Capitolo 17

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Orfeo mi volta le spalle continuando a camminare nel palazzo. Riconosco la strada: è diretto alla sala del trono. Le porte sono aperte, Delia e Tito al centro della stanza.

L'imperatore è fumante di rabbia, la faccia rossastra e gocce di sudore che gli colano lungo le tempie. Mi incute una certa paura vederlo così. È in uno stato in cui è impossibile prevedere la sua prossima mossa, e non mi piace affatto.

"Tu!" Esclama contro Orfeo, avvicinandosi a lui sempre di più. Orfeo accorcia la distanza tra di loro, a spalle alte e apparentemente per nulla intimorito. Delia rimane al suo posto, affianco al padre. Ha paura. Assomiglia ad un cerbiatto, tremante di fronte al cacciatore. "Da quando sei arrivato nelle nostre vite, hai causato solo problemi. Come ho potuto farti sposare mia figlia?" Tito porta una mano alla vita, sfoderando la spada, splendete sotto i raggi del sole. Orfeo non accenna a voler indietreggiare. Nel volto dell'Imperatore qualcosa cambia mentre osserva Orfeo. È come se si rendesse conto di non averlo mai visto davvero, e dalla sua espressione trapela un certo stupore. "Hai i suoi stessi occhi" gli dice, puntandogli contro la spada. La mano ferma nonostante il turbinio di emozioni. Suppongo che Tito si riferisca a Berenice, notando per la prima volta la loro somiglianza.

L'attenzione di tutti viene attirata da un rumore di cavalli provenire dalla finestra. Degli uomini armati si stanno avvicinando svelti al palazzo. La congiura è iniziata.

Ora il volto di Tito è una maschera di rabbia, e nel momento in cui si avvicina ad Orfeo con la punta della spada, Delia si lancia tra i due uomini, facendo da scudo al marito, pagandone la vita.

Ed è come se stessi assistendo alla scena finale di un film in cui tutti scoppiano a piangere mentre io resto immobile. Il corpo di Delia che si accascia a terra, il padre che si rende conto di aver accidentalmente ucciso la figlia, Orfeo che si rende conto di aver fatto un madornale orrore ed altri stanno pagando il prezzo della sua sete di vendetta.

Tito stringe tra le braccia Delia, mormorandole qualcosa, la voce tremante e gli occhi pieni di lacrime. Cerca di svegliarla, accarezzandole la guancia, ma lei non c'è più.
I congiurati sono sempre più vicini, ormai giunti alle porte del palazzo. Orfeo si volta verso di me. Ora ha paura. Ora sul suo viso c'è solo dolore e rammarico, ed una lacrima che cade a terra.

Mi prende per mano ed iniziamo a correre. Correre davvero, come non avevamo mai corso prima d'ora. Attraversando i corridoi alla velocità della luce, scansando chiunque ci intralci la strada senza troppi complimenti. E non c'è tempo per pensare. È il momento di fuggire.

Non mi guardo alle spalle, Orfeo non me lo permette. Ma sento dei passi, passi pensanti sul terreno. Ci stanno decisamente seguendo.

La congiura è fallita.

Il piano di Orfeo è fallito.

Ma nulla ha più importanza.

Ci rifugiamo nel bosco, nascondendoci dietro la corteccia di una quercia, perdendo fiato. Mi tremano le gambe così tanto che mi lascio cadere sul terreno. Il cuore mi batte all'impazzata, e provo questo senso di colpa che diventa un dolore fisico, proprio sotto al cuore, nello stesso punto in cui la spada ha trafitto Delia.

Non riesco a credere che sia morta. Non riesco nemmeno a piangere.

Dovrei piangere. È colpa mia se è morta, colpa mia per aver preso parte a questo maledetto piano. Eppure i miei occhi sono secchi.

Ho questo modo strano di affrontare le perdite, i lutti. Non ho pianto al funerale di mia nonna. Non ho pianto quando mi hanno detto che è morta, quando ho visto i miei genitori struggersi dal dolore. Tutt'ora per me lei è ancora lì, in quella casa grande e vuota, ad aspettare una mia visita, a cucinarmi le sue polpette, con quei capelli marroni e quegli occhi verdi che non ho.

È come se non avessi accettato la sua morte, rifiutando l'evidenza. È come se, semplicemente, non l'andassi più a trovare. Anche se ho visto la sua tomba, mi sono recata più volte al cimitero. Per me quella tomba è vuota e mia nonna è ancora su quella sedia davanti al camino per cercare calore nella sua casa ghiacciata.

Forse il mio cervello sta affrontando la morte di Delia allo stesso modo, come se non fosse mai successo, lasciandomi provare solo i sensi di colpa ma non effettivamente il dolore per la sua scomparsa. E forse è meglio così se significa soffrire di meno.

Anche gli occhi di Orfeo sono asciutti, il respiro accelerato e le spalle curve contro la quercia. E in un certo senso, sono arrabbiata con lui. E sono arrabbiata con me stessa. Ma soprattutto con Orfeo. Se lui non avesse messo in piedi questo piano di vendetta, lei sarebbe ancora viva.

"Hai il diritto di essere arrabbiata con me" mi dice senza guardarmi. "Anche io lo sono. Andiamo prima che ci raggiungono."

Continuiamo a camminare fino a notte fonda, quando è tutto buio e il palazzo è solo una piccola luce in lontananza sopra il colle, quasi come una stella bloccata nella sua caduta ad un altezza a cui i comuni mortali possono arrivare. Ma alloggiare al palazzo non è affatto come toccare le stelle.

Dormiamo nel bosco tra le foglie, lasciando che i nostri brontolii di stomaco riempito il silenzio calato tra di noi. E così, affamati e infreddoliti, concludiamo uno dei giorni più brutti di questo viaggio.

Ma ho come la sensazione che il peggio debba ancora arrivare. 

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora