La mattina dopo non facciamo parola di quel che è successo la notte scorsa. Non che me ne sia pentita, semplicemente non ritengo che ci sia bisogno di discuterne. Eravamo entrambi eccitati, entrambi avevamo bisogno di scaricare la tensione. Nulla di più. Quanto successo non significa nulla e non dovrà accadere di nuovo. È stato semplicemente un momento di debolezza di cui avevo bisogno. Ora è passato, e non permetterò che accada di nuovo.
"Come ti sei procurata quel livido?" mi chiede Orfeo indicando con il dito un punto indistinto sul mio braccio destro.
Avvicina il suo cavallo al mio mentre abbasso lo sguardo per ispezionare il livido violastro. "Non lo so" mormoro. Non mi viene in mente alcun momento in cui io abbia urtato il braccio contro qualcosa.
"Fammi vedere" dice Orfeo prendendomi il braccio e premendo l'indice sul livido e, anche se non applica tanta pressione, è abbastanza per strapparmi un gemito.
"L'ho già sentito prima" mormora a voce bassa con un sorriso malizioso stampato sul viso.
Ritro il braccio e mi volto. Non voglio che mi veda arrossire. Sono sicura di essere diventata una lampada di fuoco. Incito il mio cavallo a proseguire mentre lui è ancora fermo tre metri dietro di me.
"Andiamo?" chiedo con voce neutra cercando di non far trasparire alcuna emozione.
Mi raggiunge in pochi secondi e quel sorriso di prima è sparito.Mi schiarisco la voce prima di chiedergli quanto manca per arrivare a Roma.
"Un'altro giorno di viaggio" risponde guardando dritto davanti a sé. "Arriveremo giusto in tempo per il mio matrimonio."
Questo piccolo dettaglio - lui che si sta per sposare - mi era completamente passato di mente la notte scorsa. Cavolo, si sta per sposare. Mi sono quasi dimenticata dell'esistenza di Delia.
"Come ti senti?" gli chiedo.
"Che intendi?" ribatte girandosi verso di me.
"Il matrimonio. Non sei... preoccupato?"
"È solo una formalità" risponde brevemente. "Sono preoccupato per il piano" aggiunge. "Non possiamo permetterci errori, soprattuto ora che il piano principale è andato in frantumi nel momento in cui abbiamo perso la nave. Dovremmo ricorrere a quello secondario."
Non pensavo avesse più di un piano. Cavolo, sarà un impresa sabotarlo."Quale sarà la mia parte in questo piano?"
"Per prima cosa, dovrai rubare un amuleto. Si tratta della bulla, sono certo che ne avrai sentito parlare. Viene fatto indossare ai maschi per tutta l'adolescenza, portato al collo come un medaglione, fino ai sedici anni, quando diventano cittadini romani. Ha il compito di proteggere il ragazzo da forze e spiriti maligni. Tito conserva la sua bulla gelosamente, dandole un'occhiata ogni mattina appena sveglio per proteggersi dal malocchio. Mia madre dice che ne è ossessionato, ed andrebbe su tutte le furie se la perdesse. Uscirebbe pazzo."
Pronuncia l'ultima parola quasi assaporandola. Assaporando la sensazione di esser riuscito a renderlo pazzo.
"Come farò a rubarlo?" gli chiedo cauta allontanandolo dalle sue fantasie.
"Non sarà difficile una volta che saranno tutti distratti dai festeggiamenti del matrimonio. Ti basterà trovare la sua camera e portarlo via. Si trova in un cofanetto di vetro, non puoi non notarlo. Farò in modo che non ci siano guardie nei paraggi quel giorno."
"Non sembra complicato" commento distrattamente facendo il quadro della situazione nella mia mente."Ora muoviamoci. Siamo ancora lontani da Roma." Orfeo spinge il cavallo ad aumentare velocità ed io faccio lo stesso.
Roma, stiamo arrivando.
L'ultima volta che ci siamo imbattuti in una taverna non era ancora tramontato il sole e non potevamo permetterci di fermarci. Penso che sia mezzanotte quando incontriamo un piccolo lago circondato da alti alberi e cespugli che ci possono far da riparo durante la notte.
Lasciamo che i cavalli si riposino e bevano dell'acqua prima di legarli ad un albero per esser sicuri che non scappino.
"Non c'è bisogno che resti di guardia." Orfeo se ne sta seduto con le gambe tirate al petto , pensieroso. Jo mi metto comoda per dormire tra l'erba umida e le foglie. Comoda è un parolone, ma è il meglio a cui posso ambire in questo momento. Fortunatamente non sono mai stata un tipo schizzinoso.
"Non saprei" mormora Orfeo. Poggia la testa sul tronco dell'albero e alza gli occhi verso le stelle, l'unica luce assieme a quella della luna che ci permettono di vedere in mezzo a tutta questa oscurità.
"Dormi" gli dico. I suoi occhi si confondono con il profondo nero riflesso dall'acqua del lago, interrotto da piccole chiare scintille. Sono come fuochi d'artificio scoppiano quando un pensiero gli attraversa la mente. Non ho mai amato i fuochi d'artificio per il loro rumore che spaventa da morire (letteralmente) i cani, per il loro essere pericolosi per l'uomo e nocivi per l'ambiente. Ma devo ammettere che sono arte, dipinti nel cielo notturno in tutto il suo splendore.
Non li giustifico, né li accetto, ma so riconoscere la loro bellezza.
"Ci proverò" risponde. Espelle dell'aria dalla bocca come se stesse cacciando del fumo di sigaretta.
"Orfeo?"
"Sì?" Si volta a guardarmi con i capelli che gli coprono gli il viso. Non accenna a scostarli, non gli danno fastidio.
"Chi sognavi di essere quando eri bambino?"
"Volevo essere un poeta" risponde dopo qualche attimo di esitazione, come se gli fossero tornati a galla dei ricordi. "Imparai a suonare la lira. Ero così bravo. Ero in grado di suonarla per ore ed ore senza mai stancarmi, e chiunque mi sentisse ne rimaneva incantato." Ha i fuochi d'artificio negli occhi ed una lacrima gli solca la guancia. "Quando mia madre mi ha portato via dalla corte del re di Cilicia, la mia lira è rimasta lì. Non mi è sembrato opportuno prenderne un'altra. Lei era speciale. Sarebbe stato come... tradirla."
Inizia ad intonare una melodia, e lascio che essa mi culli mentre mi abbandono al sonno.
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Perdersi un giorno d'autunno
Tarihi Kurgu🏆WATTYS 2022 WINNER🏆 NARRATIVA STORICA 🌋 Siete in cerca di un retelling del mito di Orfeo ed Euridice sulle note di "Pompei" dei Bastille, uno slow burn che vi terrà con il fiato sospeso fino alla fine, in cui il lettore è chiamato a decidere sul...