione che, sinceramente, a questo punto non vedo come i risultati positivi superino quelli negativi. Ferirmi ne è valsa la pena?"

Orfeo non risponde, nemmeno mi guarda. E in questo momento nemmeno io sopporto la sua vista.

"No" risponde. "Mi dispiace. Non pensavo che-"

Non gli do il tempo di finire la frase. "Non pensavi cosa, Orfeo? Che mi sarei resa ridicola davanti a tutti pur di salvare la vita di quel cavallo? Che poi è anche morto! Non so che abbia questa gente con l'uccidere gli animali, farli correre e poi ucciderli a sangue freddo. Non si tratta di sacrifici, ma di pura crudeltà." Sto tremando e le lacrime tornano a rigarmi il volto.

"Sarebbe morto lo stesso. Almeno abbiamo provato ad impedirlo."

"Non avresti dovuto portarmici. Se mi avessi detto la verità sarei venuta preparata, con un piano per salvarlo. Non così."

Un rumore di zoccoli ci avvisa dall'arrivo dell'altra carrozza.

"Sarà meglio che vada a parlargli" afferma Orfeo uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle. 

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora